A volte va bene, a volte va male. Negli Stati Uniti a volte è andata bene a Bayer, ieri Monsanto, a volte ha detto bene ai querelanti e ai loro avvocati, ottenendo sentenze dai risarcimenti faraonici poi micronizzati in appello nella maggior parte dei casi. In altri, come detto, la class action non è invece passata e il tribunale ha decretato che non vi fossero le basi per chiedere quattrini al marchio tedesco. 

 

L'abuso di class action, ormai divenute per lo più di tipo predatorio, ha infatti iniziato a stancare più di un giudice americano e parte della politica statunitense. A conferma, il senato dello Stato dell'Iowa ha avanzato una proposta di legge mirante a impedire cause contro i produttori di agrofarmaci americani o europei quando basate su etichette autorizzate da Epa o da altre autorità equivalenti. Un passo simile è in corso di valutazione anche in Florida, Idaho e Missouri.

 

Bene sarebbe che tale proposta diventasse legge sul serio, perché in tal modo si metterebbe un solido argine a dei veri e propri assalti legalizzati alle diligenze, mascherati da nobili lotte di Davide contro Golia.

 

In Australia la class action non passa

La notizia è del 25 luglio 2024 ed è apparsa sulle pagine di Reuters: Michael Lee, un giudice della Corte Federale australiana, ha respinto la class action intentata contro glifosate e, ovviamente, contro Bayer. L'accusa era sempre la stessa, cioè quella di causare linfomi non-Hodgkin, quel tipo di tumore per il quale Iarc, l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, aveva classificato l'erbicida come "probabile cancerogeno" per l'uomo (gruppo Iarc 2A). 

 

Una raccolta di articoli e approfondimenti in tal senso è disponibile su AgroNotizie in forma di pdf scaricabile. Per chi però fosse pigro e non se la sentisse di leggere le centinaia di pagine scritte sul tema, si può "spoilerare" la conclusione: no, non v'è prova che glifosate provochi linfoma non-Hodgkin. E ad affermarlo sono tutte le autorità di regolamentazione mondiali, più l'Oms stesso, il quale ha di fatto espresso parere opposto rispetto a quello della propria stessa agenzia di Lione.  

 

Nonostante ciò, anche in Australia oltre mille persone si erano unite contro Roundup e glifosate, sostenendo anch'essi l'accusa di aver causato loro linfomi non-Hodgkin (Lnh). Peccato che a differenza di altri colleghi americani, il giudice Michael Lee abbia esaminato gli studi scientifici disponibili senza trovare prove sufficienti che l'erbicida causasse danni agli esseri umani. Quindi ha respinto le richieste, con buona pace dei querelanti e degli ambiziosi avvocati che li hanno patrocinati, attratti dalle ricche percentuali che potevano piovere nelle loro tasche. 

 

Buone notizie quindi per gli agricoltori australiani e anche per Bayer, la quale, stando all'articolo di Reuters, ha vinto 14 degli ultimi 20 processi negli Stati Uniti. Soprattutto buone notizie per la giustizia e per la credibilità delle autorità di regolamentazione, rappresentate in Australia da Apvma, acronimo di Australian Pesticide and Veterinary Medicines Authority, facente capo al Governo australiano. Nemmeno per Apvma glifosate rappresenta infatti rischi per la salute umana

 

Tutti i danni delle speculazioni

A causa di quella sciagurata monografia 112 di Iarc, pubblicata nel 2015, glifosate è entrato in un gorgo mediatico che ne ha sfregiato l'immagine, influendo persino sulle recenti normative europee.

 

Quanto a Bayer, la Casa di Leverkusen ha accumulato perdite miliardarie, dovendo versare cifre astronomiche a fronte di accuse che reggevano solo in alcuni tribunali e giornali di chiaro orientamento pseudo ambientalista. Il tutto, senza che l'autorità americana di riferimento, l'Agenzia americana per la Protezione dell'Ambiente (Epa) abbia potuto farci niente.

 

A guadagnarci sono invece stati gli avvocati e le famiglie la cui oggettiva disgrazia è stata furbescamente attribuita a chi avesse soldi da dare loro, sebbene non dovuti. Per quanta solidarietà umana si possa provare per coloro che siano stati colpiti da quella terribile malattia, non si possono approvare moralmente i tentativi di estorcere denaro a chi ne ha, solo perché ne ha tanto. A volte estorcendolo tramite maliziose vie legali, altre volte agendo del tutto illegalmente

 

Bene quindi la sentenza australiana, la quale si va ad aggiungere a quel puzzle di notizie sempre più completo circa il destino di glifosate nei tribunali, per quanto tali sentenze non vadano mai prese come prova scientifica, né quando siano a sfavore, né quando a favore. Un'evidenza, questa, che viene per lo più ignorata dal fronte anti glifosate, il quale dà sempre un impetuoso fiato alle trombe quando una sentenza va a favore delle sue tesi, tacendo poi imbarazzato (e ipocrita) quando nei tribunali il vento giri in direzione opposta. Alla faccia di Davide e anche un po' di Golia.