Che gli allevatori abbiano scarso potere contrattuale non è certo cosa nuova. Lo dimostrano le interminabili trattative con le industrie lattiere per fissare il prezzo del latte. Trattative estenuanti e inconcludenti, tanto che da mesi in Lombardia, dove si produce quasi la metà di tutto il latte italiano, non si riesce a raggiungere un compromesso. E gli allevatori sono stati costretti ad accordi singoli con le varie realtà industriali alle quali consegnano il latte prodotto. Un problema, questo della scarsa forza contrattuale del settore, che non riguarda solo l’Italia, ma coinvolge tutta la zootecnia europea. La conferma viene dall’approvazione da parte della Commissione Ue della proposta sulle “relazioni contrattuali nel settore del latte” la cui finalità è quella di rafforzare la posizione dei produttori di latte nell’ambito della filiera lattiero casearia. L’annuncio lo ha dato il Commissario europeo Dacian Ciolos e fa seguito alle raccomandazioni scaturite dal “Gruppo di alto livello” istituito all’indomani della crisi del settore lattiero. Ora si cerca di dare concretezza a quelle proposte che, lo ricordiamo, mirano a ridurre la volatilità del mercato del latte, incentivare l’innovazione, introdurre norme per la commercializzazione più stringenti (pacchetto qualità). Il tutto in vista dell’abbandono del regime delle quote latte per il 2015, i cui effetti potrebbero moltiplicare le “turbolenze” del mercato lattiero caseario.

 

Ci vuole il “contratto”

Tornando alla proposta ora approvata, questa prevede che le consegne di latte avvengano dopo aver stipulato contratti nei quali sia definito non solo il prezzo, come ovvio e come già avviene, ma anche il calendario e il volume delle consegne e la durata del contratto. Le indicazioni che giungono da Bruxelles avranno carattere facoltativo, ma i singoli Paesi avranno facoltà di rendere obbligatorio il ricorso a tali contratti. Come intuibile, si punta ad una negoziazione collettiva dei contratti, proprio per favorire un riequilibrio del peso contrattuale, che oggi vede gli allevatori in posizione di svantaggio. Spazio dunque alle strutture associative nella definizione di questi contratti, ma per evitare che si creino posizioni predominanti e distorsive della concorrenza, si è anche pensato di porre dei limiti. Non si potrà infatti andare oltre il 3,5% del totale della produzione Ue (circa 4,6 milioni di tonnellate) ed oltre il 33% della produzione nazionale (3,6 milioni di tonnellate nel caso dell’Italia).

 

I commenti

Non poteva mancare un’attenzione particolare alle organizzazioni interprofessionali. A queste si chiede di impegnarsi nella ricerca, nel miglioramento della qualità, nella promozione e diffusione di buone pratiche di produzione e di trasformazione del latte e nel favorire una maggiore trasparenza del mercato del latte. Queste, a grandi linee, le proposte approvate dalla Commissione, che per diventare operative dovranno ora passare il vaglio del Parlamento e poi del Consiglio europeo. Proposte che intanto raccolgono il favore di Confagricoltura che giudica i criteri per la negoziazione del latte come “un valido strumento per razionalizzare e organizzare l’offerta”. Per Coldiretti l’aumento del potere contrattuale degli allevatori deve passare anche attraverso misure di trasparenza come l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza della materia prima. Sulla stessa lunghezza d’onda il parere del presidente del settore lattiero-caseario di Fedagri-Confcooperative, Tommaso Mario Abrate, secondo il quale “resta necessario che l'Unione Europea si convinca che anche la dichiarazione in etichetta dell'origine del latte concorre a rafforzare la capacità contrattuale dei produttori migliorando la trasparenza nei rapporti di mercato.” Fra i pareri positivi anche quello di Rocco Tiso, presidente di Confeuro, che approva fra l'altro la definizione dei limiti quantitativi oggetto delle contrattazioni. Il giudizio della Cia, pur essendo nel complesso positivo, pone l’accento sulla mancanza nella proposta della Commissione di un riferimento alla programmazione produttiva, che sarebbe invece assai importante in particolare per le produzioni Dop.

 

Il ruolo delle OP

Se gli allevatori italiani potranno davvero trarre vantaggio da queste proposte della Commissione, dipenderà in gran parte dalla capacità del mondo degli allevamenti di dotarsi di organizzazioni dei produttori all’altezza del compito. Di OP si parla da tempo, ma con scarsi risultati. Ora dalla Ue arriva una spinta che potrebbe imprimere una svolta positiva, visto che alle OP è assegnato un compito fondamentale nelle contrattazioni del latte. Purché non si perda anche questo treno.