L'idea di un polverizzatore per il latte non è nuova. Anzi. Periodicamente, in particolare nei momenti di crisi, si fa largo l'idea fra i produttori di realizzarne uno per "dirottare" eventuali sovrapproduzioni nelle stalle e alleggerire eventuali produzioni di formaggi Dop, che, perlomeno in Italia, sono a più alto valore aggiunto e servono per trascinare verso l'alto i prezzi.

Nei giorni scorsi, e non in un periodo di crisi per il latte (l'ultima rilevazione del prezzo del latte crudo spot sulla piazza di Verona dice 34 euro/100 chilogrammo, il 44,68% in più rispetto a un anno fa), Coldiretti Piemonte, Coldiretti Lombardia e Inalpi si sono ritrovati nel Cuneese per verificare la possibilità di realizzare un impianto di polverizzazione del latte.
Una nuova filiera made in Italy, come ha precisato Delia Revelli presidente della Coldiretti Piemonte, "per sostenere il consumo di latte in polvere italiano, sensibilizzando tutti gli attori della filiera stessa. Un esempio virtuoso per la valorizzazione del nostro latte viene già dall'accordo che, nel 2010, abbiamo sottoscritto con Inalpi e l'azienda dolciaria Ferrero la quale assorbe, infatti, il latte in polvere prodotto a Moretta 100% made in Piemonte. Tale nuovo progetto vuole dare risposta ai consumatori che, sempre di più, chiedono prodotti di cui sia possibile tracciare la provenienza, a garanzia di una sana e corretta alimentazione".

"L'idea - spiega Ettore Prandini, presidente della Coldiretti Lombardia - è quella di gestire le eventuali eccedenze sul mercato e calmierare le speculazioni al ribasso sulle quotazioni del latte in caso di boom delle importazioni dall'estero. Vogliamo valorizzare la filiera italiana e potenziare il sistema di protezione e promozione del prodotto dei nostri allevamenti, a tutela del lavoro e della qualità made in Italy. L'obiettivo, grazie alla collaborazione con Inalpi, è di aprire il comparto lattiero caseario italiano all'utilizzo di polvere di latte 100% italiana anche per quelle industrie alimentari e dolciarie, che fino a oggi non avevano l'opportunità di farlo".
 

Dalla polvere al siero

Siamo sicuri che il polverizzatore sia l'unica soluzione per mantenere in equilibrio il sistema delle produzioni? E se, accanto a una valvola di sfogo che opera su un prodotto semi-lavorato a valore aggiunto non elevato, si optasse per valorizzare il siero, derivato dalla caseificazione e con diverse applicazioni, anche ad alto valore aggiunto?
Se ne è parlato nei giorni scorsi in un incontro in cui il team di Clal.it, portale di riferimento mondiale sul lattiero caseario, ha incontrato alcuni operatori della filiera, nella sede mantovana della Latteria Santangiolina.
 

Le destinazioni del siero di latte

Il siero di latte, infatti, trova impiego nell'industria alimentare e lattiero casearia per la produzione di gelati, biscotti, yogurt, bevande; nei prodotti per l'infanzia, per la produzione di latte in polvere o liquido; nel settore farmaceutico, destinato a medicinali, inalatori, compresse; impiegato nella nutrizione medica e nell'alimentazione in ospedale; nella nutrizione sportiva come ingrediente delle bevande e barrette proteiche; nella nutrizione specializzata, come composto per gli alimenti per la terza età e per gli alimenti per perdere peso.
Altri usi afferiscono all'alimentazione zootecnica e alla valorizzazione energetica del siero nei digestori per la produzione di biogas.

Sono stati registrati anche benefici per la salute, associati al siero di latte. Ad esempio, nella gestione del peso e della composizione corporea, per la salute delle ossa, per contrastare la perdita muscolare negli anziani, per il recupero e il rendimento muscolare; per raggiungere più facilmente la sensazione di sazietà.
 

Sbocchi di mercato significativi

Il siero di latte non è più dunque un prodotto destinato solo all'alimentazione dei suini, ma conosce sbocchi importanti e remunerativi. Motivo in più per riflettere su progetti di valorizzazione concreti.
Unione europea e Stati Uniti sono i principali produttori di formaggio e nel 2015 hanno prodotto il 79% della produzione mondiale. In particolare, l'Ue produce il 74% del siero a livello mondiale (elaborazione Clal.it su dati Eurostat e Usda), esportando il 32% della produzione. Gli Usa ne esportano il 66%.

L'Unione europea, più specificatamente, ha esportato il 39% delle polveri, pari a 633.273 tonnellate. L'Asia è il principale importatore: 161.515 tonnellate sono dirette in Cina, 86.130 tonnellate in Indonesia, 57.176 tonnellate in Malesia, 39.867 tonnellate in Corea del Sud, 39.269 tonnellate in Tailandia, 31.367 tonnellate in Vietnam; a seguire, le polveri sono vendute in Marocco, Pakistan, Filippine, Nuova Zelanda, Giappone e Australia.

Gli Stati Uniti, invece, hanno esportato 491.322 tonnellate, essenzialmente dirette in Cina, Messico, Canada, Filippine, Vietnam, Indonesia, Giappone, Nuova Zelanda, Malesia.

