"Oro verde": così viene chiamato quello coltivato a Bronte (Ct). È il pistacchio (Pistacia vera), un'arborea annoverata fra la frutta secca e coltivata in diversi paesi.
In Italia viene prevalentemente coltivato in Sicilia con un totale di circa 4mila ettari, ed è considerato una coltura minore, anche se la tendenza sta a mano a mano cambiando.
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Invece in altri paesi europei come la Spagna questa Anacardiacea ha registrato un aumento di superficie coltivata pari al 145%, e con scenari di produzione e consumi futuri in crescita. Rivelandosi perciò una pianta molto remunerativa per gli agricoltori.
Pistacia vera ha quindi tutte le potenzialità per essere considerata una coltura ad alto reddito e in grado di diversificare la produzione dell'impresa agricola. Ma affinché questo avvenga bisogna fare le giuste scelte colturali, pedoclimatiche e varietali ma sempre affiancandosi ad un agronomo specializzato.
Caratteristiche pedoclimatiche ideali
Il pistacchio predilige zone temperate caratterizzate soprattutto da estati calde e secche, ed inverni che possano soddisfare il suo fabbisogno in freddo (necessita di 900-1000 ore), in modo da garantire nell'annata successiva una corretta entrata in produzione. È consigliato evitare la coltivazione in ambienti caldi e umidi perché potrebbero aumentare l'incidenza di malattie fungine dannose come la Septoria, in particolare nei mesi estivi.
Cresce bene in zone ventose perché l'umidità è generalmente bassa e il vento inoltre favorisce l'impollinazione. Bisogna però fare attenzione a correnti d'aria molto calde che possono causare disidratazione e conseguenti disseccamenti degli organi più giovani, come ad esempio i germogli.
È un albero rustico che si adatta a diversi suoli. In genere viene coltivato su terreni calcarei con un pH compreso fra 7,5 e 8, franco-sabbioso o franco e con una bassa percentuale di sostanza organica. Fa fatica a fruttificare su terreni pesanti con argilla superiore al 35%, perché poco permeabili, e in quelli eccessivamente sabbiosi perché acqua e nutrienti vengono trattenuti di meno.
In questi casi la giusta scelta del portainnesto può fare la differenza per rendere la pianta più tollerante, ma di questo argomento ne parleremo più avanti.
Inoltre, è resistente allo stress idrico e può crescere in zone con aridità spinta; infatti, in alcuni areali viene condotto completamente in asciutta e questo è un vantaggio se si ha poca disponibilità di acqua durante l'anno. È bene sottolineare però che se si vuole condurre un pistacchieto competitivo e remunerativo questo avrà necessariamente bisogno di un piano irriguo adeguato e di un sistema di irrigazione efficiente.
Varietà
Le principali cultivar disponibili sono Bianca, Red Aleppo, Joley, Aegina, Larnaka, Kerman, Ohadi e Kalehgochi ma il panorama varietale è molto più esteso. Bisogna considerare che ogni cultivar ha le proprie caratteristiche che la rendono idonea a un'area piuttosto che a un'altra.
Per la scelta il frutticoltore deve porre particolare attenzione a due aspetti: l'alternanza di produzione e la percentuale di frutti (o drupe) deiscenti e indeiscenti.
L'alternanza di produzione si manifesta in maniera diversa da cultivar a cultivar e influenza la resa. Per esempio, la cultivar Aegina ha un'alternanza di produzione meno marcata rispetto alla cultivar Kerman.
Questo è un meccanismo fisiologico che serve per distribuire al meglio le sostanze nutritive disponibili fra i diversi organi, ed è influenzata sia dalla genetica che dalle condizioni ambientali. Si può però contenere applicando una corretta potatura di produzione.
La pianta di pistacchio è caratterizzata dall'alternanza di produzione
(Fonte: ©Klara Bakalarova - Adobe Stock)
Anche la percentuale di deiscenza e indeiscenza si manifesta in modo diverso in base alle cultivar, influenzando la qualità del raccolto e la destinazione d'uso finale. Questo perché la deiscenza determina quanti frutti si aprono a maturazione, mentre la deiscenza determina quanti frutti non si aprono a maturazione.
