Qual è l'impatto ambientale dell'agricoltura? Una domanda che ricorre con frequenza, sollecitata dalle denunce di alcune associazioni ambientaliste che puntano il dito su modelli di agricoltura e allevamento definiti erroneamente intensivi.
Sarebbero loro, questa l'accusa ricorrente, ad avere le maggiori responsabilità nella produzione di gas climalteranti e polveri sottili.
Tesi sconfessate da tempo da parte di Ispra, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, che ha certificato il modesto contributo dell'agricoltura alle emissioni in atmosfera, oggi confermato da ulteriori verifiche.
Energia, causa principale
Entrando nel dettaglio, si scopre che oltre l'80% delle emissioni totali di gas serra proviene dal settore energia nel suo complesso.
In questo ambito la produzione di energia contribuisce per il 23% e i trasporti per il 26% del totale nazionale.
L'impatto di questi ultimi è peraltro in aumento, contrariamente a quanto avviene in altri settori, agricoltura compresa, che sono in flessione.
Un contributo importante alle emissioni totali, si legge poi nel documento di Ispra, è rappresentato dalle categorie del residenziale (18%) e dell'industria manifatturiera (13%).
Agricoltura sostenibile
E l'agricoltura? Nel suo insieme è responsabile del 7,4% delle emissioni di gas climalteranti. Dunque una quota fra le più basse, ma nonostante ciò il settore si è fortemente impegnato in questi anni per migliorare il suo rapporto con l'ambiente.
Dal 1990 ad oggi le emissioni del settore agricolo sono diminuite quasi del 19%.
Un risultato che a ben guardare è stato conseguito parallelamente all'evolvere dell'agricoltura verso modelli di maggiore efficienza, quei modelli intensivi che si vorrebbero mettere all'indice.
Rappresentazione grafica delle emissioni di gas climalteranti in Italia nel 2022 per categorie settoriali (proporzione stimata in base al contributo in CO2 equivalente)
(Fonte: Ispra)
Gli allevamenti protetti
A proposito di modelli intensivi, un'attenzione particolare è riservata agli allevamenti, in particolare di bovini.
Sgombrando il campo anzitutto da un ricorrente equivoco. La definizione di intensivo mal si addice a descrivere il modello produttivo italiano, composto per lo più da aziende di modeste dimensioni.
Meglio definirli allevamenti protetti e professionali.
Merito loro se l'emissione di metano di origine metabolica è andata progressivamente riducendosi in modo importante.
Oggi, stando ai dati di Ispra, queste emissioni rappresentano il 47,1% dell'intero comparto agricolo (dunque poco più del 3% sul totale) e vantano una riduzione del 15,2%.
Il metano
Parlando ancora del metano, non va dimenticato che anche i rifiuti contribuiscono a produrne (oltre il 40%) e in misura più modesta (circa il 14%) ne giunge dal settore dell'energia.
Con una significativa differenza però rispetto a quello che proviene dagli allevamenti. Nel caso di questi ultimi l'impronta carbonio che ne deriva segue un ciclo biogenico.
In altre parole non si ha una "aggiunta" in atmosfera, contrariamente a quanto accade rispetto alla CO2 che proviene dall'impiego di fonti fossili.
Come ben spiegato da AgroNotizie®, il settore agricolo assorbe e fissa più CO2 di quanta ne emette.
Il protossido d'azoto
Il quadro non sarebbe completo senza prendere in considerazione un altro gas climalterante, il protossido di azoto, che pur contribuendo per solo il 3,9% del totale dei gas serra, ha la "colpa" di provenire per oltre il 60% dal settore agricolo (dunque appena poco più del 2% sul totale).
Ma mentre il settore agricolo ha ridotto del 24,3% questo tipo di emissioni, il settore energetico, che pure è responsabile di oltre un quarto delle emissioni di protossido di azoto, ha mantenuto quasi immutata la sua quota.
Anche in questo caso i buoni risultati ottenuti nel settore agricolo coincidono con una maggiore professionalità degli allevamenti e una gestione efficiente dei fertilizzanti organici.
Agricoltura fa rima con ambiente
In conclusione le analisi di Ispra confermano una volta di più l'impegno del settore agricolo verso una maggiore sostenibilità, a dispetto della suo modesto impatto ambientale.
Al contempo sconfessano la tesi di quanti additano all'agricoltura professionale e agli allevamenti protetti le maggiori responsabilità in tema di polluzione e cambiamenti climatici.
Non a caso una recente Legge ha riconosciuto il ruolo dell'agricoltore e degli allevamenti nella tutela dell'ambiente.
E non sfugge la constatazione che l'abbandono delle attività agricole nelle aree più difficili coincide con l'incuria e il degrado di terreni, pascoli e boschi.