Carni avicole e uova godono di buona salute e con la crescita registrata lo scorso anno il settore ha recuperato in termini di autosufficienza, ora al 105,5%.

Anche il 2024 promette buoni risultati, con il primo quadrimestre dell'anno che registra una crescita in volume del 6,7%.

 

Sono questi alcuni dei valori comunicati in occasione dell'assemblea di Unaitalia, associazione di riferimento per il settore avicolo, che ha riconfermato alla presidenza Antonio Forlini e Ruggero Moretti alla guida del Comitato Uova della stessa associazione.

 

I numeri dell'avicoltura

Forte di un fatturato di 7,5 miliardi di euro che provengono dalla produzione di oltre 13 milioni di quintali di carne e più di 12 miliardi di uova, il settore avicolo si appresta ad affrontare alcune sfide che ne condizioneranno il futuro.

Le ha ricordate lo stesso Forlini, puntando l'attenzione sulle tensioni geopolitiche in atto che insieme agli effetti del cambiamento climatico sono motivo di una forte instabilità dei mercati.

 

Per di più si dovranno affrontare temi complessi, come lo sviluppo sostenibile coniugato insieme al benessere animale.

L'obiettivo è quello di trovare un punto di equilibrio fra sostenibilità ambientale, sociale ed economica.

L'attenzione è rivolta a Bruxelles, dove si dovranno porre le basi per un dialogo costruttivo, scevro da condizionamenti ideologici, che tenga conto del valore strategico delle produzioni avicole.

 

Carni avicole, i consumi

Le carni bianche, va ricordato, sono le più consumate al mondo e l'Italia non fa eccezione.

I consumi apparenti pro capite superano i 21 chilogrammi, il 35% dell'intera filiera delle carni.

Merito, come già AgroNotizie® ha evidenziato, di un ideale bilanciamento fra sicurezza, qualità e prezzo, che le rende facilmente accessibili a tutte le classi sociali.

Caratteristiche per le quali Forlini le ha definite come "le proteine più democratiche".

 

Suini al bivio

Non sono dissimili i problemi che si troverà ad affrontare il mondo della carne suina, alle prese con aumenti dei costi di produzione e qualche cedimento nelle preferenze dei consumatori, in particolare per i prosciutti.

A complicare il quadro in questo settore c'è poi l'emergenza non ancora risolta della peste suina africana, che pone limitazioni all'export.

 

Sono questi alcuni degli ostacoli che dovrà affrontare Lorenzo Beretta, eletto in questi giorni alla presidenza di Assica, l'Associazione degli Industriali delle Carni e dei Salumi.

 

I numeri dei salumi

Il neopresidente parte avvantaggiato dai risultati che il settore dei salumi ha conseguito nel 2023, con una crescita dello 0,7% in quantità, per un totale di 11,5 milioni di quintali.

Cifre più consistenti quando si passa dalla quantità al valore, con oltre 9,16 miliardi di euro, in crescita del 7,2% rispetto al 2022.

 

Numeri positivi giungono poi dall'export dei salumi italiani, che sfiorano le 207mila tonnellate (+6,2%), per un valore prossimo ai 2,16 miliardi di euro.

Positivo il bilancio commerciale che ne consegue, cresciuto del 7,6%.

 

I consumi

Sul fronte dei consumi interni l'aumento dei costi, in particolare delle carni suine, materia prima per la produzione di insaccati e salumi, si è ripercosso sui prezzi al consumo, che hanno penalizzato alcuni segmenti.
I consumi apparenti dei prosciutti crudi stagionati hanno segnato il passo, fermandosi poco oltre le 212mila tonnellate (-3,4%).

Calo che si contrappone all'aumento delle preferenze per il prosciutto cotto (circa 278mila tonnellate, +0,8%) e dei salami (oltre 85mila tonnellate, più 0,8%).

 

Facile intuire quanto il prezzo abbia pesato sulle preferenze dei consumatori.

Nel complesso il consumo apparente pro capite si è collocato intorno ai 16,7 chilogrammi, con un lieve aumento (+ 0,2%) rispetto al 2022.

Frena invece il consumo apparente delle carni suine fresche, sceso a 11,3 chilogrammi pro capite (-3,3%).

 

Il nodo dei prezzi

Un quadro, ha evidenziato Beretta in occasione dell'assemblea di Assica che lo ha eletto alla presidenza, che mostra come "l'attuale situazione di alti costi non sia sostenibile né per le imprese, né per i consumatori".

Parole che chiamano in causa il mondo degli allevamenti, fornitori di quella materia prima, ricorda ancora Beretta, che ha raggiunto "per alcuni tagli i valori più elevati mai registrati nella storia del nostro settore".

 

Al presidente di Assica non è certo sfuggito che anche il mondo degli allevamenti si è trovato ad affrontare aumenti dei costi non dissimili da quelli sopportati dalle industrie delle carni.

C'è da augurarsi che si riesca nel difficile compito di superare le contrapposizioni, solo apparenti, che animano i protagonisti di questa filiera quando devono negoziare i prezzi di mercato. Tutti ne trarrebbero vantaggio.