Caro Ardito, con i suoi cento anni dovrebbe apparire un arzillo vecchietto, ma pare che Lei di energie ne abbia ancora da vendere.
"Primo, arzillo vecchietto se lo tenga per sé. Io sono ancora bello sodo e robusto come il primo giorno che venni battezzato…".
Sì, mi scusi, non intendevo negare la Sua vigoria. Ma ammetterà che Lei ha rappresentato uno spartiacque in un momento in cui la ricerca genetica in agricoltura stagnava parecchio.
"Eccome. Mi fischiano ancora le auricole per tutte le male parole che mi son sentito dire dietro che ero ancora, per così dire, in fasce. La mia creazione segnò infatti il punto di rottura con un passato dominato da idee preconcette come quella secondo cui la precocità di spigatura e maturazione del frumento non poteva accompagnarsi a un elevato rendimento, né ad una qualità accettabile della granella".
Ma poi arrivò Nazareno Strampelli e…
"Strampelli, mio venerando padre mai abbastanza lodato, operò attraverso un 'incrocio a tre vie' divenuto poi celebre".
Scusi, ma detta così non potrebbe aprire la porta a pensieri, come dire, pruriginosi?
"Ma si figuri, nei vegetali non c'è mica la componente sociale del pubblico pudore. Anzi, pare proprio che più si incrocia meglio è. Pensi che Strampelli iniziò incrociando prima il Rieti con il Wilhelmina, praticamente i miei nonni, poi operò una selezione di questo primo incrocio con la varietà precoce giapponese Akakomugi. Sa, un po' di esotico dava quel certo non so che… Nonostante le critiche che gli giunsero, mio padre riuscì in tal modo a dimostrare che un frumento dotato di precocità poteva incrementare notevolmente le rese mantenendo inalterata la qualità del prodotto, superando in particolare il problema della 'stretta' da caldo".
La stretta: un vero e proprio scoglio per le migliori selezioni all'epoca disponibili.
"Esatto. Tutte le varietà a maturazione tardiva molto difficilmente erano in grado di oltrepassare indenni la stretta, fenomeno più o meno analogo al vostro colpo apoplettico da caldo. Io invece non solo sono precoce, ma anche resistente alle ruggini. Presento anche una taglia ridotta e quindi una maggior resistenza all'allettamento grazie all'effetto di un imprevisto linkage tra il gene della precocità mediata dall'insensibilità al fotoperiodo (Ppd-D1) e un gene per il semi-nanismo (Rht8)".
Tale padre tale figlio eh? Appena si parla di genetica parte a briglia sciolta…
"E certo! Avrò pur diritto di essere orgoglioso, sia di me, sia di mio padre? La combinazione di tutte queste caratteristiche esitava allora in una resa notevolmente aumentata addirittura rispetto ai frumenti di più recente costituzione, come lo stesso Carlotta Strampelli, anch'esso creato dall'agronomo marchigiano pochi anni addietro e cha aveva già dimostrato di rendere il doppio rispetto alle varietà diffuse all'inizio del secolo".
E le rese, all'epoca, stavano in vetta alle priorità anche del Governo.
"Anzi. Allora le rese erano la prima preoccupazione in Italia, ove si tentava da anni di aumentare le produzioni interne. Non fu quindi un caso che fui uno dei frumenti che in Italia più contribuirono all'esito della cosiddetta 'battaglia del grano', diventando perfino uno dei più gettonati frumenti nel miglioramento genetico praticato al di fuori dei confini nazionali. Si ricorda, spesso, la diffusione avuta dai frumenti di Strampelli in Cina, ma nel mio caso l'utilizzo probabilmente più importante fu fatto in Argentina, quando fui impiegato da Enrique Klein, vissuto fra il 1889 e il 1970, per realizzare una varietà, la Klein-33, appunto, che in seguito fornì geni d'importanza cruciale nel breeding del frumento sovietico del dopo-Lysenko, con notevoli ricadute sulla granicoltura di larga parte dell'Est europeo".
Non a caso il lysenkoismo fu una delle più disastrose iatture per l'agricoltura sovietica degli anni '30.
"Guardi, solo a pensarci mi ribollono le glume e mi freme la foglia bandiera! Quel ciarlatano rifiutava perfino il concetto di gene, negando l'evoluzionismo darwiniano, come pure aborriva la selezione naturale. Mentitore seriale, arrivò ad affermare con i suoi seguaci che la segale poteva essere trasformata in grano, il grano in orzo e perfino che le infestanti potessero essere trasmutate spontaneamente in cereali commestibili. Ci vollero anni per riparare i danni del lysenkoismo. E perfino oggi qualche adepto di quell'oscuro soggetto si trova ancora in giro, purtroppo…".
