L'Associazione regionale allevatori della Sicilia (Aras) ha chiuso i battenti. Lo ha deciso il Tribunale di Palermo che nei giorni scorsi ne ha decretato il fallimento.
Che l'associazione fosse in difficoltà è cosa nota da tempo, specie per i dipendenti, oltre un centinaio, che già dalla scorsa estate non percepivano più lo stipendio.

Forti le preoccupazioni dell'Associazione italiana allevatori (Aia), della quale Aras è una delle associate, per i possibili effetti sul sistema dei controlli che presiedono l'opera di miglioramento genetico delle razze iscritte ai Libri Genealogici.
Le vicende dell'Aras complicano poi ulteriormente il difficile e complesso lavoro di ristrutturazione di tutto il “sistema allevatori”.

L'Aia di ieri
Un tempo, nemmeno troppo lontano, gli allevatori italiani potevano contare sulla più poderosa “macchina” di assistenza tecnica e di rappresentatività di tutta Europa. Questa era Aia, con la sua presenza diffusa in ogni “anfratto” zootecnico, dalla Sicilia alle Alpi.
Una costellazione di associazioni provinciali, associazioni di razza e di specie che nulla lasciavano scoperto. E i risultati, innegabili, ci sono stati. Nella genetica dei bovini, come in quella dei suini, dialoghiamo da pari a pari con i big mondiali del settore.

Gli aiuti di Stato
Per raggiungere questi traguardi Aia ha potuto contare per lungo tempo sul sostegno dello Stato. Soldi ben spesi, tanto più che coprivano i costi della gestione dei Libri Genealogici delle specie zootecniche, compito che ha valenza pubblica e importanti riflessi sociali.

Nuovi equilibri
Oltre ai soldi, a fare “grande” l'Aia sono stati gli uomini che dalla sua fondazione, nel 1944, l'hanno guidata. Il tutto con un encomiabile equilibrio fra le diverse “anime” dell'agricoltura, che per anni ha visto alternarsi ai vertici personalità dell'una e dell'altra organizzazione agricola.

Una sorta di gentlemen agreement ora dimenticato, lasciando spazio a motivi di contesa fra i sindacati agricoli.

Meno risorse
Sino al 2010 le contribuzioni pubbliche erano di circa 60 milioni di euro all'anno. Poi la crisi, e la “stretta” che ha visto scendere questo sostegno a circa 25 milioni. La riduzione degli aiuti di Stato ha reso necessaria una profonda revisione della struttura associativa degli allevatori.

La "ristrutturazione"
Una dopo l'altra sono state chiuse le associazioni provinciali degli allevatori, le Apa, raccogliendo i loro compiti nelle Ara, le associazioni regionali degli allevatori. Contemporaneamente si è ridotto il numero degli addetti, con importanti e dolorosi riverberi sul piano sociale.

Il messaggio
Ora giunge dalla Sicilia un segnale di quanto la situazione del sistema allevatori sia difficile e complessa. Chi ancora spera in un possibile intervento della mano pubblica rischia di rimanere deluso.

Sarebbe auspicabile ritrovare lo spirito di un tempo, quando su Aia si riversavano le migliori energie del settore, evitando le conflittualità fra le principali organizzazioni agricole, che proprio in Aia hanno trovato sino a ieri motivo di scontro.
Da domani, questo l'invito, si provi a cambiare. Gli allevatori ringrazieranno.