I giovani agricoltori italiani vedono 'nero' nel loro futuro. Per l'80 per cento l'attuale situazione di crisi che sta investendo il settore primario rischia di protrarsi ulteriormente e difficilmente si riuscirà a superare in breve tempo. Il 96 per cento ritiene totalmente insufficienti per l'agricoltura i provvedimenti varati nell'ultimo anno, mentre il 35 per cento si dichiara scoraggiato. E' quanto risulta dalle anticipazioni di un'indagine condotta sull'intero territorio nazionale dalla Cia, Confederazione italiana agricoltori e dall'Agia, Associazione giovani imprenditori agricoli sull'indice di fiducia dei giovani imprenditori agricoli di fronte alla difficile congiuntura che sta penalizzando il comparto dell'Italia.

I primi risultati dell'indagine sono stati resi noti durante la conferenza europea 'Agriyou' che si è svolta a Roma e confermano la complessità delle aziende agricole italiane.

Il 76% dei giovani intervistati ha dichiarato che quest'anno ha coperto solo i costi d'impresa, ma non ha potuto operare nessun tipo di investimento. Il 91% ritiene che la terra costi troppo. L'86% ha avuto enormi difficoltà per gli adempimenti burocratici, mentre il 26 per cento è stato costretto a modificare la propria attività produttiva: una percentuale che ha riguardato soprattutto i produttori di grano duro, che hanno preferito altri tipi di colture perché più remunerative.

Il 97% dei produttori vorrebbe misure più incisive da parte del Governo. Tra le principali richieste, il finanziamento per un Fondo di solidarietà nazionale per le calamità naturali, la fiscalizzazione degli oneri sociali, le riduzioni fiscali sul gasolio e sui i mezzi di produzione e gli incentivi per i giovani.

Il futuro incerto dell'agricoltura italiana viene determinato, per l'85% degli intervistati, dall'attuale Pac che continua a mostrare troppi squilibri.

Vi è, però, anche un 18% del campione che è riuscito a 'dribblare' la crisi: sono quei giovani che vedono il futuro 'più luminoso' partendo dal successo della propria proposta.

Da chi produce parmigiano millesimato a chi commercializza una linea cosmetica di derivati del miele, a chi ha costruito l'agriturismo utilizzando solo materiali naturali come argilla e paglia, a chi insegna a scolaresche intere come 'fare' agricoltura sostenibile. Nel vino centinaia di 'under 40' realizzano redditi interessanti: tra loro c'è chi vende solo alla Cina. Non si lamentano le imprese che applicano il ciclo 'C'orto', vendendo in azienda le loro produzioni principalmente ai Gas, Gruppi d'acquisto solidale. Inoltre vi è chi ha puntato su produzioni innovative 'di lusso', come i produttori di tartufo che lo mettono in commercio e promuovono eventi formativi e didattici. Il bilancio aziendale cresce anche per chi ha puntato sull'alta qualità delle carni, dei formaggi e degli ortaggi, attingendo dalla tradizione e rilanciando le aziende di famiglia. Bene la multifunzionalità, anche 'estremizzata': c'è infatti chi trasforma di notte la propria azienda agricola in un 'Agri-dancing', uno spazio all'aperto dedicato al ballo. Tutte attività ad alto valore aggiunto in grado di far lievitare i fatturati delle aziende 'junior'.

 

Le speranze sono in mano ai giovani

I giovani agricoltori europei rappresentano solo il 6% del totale, ma sono in grado di muovere oltre 10 miliardi di euro l'anno in termini di valore aggiunto: il potenziale economico degli agricoltori 'under 35' è il 40% in più dei colleghi 'maturi'.

Gli imprenditori sotto i 35 anni producono più reddito e, se messi nelle condizioni di operare, secondo recenti indagini del Ceja, Consiglio europeo dei giovani agricoltori, investono il 37% in più dei 'senior' per l'espansione dell'attività o per il miglioramento della qualità dei prodotti.

In Italia le aziende agricole giovani sono tra le più innovative, ma sono ancora al di sotto della media europea e lontano dalle punte di Francia e Germania, dove gli 'under 35' in campagna sono rispettivamente il 7,9% e il 7,7% del totale. Nel Belpaese le imprese agricole con conduttori di età inferiore a 35 anni sfiorano il 3% (50.100), se si allarga il range agli 'under 40' - spiega l'Agia-Cia - si arriva a 134.400 aziende, circa l'8 per cento del totale. Di contro, i conduttori 'over 65' sono il 44,5 per cento (747.000): una percentuale che porta l'Italia a primeggiare per anzianità a livello comunitario.

 

I giovani in agricoltura: un apporto fondamentale

Le imprese 'junior' creano mediamente il 35% di valore aggiunto in più dei colleghi maturi, grazie a maggior dinamismo, creatività, attitudine al rischio, propensione all'export e una maggiore sensibilità per le tematiche sociali e ambientali. I giovani creano, infatti, fattorie didattiche: in Italia le conducono il 4,7% degli 'under 40' contro l'1,2% degli 'over 40'. E scelgono sempre un approccio eco-sostenibile nelle attività: i servizi per l'ambiente e la produzione di energia alternativa sono una prerogativa aziendale per il 7,2% degli 'under 40' contro il 4% degli 'over 40'.

 

Le prospettive europee

Quanto alle prospettive europee, qualcosa si muove a sostegno degli agricoltori 'junior'. Nella riforma della Pac post 2013 "è positivo che sia stata accolta la proposta lanciata dagli imprenditori dell'Agia, poi fatta propria dal Ceja, di assegnare ai giovani un pagamento diretto aggiuntivo fino al 2 per cento del budget nazionale - ha affermato Politi -, andrebbe però aumentato il plafond a disposizione dei giovani. Risultano poi poco comprensibili i limiti della superficie, soprattutto per gli Stati come l'Italia che hanno una piccola maglia poderale. Il limite previsto, di non superare i 25 ettari, rischia di diventare una barriera competitiva per i giovani italiani".