Seconda puntata della serie di interviste ad Alberto Guidorzi, agronomo dall'esperienza pluridecennale e punto di riferimento culturale per quanto concerne la storia del settore agrario in generale e sementiero in particolare.
Dopo la prima intervista, una disamina storica delle più significative intossicazioni apparse a più riprese nelle cronache remote e recenti, oggi l'attenzione viene posta ai composti antinutrizionali, detti anche antinutrienti.
Trattasi di sostanze naturali o di sintesi che interferiscono con l'assorbimento dei nutrienti. A seguire, una rapida rassegna di queste sostanze.
Inibitori del metabolismo calcico
In letteratura si trova notizia di un dibattito avvenuto presso l'Accademia delle Scienze di Parigi nel 1927 a proposito del rabarbaro (Rheum officinale). Di questa pianta sono usate solo i piccioli delle foglie, ma si è registrato anche un caso in cui il magiare piccioli e foglie come se fossero spinaci ha provocato un decesso.
L'inchiesta che seguì a tale infausta evenienza mostrò come la causa fosse da ricercare nell'acido ossalico, sostanza presente in molte altre specie quali le chenopodiacee e Rumex acetosella. A piccole dosi questa sostanza conferisce il gradevole sapore d'agro all'acetosella, ma quando viene assunta a dosi elevate si comporta da "catturatore" dell'elemento calcio con il quale crea sali molto stabili.
Questi sali sono poi evacuati con le feci e possono provocare decalcificazioni gravi. Si ricorda che il calcio è un elemento indispensabile per la regolazione della contrazione muscolare, inclusa quella del muscolo cardiaco, intervenendo anche con i processi di coagulazione del sangue e in quelli che regolano la permeabilità della membrana cellulare.
Il rabarbaro coltivato, non per caso, è quindi del tipo "dolce", cioè creato dall'uomo per selezione. Analogamente, è stato selezionato anche un frutto esotico come la "carambole" (Averrhoa carambola), dalla sezione a stella e tipicamente utilizzato candito o per guarnire dolci. Di tale pianta ne esistono infatti due tipi: uno dolce ed uno molto più agro per un contenuto in acido ossalico eccessivo. Ovviamente, per gli usi alimentari viene impiegato quello dolce.
Le carenze di calcio e le loro conseguenze sono note anche in zootecnia. Per esempio, si sa che l'alimentazione esclusiva con mangimi concentrati provoca carenze calciche negli animali. Infatti l'acido fitico (inositolesafosfato), contenuto nei semi e che serve per trattenere i sali minerali, forma durante la digestione degli dei sali stabili di calcio e fosforo che nello stomaco degli animali monogastrici non sono idrolizzati e quindi vengono espulsi, generando due conseguenze abbastanza gravi: la prima è la carenza di questi elementi negli animali, mentre la seconda è l'eutrofizzazione per opera del fosforo provocata nelle acque dove finiscono questi liquami.
Il miglioramento genetico non riesce purtroppo a diminuire l'acido fitico perché è fisiologico per le piante ed è notizia recente che i cinesi, grandi allevatori di monogastrici, hanno risolto il problema per via transgenica.
Inibitori non specifici delle proteasi
Il sorgo da granella è una materia prima che entra nella composizione dei mangimi in concorrenza o integrazione con il granoturco, ma ha il difetto che i semi delle pannocchie situate nella parte distale della pianta sono molto appetite dagli uccelli e in certi ambienti i danni possono essere anche gravi.
Un selezionatore del passato vide che certi piante non erano visitate dagli uccelli e quindi pensò di selezionarli per farne una linea "resistente agli uccelli", ma quando sperimentò l'utilizzazione di questi semi si accorse che erano pressoché velenosi per l'alto contenuto in tannini.