Per esempio, Kerman produce una percentuale più alta di frutti deiscenti e viene prevalentemente usata per produrre snack rispetto a Bianca che produce più frutti indeiscenti e viene maggiormente usata in pasticceria.
Portainnesti
Ogni portainnesto (o ipobionte) ha le proprie peculiarità e il frutticoltore può scegliere fra Pistacia terebinthus (o Terebinto), Pistacia atlantica, Pistacia integerrima e UCB1. Vediamo di seguito le loro caratteristiche principali.
P. terebinthus è fra i portainnesti più famosi perché ha un'alta affinità di innesto con molte varietà, è rustico e adattabile sia in zone molto calde che molto fredde. Di contro però è poco vigoroso e con una vita produttiva corta essendo un genotipo molto eterogeneo.
P. atlantica come il Terebinto ha un'alta affinità di innesto con molte varietà. Ha una buona tolleranza alla siccità, è resistente al freddo e fornisce buoni risultati produttivi su terreni argillosi.
P. integerrima è un portainnesto vigoroso ma suscettibile ai ritorni di freddo primaverili. Cresce bene in suoli franco-sabbiosi e ha una buona resistenza a pH calcarei, mal sopporta pH acidi e ha una scarsa tolleranza alla salinità. È particolarmente indicato per tutti quei suoli con la presenza del fungo patogeno Verticillium.
UCB1 è un ibrido ottenuto dall'incrocio tra Pistacia atlantica x Pistacia integerrima. È un portainnesto caratterizzato da un'alta vigoria, resistente al freddo e tollerante a malattie quali Armillaria e Verticillium. Richiede terreni profondi e ben irrigati.
Cure colturali
Come la zona di coltivazione e la scelta nesto/portainnesto anche le cure colturali devono essere razionali per ottenere un impianto sano e produttivo nel lungo periodo.
Prima di partire con la creazione dell'impianto sarebbe opportuno svolgere delle analisi del terreno per scongiurare la presenza del fungo patogeno Verticillum dahliae, in particolare se negli anni precedenti sono state coltivate piante orticole sullo stesso appezzamento. In caso di presenza del patogeno allora bisognerà optare per portainnesti tolleranti come l'UCB1.
Questa arborea in genere richiede una lavorazione del terreno superficiale per evitare la formazione della crosta che potrebbe creare problemi di asfissia radicale.
Il periodo di piantumazione può essere svolto da ottobre fino a maggio-giugno se la pianta ha le radici protette dal panetto di terra, oppure può essere svolto a novembre o a marzo se la pianta è a radice nuda.
Il sesto d'impianto viene stabilito in base alla vigoria della pianta, alla profondità del terreno e alla disponibilità di acqua. In genere le cultivar vigorose prediligono sesti d'impianto larghi che dovrebbero aumentare se le piante sono coltivate su un suolo marginale e scarsamente irrigato.
Poi per assicurare la formazione dei frutti l'impianto deve essere provvisto sia di piante femminili sia di impollinatori. Sarebbe opportuno inserire cultivar impollinatrici precoci e tardive per garantire un'alta disponibilità di polline nel periodo della fioritura.
Questo perché il pistacchio è una pianta dioica, cioè i fiori maschili e femminili si trovano su individui separati che devono incrociarsi per la produzione delle drupe.
Infine, per l'irrigazione si consigliano in genere dai 1.000 ai 1.500 metri cubi di acqua per ettaro da distribuire con un sistema ad ala gocciolante per diminuire gli sprechi idrici e la diffusione di malattie. Mentre per una concimazione ottimale si consigliano in media 100-120 unità di azoto, 40 unità di fosforo e 80 unità di potassio.
Un impianto di pistacchio deve avere piante femminili e maschili
(Fonte: ©Kristina Blokhin - Adobe Stock)