Da inquinatrici dell’aria, con gli odori, e delle acque, con i nitrati, le aziende zootecniche possono trasformarsi addirittura in strumenti ecologici. Di più: anche sul fronte remunerativo, investire negli impianti di biogas potrebbe diventare una considerevole integrazione proprio a quei redditi che sempre più stentano ad uscire da stalle e fienili. Il punto della situazione è stato fatto a Lodi, uno degli epicentri italiani della zootecnia all’avanguardia. “Il biogas, le matrici organiche e la gestione del digestato” è al contempo titolo e manifesto del convegno, moderato da Tommaso Maggiore dell’Università degli Studi di Milano.
Nota positiva, il Consorzio Italiano Bio-Gas Energia Kwerde si sta espandendo. Nei suoi obiettivi vi è l’impegno nella ricerca, al fine di fornire al settore dati veritieri sul tema delle bioenergie. E’ ormai assodato come la zootecnia vada legata sempre più all’energia e all’ambiente. Ciò anche per spezzare le accuse di essere aziende ad elevato impatto ambientale. In futuro si dovrebbe raggiungere una zootecnia che sia addirittura strumento di preservazione del territorio. Il consorzio aggrega aziende leader operanti nel mondo del biogas estratto da biomasse prevalentemente agricole. Forte è la presenza di enti e istituzioni di ricerca, necessarie per lo sviluppo tecnologico del comparto. Il consorzio cerca inoltre di dare un contributo tangibile al raggiungimento degli obiettivi fissati a Kioto per il 2020, come pure mira a dare nuove opportunità di integrazione al reddito per l’agricoltore. Circa i volumi processabili, si parla di 41 milioni di tonnellate complessive, di cui 21 da reflui zootecnici e 2,2 da sottoprodotti delle attività agroindustriali. Una massa organica imponente, che merita una considerazione maggiore rispetto a quella di “scarto” o “rifiuto”. Va infatti ribaltato il concetto che fa guardare a questi materiali con l’ottica del semplice smaltimento.
Gettando un occhio anche al reddito, l’attuale tariffa riconosciuta ai produttori è oggi di 0,28 cent/Kwh e sono 58 gli impianti attivi, creati in soli 36 mesi. Alcuni sono nuovi, altri sono raddoppi di impianti preesistenti. E se c’è chi raddoppia vuol dire che nei fatti le rese ci sono. Dei 65 Mwe programmati circa 35 Mwe sono ormai installati. Sono però cifre che impallidiscono di fronte a quelle del solo impianto solare di Montalto di Castro: ben 24 Mwe. A livello nazionale, nel 2009, si sono prodotti circa 900 Mwe con energie rinnovabili. Di queste circa 94 sono state prodotte in Lombardia. Il biogas rappresenta quindi più di un terzo del totale lombardo di bioenergie. Vi è infine l’aspetto ambientale legato alla riduzione dell’inquinamento: su tutto il particolato secondario presente nell’atmosfera, l’agricoltura da sola ne emette l’81%. Soprattutto l’ammoniaca rappresenta un parametro preoccupante, che ha destato grande attenzione a livello europeo. Produrre energia elettrica da biogas, quindi, è anche una via per abbattere in modo significativo l’inquinamento.
La resa, va detto, può essere ancora molto migliorata, operando sulle tecnologie degli impianti e sulle tecniche colturali. Va quindi elevata la competenza degli operatori del settore. A questo fine è stato istituito un master del CNR (www.master-bioenergia.org), per la formazione professionale di figure specializzate. Titanico appare lo sforzo sui molteplici fronti. Strategica appare quindi la ricerca univeritaria, che delinea le prospettive future, ma anche quella privata, come quella di Dekalb – sponsor del convegno – che produce ibridi di mais con potenzialità sempre maggiori nella produzione di bioenergie. Con queste armi si giocherà la partita sul biogas: tecnologia, ricerca, competenza. Un gruppo integrato di strutture e persone differenti, con l’unico obiettivo di coniugare agricoltura, energia e ambiente, con un occhio al reddito. Non ultimi i contoterzisti, i quali possono giocare un ruolo fondamentale nell’utilizzo in campagna delle notevoli masse di digestati ottenuti a valle della produzione di biogas. Perchè si deve ricordare che ciò che resta del processo è pur sempre un ottimo fertilizzante, per il quale però le singole aziende agricole non possono strutturarsi con i macchinari idonei al corretto impiego in campo.