Le quotazioni del grano duro delle ultime settimane hanno indignato molti cerealicoltori del Sud Italia, colpiti da un inverno particolarmente avaro di piogge che ha depresso la produttività dei campi, soprattutto in Sicilia.
Alla Borsa di Foggia il grano duro fino ha raggiunto la quotazione di 340 euro la tonnellata, con una contrazione considerevole rispetto ai 415 euro del luglio 2023, anche se in linea con le quotazioni di giugno. E gli agricoltori, che si trovano ancora a trebbiare un frumento in ritardo di almeno un mese rispetto ad una stagione normale, sono impensieriti dall'idea di non ottenere un guadagno sufficiente a coprire i costi di produzione.
Per capire quali sono le motivazioni delle attuali quotazioni di mercato del grano duro e comprendere come potranno evolvere i prezzi nelle prossime settimane abbiamo interpellato Carlotta De Pasquale, analista di Areté - The Agri-Food Company, società indipendente di ricerca, analisi e consulenza economica interamente specializzata sui settori agricoltura e food.
Sappiamo bene che il prezzo del grano duro è fortemente influenzato dalle quotazioni sulle borse estere, visto che i grandi volumi si fanno in Paesi come il Canada o gli Stati Uniti. Quali sono dunque le previsioni di raccolto per questa stagione?
"A livello globale la produzione di grano duro è prevista fortemente in aumento, con un +11% in volumi, stimato a 35 milioni di tonnellate. In Canada, che arrivava da una annata disastrosa, la produzione è prevista in ripresa, con un +40% anno su anno. Anche negli Usa dovremmo avere buone produzioni, visto che secondo Usda le semine sono cresciute del 29%".
Andamento delle produzioni di grano duro in Canada ed Europa, in milioni di tonnellate
(Fonte foto: Areté)
Un altro grande produttore è la Russia…
"Su questo fronte non abbiamo dati certi, ma sembra che le superfici siano in aumento. La Commissione Ue ha però aumentato i dazi a 148 euro/tonnellata per il prodotto russo, che tuttavia potrebbe soddisfare parte della richiesta extra Ue, contribuendo a far calare i prezzi".
Sappiamo che lo scorso anno l'arrivo del grano turco in estate ha fatto calare i listini di circa il 25%. Qual è la situazione quest'anno?
"Effettivamente la Turchia non è mai stata una esportatrice di grano duro, ma lo scorso anno, a causa delle produzioni eccezionalmente buone, il Governo ha autorizzato l'export e a partire dalla tarda primavera i listini europei sono calati. Sulla scia di quanto accaduto nel 2023, gli agricoltori locali hanno investito ulteriormente in frumento duro e le superfici vedrebbero un aumento attorno al 10%. Questo, anche in presenza di rese leggermente inferiori rispetto allo scorso anno, porterebbe ad un nuovo record produttivo. Quindi è probabile che vedremo arrivare nuovo prodotto da quell'area".
Il Governo di Ankara ha autorizzato nuove esportazioni?
"Questo non è ancora chiaro, c'è in sospeso una proposta che prevede un prezzo minimo di 360 dollari all'export, ma non c'è nulla di concreto. Oltre a questo aspetto c'è da tenere sotto controllo il tema dell'inflazione. Se la lira turca dovesse svalutarsi nei prossimi mesi e non ci fossero limiti in valuta estera alle esportazioni, il grano duro turco potrebbe arrivare in Europa davvero a buon mercato".
Il Nord Africa è sia un produttore che un importatore, qual è la situazione in quest'area?
"La produzione dovrebbe rimanere al di sotto di 4 milioni di tonnellate, molto in calo rispetto agli anni passati e comunque non sufficiente a coprire il fabbisogno interno. Dunque sono previste forti importazioni, soprattutto dalla Russia".
Prezzo del grano duro in euro/tonnellata sul mercato canadese e italiano
(Fonte foto: Areté)
Veniamo all'Europa, come è andata la campagna in Francia e in Italia?
"Secondo i dati della Commissione Ue, che sono abbastanza pessimistici, l'Ue vedrà una contrazione della produzione del 7%, fermandosi a quota 6,5 milioni di tonnellate, a causa delle minori aree coltivate e dell'andamento meteo sfavorevole. In Francia le piogge frequenti hanno ritardato le semine e portato a cali di produzione, che dovrebbe attestarsi a 1,2 milioni di tonnellate".
E in Italia?
"In questo caso è soprattutto la siccità ad aver colpito il Sud Italia. Secondo gli ultimi dati della Commissione Europea, abbiamo perso un 17% di produzione, ma dobbiamo considerare anche un -11% di superfici investite. A fine campagna potremmo aver prodotto circa 3,1 milioni di tonnellate, con un decremento del 20% rispetto alla media quinquennale".
Come mai questo calo delle superfici seminate?
"I motivi sono principalmente due. Primo, sia il 2023 che il 2022 sono stati anni di scarse produzioni, a causa dell'eccesso di pioggia o della sua scarsità. Secondo, lo scorso autunno, nel momento della semina, le quotazioni del duro erano basse a causa dell'ingresso del prodotto turco. Per queste ragioni molti agricoltori hanno preferito produrre altro".
Veniamo alle previsioni per il futuro, che cosa dobbiamo aspettarci?
"Le produzioni di grano duro a livello globale sono previste in aumento. Non sappiamo ancora a quanto ammonteranno, ma sicuramente saranno maggiori rispetto al 2023 a causa delle maggiori superfici investite e al buon andamento meteorologico, soprattutto in Nord America. Questo elemento è sicuramente ribassista rispetto al prezzo".
Ci sono elementi rialzisti?
"Un fattore da tenere in considerazione è rappresentato dalle basse scorte, che non permettono di assorbire eventuali shock di produzione. Altri elementi da considerare sono le politiche all'export della Turchia e l'inflazione in quel Paese. Oltre ovviamente all'andamento reale delle produzioni".
Gli elementi ribassisti sembrano dunque prevalere…
"Nei prossimi mesi non dobbiamo aspettarci rialzi consistenti di prezzo, anche se fluttuazioni si verificheranno sulla base dei livelli produttivi dei singoli Paesi e delle strategie commerciali dei Governi".