Se il Green Deal europeo è andato per larga parte in soffitta, il vizio di penalizzare gli allevatori non è scomparso. Questa volta la notizia arriva da Copenaghen, perché la Danimarca potrebbe essere il primo Paese al mondo ad applicare, a partire dal 2030, una carbon tax in agricoltura, avendo previsto che agli allevatori di bestiame verranno addebitati quasi 100 euro all'anno per le emissioni di gas serra di ciascuna delle loro vacche.

 

A darne notizia, alcuni giorni fa, il Financial Times, che ha raccontato dell'accordo raggiunto all'interno della coalizione di Governo presieduta dalla premier di centrosinistra Mette Frederiksen, la quale ha annunciato di sperare che la tassa "aprirà la strada a livello regionale e globale" per iniziative simili. Dichiarazioni non certo distensive nei confronti del mondo agricolo, fortemente contrario a normative vessatorie nei confronti della zootecnia.

 

Dalle prime notizie trapelate, vi saranno alcune esenzioni all'applicazione della carbon tax agricola, vi sarà la possibilità di detrarre quella che a tutti gli effetti è una tassa ambientale, ma la sostanza non cambia: la zootecnia viene vista come attività inquinante e per questo le emissioni di anidride carbonica provenienti dagli animali - in particolare vacche da latte e suini - saranno soggette all'applicazione di un'aliquota fiscale effettiva di 120 corone danesi (16 euro) per tonnellata di emissioni equivalenti di anidride carbonica.

 

L'assunto è quello secondo cui la zootecnia rappresenta l'11% delle emissioni globali, di cui quasi i due terzi sono provocati dalle vacche. Eppure, non si tiene conto che l'agricoltura è l'unico settore produttivo che naturalmente immagazzina anidride carbonica e che, riducendo le emissioni di metano (un gas che non si accumula in atmosfera, ma che si degrada nell'arco di 8,6-12 anni, secondo le ricerche più recenti), la zootecnia può contribuire al raffreddamento globale.

 

La votazione da parte del Parlamento danese per approvare la tassa dovrebbe avvenire entro la fine dell'anno. Due gli step: un'aliquota principale di 300 corone danesi (40 euro) per tonnellata di CO2 equivalente nel 2030, destinata a salire a 750 corone danesi (100 euro) per tonnellata di CO2 equivalente nel 2035.

 

Esistono incentivi integrati per gli agricoltori per ridurre le emissioni e l'imposta sarà introdotta gradualmente con una detrazione fiscale di base del 60% almeno per i primi due anni. Per il ministro del Clima danese, Lars Aagaard, l'agricoltura sarebbe il primo fattore di emissione di gas serra nel Paese. Una situazione non più accettabile. Anzi. "L'agricoltura deve contribuire ed essere parte del futuro verde", ha sentenziato.

 

Il mondo agricolo è contrario

Inutile dire che gli agricoltori sono fortemente contrari a una simile impostazione. Peter Kiær, il presidente di Bæredygtigt Landbrug, l'Organizzazione degli agricoltori esclusa dai negoziati che hanno portato alla normativa, ha liquidato la carbon tax come uno scenario "pazzesco", accusando il Governo di non ascoltare gli agricoltori e che, una deriva simile, sicuramente finirebbe per ostacolare gli investimenti tecnologici necessari in un Paese che è già uno dei produttori agricoli più verdi del mondo.

 

Peder Tuborgh, amministratore delegato della Cooperativa lattiero casearia danese Arla Foods (sesto produttore mondiale del settore secondo le classifiche di Rabobank, con un fatturato di 13,8 miliardi di euro), ha affermato al Financial Times che "il regime fiscale potrebbe colpire ingiustamente alcuni agricoltori, compresi i produttori biologici, che stanno già facendo tutto il possibile per ridurre le loro emissioni", invitando i politici ad approfondire più dettagliatamente i risvolti di una simile previsione normativa.

 

E c'è anche chi, come Kristian Hundebøll, amministratore delegato di Dlg Group, una Cooperativa di proprietà di 25mila agricoltori danesi, ha sostenuto che la tassa sia "ancorata in Europa", anziché una decisione unilaterale della Danimarca.

 

E così, mentre la Nuova Zelanda ha ritirato il progetto di introdurre una tassa sulle emissioni di metano negli allevamenti, lo spettro, anche in futuro, di un "ripescaggio" del Green Deal, almeno parzialmente e su scala territoriale all'interno dell'Ue, non è ancora stato esorcizzato.

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Zootecnia, un po' di dati

Secondo i dati elaborati da Clal e Teseo, la produzione di latte della Danimarca rappresenta il 4% del totale comunitario (fra gennaio e aprile 2024 le consegne di latte hanno toccato 1.894.000 tonnellate, lo 0,1% in più sullo stesso periodo dell'anno precedente).

 

Relativamente alla suinicoltura, nel 2023 la Danimarca ha allevato 11.368.000 maiali (pari al 9% della produzione Ue), in calo dell'1,50% rispetto all'anno precedente e ben al di sotto del record toccato nel 2020, quando il Paese di Amleto arrivò a produrre 13.391.000 suini.