I tannini appartengono alla famiglia dei polifenoli e hanno la caratteristica di fissarsi alle proteine e denaturarle. Inoltre limitano l'attività degli enzimi digestivi come le proteasi. I tannini idrosolubili non sono di per sé inibitori, ma conferiscono comunque sapori astringenti. Anche il sorgo foraggero allo stato giovanile ha contenuti in esteri cianidrici di cui vedremo in seguito l'azione venefica e che, però, scompaiono con l'avanzare dell'età della pianta.
Amminoacidi tossici
Se gli amminoacidi sono i componenti del nostro corpo come fanno ad essere tossici? Tutti noi conosciamo infatti l'importanza degli amminoacidi solforati come metionina, cisteina e cisteina. Quando però al posto dello zolfo nella loro struttura molecolare s'inserisce il selenio (si proprio quello tanto decantato per combattere i radicali liberi che farebbero invecchiare) e questo supera certe dosi esso può divenire tossico.
Chiariamo che in Italia nel terreno vi è abbastanza selenio per non creare carenze e che per assumerne una dose tossica dalle patate bisogna mangiarne a dismisura. Però in certe zone come nelle zone selenifere della Colombia il mais raccolto contiene molti amminoacidi selenici che provocano vomito, diarrea, perdita dei capelli e casi simili si verificano in altre zone del mondo caratterizzate da eccessiva presenza di selenio.
Proseguendo, la fenilalanina è un amminoacido indispensabile per i soggetti sani è invece un veleno per gli affetti da fenilchetonuria. Infatti laddove si dolcifica con aspartame occorre menzionare la presenza della fenilalanina poiché il metabolismo della molecola dolcificante produce appunto l'amminoacido, naturalmente presente per esempio nel grano, nell'avena e nelle fave, fatto che portò in passato a sospettare che questo aminoacido fosse l'agente del favismo.
Tuttavia l'amminoacido più pericoloso è un amminoacido conosciuto con l'acronimo di "Odap" (acido diammino propionico) e che è la causa del latirismo, una patologia che si manifesta con turbe nervose irreversibili perché interferisce sul metabolismo dell'acido glutammico.
Esso è contenuto nel Latyirus sativus una leguminosa meglio conosciuta come "cicerchia", un legume ridivenuto di moda per la ricerca odierna di cibi antichi supposti più "naturali" e il cui uso favorirebbe la conservazione della biodiversità. Peccato interferisca con il metabolismo dell'acido glutammico con tutto ciò che ne consegue.
Un frutto molto attraente è poi la Blighia sapida o "akee", la pianta è tale sia per i suoi fiori che per i suoi frutti molto colorati. Il nome deriva da Bligh, un comandante di navi negriere che pensò bene di portare in Giamaica questo frutto di origine africana al fine di far trovare agli schiavi qualcosa che ricordava loro il continente di provenienza. Solo che col tempo la memoria storica si perse e i frutti non furono più mangiati con le precauzioni delle tradizioni africane, ma anzi furono confusi con altri frutti perfettamente commestibili.
Infatti in Africa si coglievano solo i frutti ben maturi e non si mangiavano subito, ma previa cottura che eliminava la tossicità dovuta ad un derivato della beta-alanina che provoca ipoglicemie molto gravi.
Le antivitamine
Forse pochi sanno che delle 13 vitamine ben otto possono essere più o meno contrastate da antivitamine provenienti dagli alimenti e fra queste vi sono le quattro vitamine liposolubili. I caroteni, dei quali alcuni sono provitamine A, sono distrutti dalla lipoxigenasi presente nella soia. I semi di soia crudi provocano infatti rachitismi presso i volatili e occorre somministrare loro supplementi di vitamina D.
Un enzima che idrolizza la vitamina E, è presente nei semi crudi di fagiolo. Le vitamine del gruppo B sono anch'esse soggette ad antivitamine alimentari: la B1 ha un'antivitamina contenuta nelle felci e vi sono studi che dimostrano come il latte di bovini al pascolo che si sono alimentati di felci possa essere vettore di sostanze generatrici di cancro gastrico.
Infine, la vitamina B6 ha un'antivitamina nei semi di lino e i semi di soia crudi contengono un'antivitamina per la vitamina B12.