Terzo esportatore mondiale è la Bielorussia, con un volume di siero esportato pari a 134.470 tonnellate, il 96% delle quali commercializzate verso la Russia e l'1% verso la Cina.
Il 7% del mercato mondiale, contro il 39% dell'Unione europea, il 30% degli Usa, l'8% della Bielorussia, lo detiene la Nuova Zelanda, con 108.752 tonnellate, esportate per il 51% negli Stati Uniti e per il 9% in Egitto.
 

Mercato in crescita, che mostra segnali positivi

Nel 2016, secondo le elaborazioni di Clal, le esportazioni di polvere di siero hanno toccato quota 1.634.295 tonnellate, con un incremento del 7,9% rispetto al 2015.

Osservando invece le aree del pianeta che importano polvere di latte, la classifica è guidata dal Sud-Est Asiatico, con una 937.268 tonnellate ricevute fra gennaio e dicembre 2016. Seguono, con 171.232 tonnellate l'Europa extra Ue, l'America Centrale e Latina con l'area dei Caraibi (125.603 tonnellate), l'America del Nord con 107.563 tonnellate.
A osservare i paesi di destinazione, si può ipotizzare che non sempre l'impiego delle polveri di siero sia finalizzato a produzioni ad alto valore aggiunto, come il medicale o la nutrizione specializzata. Nei paesi meno sviluppati, infatti, potrebbe prevalere l'uso zootecnico.
 

I prezzi: meglio l'Europa

Se confrontiamo i prezzi medi del siero con riferimento all'export verso la Cina, è l'Unione europea a strappare il prezzo migliore: 1.520 dollari per tonnellata a gennaio 2017. Si aggira intorno ai 1.050 dollaro/tonnellata il prezzo della polvere di siero ad uso alimentare che dalla Germania va verso Pechino. Più in basso si colloca invece il prezzo della polvere di siero ad uso alimentare negli Stati Uniti (circa 1.020 dollaro/tonnellate); e scende a 950 dollaro/tonnellata il prezzo medio di esportazione della polvere di siero diretta in Cina dagli Usa.

Dopo un crollo dei prezzi che, per gli Stati Uniti si sono verificati nella seconda metà del 2015 e nell'Ue tra marzo e aprile del 2016, oggi si registra una risalita che ha portato il prezzo del siero di latte in polvere a mille dollaro/tonnellata negli Usa e a 1.060 dollaro/tonnellata in Ue.
Con ogni probabilità, comunque, il prezzo superiore del siero made in Eu è dovuto da una qualità maggiore del prodotto. Francia, Polonia e Olanda sono i principali esportatori di siero verso paesi extra-Ue. L'Olanda vende a prezzi superiori, mentre la Polonia colloca il prodotto a un prezzo inferiore, correlato alla qualità e, forse, anche alla destinazione ad uso zootecnico.
 

Le siero-proteine concentrate

Con riferimento alle siero-proteine concentrate, l'Unione europea si conferma il principale blocco esportatore a livello mondiale, con il 42% del mercato, pari a 556.677 tonnellate.
Anche in questo caso, è l'Asia a costituire la principale destinazione di tale prodotto. La Cina assorbe 158.247 tonnellate, seguita dall'Indonesia, dalla Malesia, dalla Tailandia, dal Vietnam, dal Pakistan, dalle Filippine, dalla Nuova Zelanda, dalla Corea del Sud, dal Giappone e dall'Australia.

Lo spazio occupato dagli Stati Uniti è inferiore e coincide con il 36% del mercato mondiale, con un export globale pari a 469.389 tonnellate, dirette principalmente verso Cina, Messico, Canada, Filippine, Vietnam, Indonesia, Giappone, Nuova Zelanda, Malesia, Corea del Sud e Tailandia.
La Bielorussia, con 124.798 tonnellate esportate, rappresenta il 9% del mercato mondiale. La Russia intercetta il 97% del prodotto, mentre il 2% è esportato in Kazakistan e nelle Filippine.

L'Italia esporta notevoli quantità di siero liquido in Francia e Olanda, ma allo stesso tempo importa siero concentrato/polverizzato. Tale differenza di prodotto commercializzato spiega perché i prezzi di vendita siano inferiori ai prezzi di acquisto.
 

Accanto ai formaggi Dop

La commercializzazione di siero di latte liquido o in polvere non è un'alternativa alla produzione casearia, ma una sua conseguenza. E' un'opportunità per ottenere un valore importante (visto che parliamo di 1.520 dollaro/tonnellata) da un processo di lavorazione del latte che per l'Italia significa 432mila tonnellate di formaggi Dop da latte vaccino nel 2016. Senza contare la produzione casearia non a denominazione d'origine, che comunque consente la lavorazione del siero.

Attenzione alla valorizzazione. Il siero liquido vale meno, ma - piccola riflessione - per ottenere la polvere servono gli impianti. L'Italia è pronta? Margini per ridurre le importazioni di siero dall'estero ce ne sarebbero. E anche per esportare di più di quanto le imprese italiane non facciano ora.