Un processo di rinascita cui Lei contribuì in modo sostanziale, però.
"Un mio fiore all'occhiello, in effetti. Sa quanta gente pativa la fame nei Paesi dell'Est e grazie anche a me riuscì per lo meno a sopravvivere?"
Sì, un grande passato, il Suo. Ma ora sono passati cento anni: ha ancora senso parlare di Lei?
"Scherza? Tornare a parlare di una varietà storica come me, a cent'anni dalla nascita, ha oggi un senso inaspettatamente attuale, poiché rimanda a certi temi, presenti nel dibattito cerealicolo moderno, che vengono affrontati allegando affermazioni volte a denigrare la 'modernità' di un prodotto in modo molto simile a quanto accadeva ai tempi di Strampelli. Oltre al già menzionato scetticismo sulla produttività dei frumenti precoci, clamorosamente smentita dalle rese che da me in poi furono fatte registrare da parte delle varietà migliorate, un altro tormentone con cui venni assalito fu quello della scarsa qualità in termini di contenuto di glutine rispetto a varietà d'importazione come il frumento Manitoba".
Da non confondere con l'odierno frumento "di tipo Manitoba" utilizzato nelle lievitazioni spinte, peraltro.
"Infatti, sono cose diverse. All'epoca mi si accusava di non avere un contenuto proteico comparabile a quello del frumento d'importazione, accusa poi rientrata quando uno studio dimostrò l'inconsistenza delle critiche mossemi. Oggi il duello riguarda più che altro le migliori caratteristiche nutrizionali, che certa propaganda interessata attribuisce ai cosiddetti 'grani antichi' rispetto alle varietà 'moderne', peraltro senza riuscire a fornire prove scientifiche attendibili ed esaustive in merito a tali affermazioni. Per non parlare delle resistenze incontrate, più in generale, dai frumenti che Strampelli ottenne mediante ibridazione, considerati allora una minaccia per il frumento tradizionale alla stessa stregua delle moderne piante geneticamente modificate, magari 'crispate', a loro volta ritenute un pericolo per la salvaguardia dei prodotti tipici. Insomma, i tempi sono cambiati ma la paura del nuovo, seppur declinata in forme differenti, è rimasta sempre la stessa".
Ciò che infatti più stupisce è la fatica che un'innovazione deve fare per farsi accettare nella sua epoca, salvo poi diventare quasi un mito molti decenni dopo. Lei ha però avuto storicamente un parente molto agguerrito con il quale competere in notorietà, cioè il Senatore Cappelli.
"Già. Non che me ne abbia a male, s'intende, ma oggi, complice il maggior interesse nazionale per il frumento duro rispetto al tenero, il nome di Strampelli è associato unicamente alla varietà 'Senatore Cappelli', che da diversi anni ha ormai trovato ampia affermazione nel mercato delle produzioni di nicchia basate sui cosiddetti 'grani antichi'. Questo fa sì che, rispetto all'imponente attività scientifica svolta da Strampelli sul frumento tenero, il Cappelli riceva oggi molta più attenzione sebbene la sua creazione fosse addirittura meno innovativa".
In che senso meno innovativa?
"Il Cappelli non deriva da ibridazione, come me, per intendersi, ma da selezione genealogica tradizionale. Il vero apporto da lui dato al frumento, nel segno di una modernità diffusa a livello mondiale, rimane chiuso nelle pubblicazioni di genetica agraria, note solo agli addetti ai lavori. Nonostante un lungo lavoro di divulgazione svolto fino ad oggi, questa percezione distorta del senso del lavoro di Strampelli sembra richiedere ulteriori sforzi finalizzati a restituire all'agronomo maceratese una collocazione culturale più consona a quel grande innovatore che egli è stato".
Ennesima dimostrazione che anche in agricoltura la storia è cultura e che non può esservi vera cultura se non si conosce la storia. E di storia nei cromosomi di Ardito ce n'è la bellezza di un secolo.
Nota: si ringrazia Sergio Salvi, biologo libero professionista, già ricercatore in genetica, biografo di Nazareno Strampelli, nonché cultore di storia agroalimentare, il quale ha prestato la propria voce ad Ardito per realizzare questa intervista.