Mi dicono che critico troppo spesso la Gdo, la Grande Distribuzione Organizzata. Mi piace invece ricordare che nella Gdo ho un sacco di vecchi e nuovi amici: gente che, nonostante tutto, sa lavorare bene. E che molto spesso riesce a valorizzare al meglio la fatica dei produttori agricoli.

 

Fra i nuovi amici posso per esempio annoverare Giuseppe Semeraro del gruppo Megamark di Trani (500 punti vendita ben gestiti nel Sud Italia; 2 miliardi di euro di fatturato) che proprio l'altro giorno mi ha raccontato del marchio di qualità etico "Iamme". Il marchio, lanciato nel 2019, certifica la filiera agroalimentare per contrastare concretamente la piaga del caporalato.

Il gruppo Megamark si è impegnato ad acquistare prodotti agricoli contrassegnati dal bollino "NO CAP". Il bollino e il marchio di qualità etico sono rilasciati alle imprese agricole e agroalimentari dopo le verifiche effettuate dall'Associazione NO CAP unitamente all'Ente di Certificazione DQA.

 

Nella prima fase il progetto interessa le conserve di pomodoro biologico oltre che frutta e ortaggi freschi. Il progetto vuole garantire ai produttori agricoli un prezzo giusto e ai lavoratori la giusta retribuzione: noi pensiamo che così si possono combattere le irregolarità, tutto il resto è ipocrisia. È bello vedere una catena di supermercati puntare sul consumo consapevole - e ancor più interessante è studiarne la strategia commerciale, magari non solo basata su megaforniture industriali al prezzo più basso. Si punta invece su piccoli fornitori locali valorizzando i territori: ci dicono che fra i fornitori si possono contare un centinaio di pastifici e 25 caseifici.

 

Questa ci pare la formula giusta per il futuro, una Gdo consapevole e vicino ai territori, che valorizza (anche) le filiere locali. Si può fare.