Il tamarisco, detto tamerice comune o scopa marina (Tamarix gallica L.) è un arbusto autoctono del bacino del Mediterraneo appartenente al genere Tamarix. In Europa esistono ben quattordici specie di questo genere (1). In Italia le specie autoctone sono sei: T. africana, T. arborea, T. canariensis, T. dalmatica, T. hampeana, e T. gallica, che è la più diffusa (Fonte: Indice di Acta Plantarum).
Il tamarisco cresce in greti di torrenti, su sabbie umide subsalse, ma tollera anche suoli limosi e argillosi. È una pianta resistente alle inondazioni di acqua salmastra, alle raffiche di vento e alla salsedine. Le foglie, di consistenza leggermente carnosa, sono disseminate di ghiandole escretrici che liberano gocce liquide grazie alle quali la pianta elimina gli eccessi di sale. Poiché è una pianta decidua, le foglie cariche di granelli di sale cadono a terra formando uno strato che impedisce la crescita di erbe e la propagazione del fuoco. Predilige climi temperati-caldi, ma può resistere fino a -34°C e con solo 100-300 millimetri/anno di precipitazioni. La tolleranza al freddo e ai venti è una conseguenza diretta del suo meccanismo di assorbimento ed eliminazione della salinità del suolo, che gli consente di regolare l'evapotraspirazione. Se coltivato su suoli poco salini diventa più sensibile alle ghiacciate e alla siccità.
L'apparato radicale è duplice: una radice a fittone cresce in profondità fino a trovare la falda, mentre delle radici superficiali si estendono in tutte le direzioni per diversi metri. Tutte le suddette caratteristiche, unite alla rapida crescita, rendono il tamarisco ideale come specie che consolida le dune. Nonostante sia poco efficiente come frangivento, perché il suo portamento è basso e aperto, sembra gradito dalla fauna che vi trova rifugio.
La ricca e vistosa fioritura è discretamente mellifera ma viene più che altro utilizzata a scopo ornamentale, specialmente nei viali costieri. Il legno di tamarisco arde bene quando è verde perché contiene cere. Può raggiungere i 4 metri di altezza e i 6 metri di diametro, potendo vivere fino a cento anni circa. Ricaccia vigorosamente dalle radici se viene ceduato o arso. A Israele è stato osservato che i rami del tamarisco trasudano una sostanza mucillaginosa simile alla manna quando vengono punti da un insetto, ma non è chiaro se tale manna trasudi dalle punture oppure dagli insetti (2, 3, 4).
La letteratura scientifica sulle proprietà medicinali del tamarisco è molto abbondante, in quanto viene utilizzato sin dall'antichità. Secondo la farmacopea moderna la pianta ha proprietà antiossidanti, i suoi estratti hanno un fattore di protezione solare 37 (5), le radici hanno proprietà antinocicettive, antiinfiammatorie e antibatteriche (6), gli infusi di fiori e foglie hanno proprietà antidiarroiche e antinfiammatorie, e per trattare diverse malattie al fegato (7).
I dati sull'utilizzo agronomico, invece, sono purtroppo scarsi.
Le applicazioni note di questa pianta sono:
- Fitodepurazione di suoli inquinati. Un'esperienza condotta in Francia (8) ha mostrato la capacità del tamarisco di assorbire metalli pesanti da suoli contaminati ed espellerli dalle foglie, allo stesso modo in cui elimina il sale. Ciò consentirebbe di decontaminare a basso costo terreni industriali, recuperando i metalli pesanti mediante la semplice raccolta della lettiera di foglie morte. Curiosamente, l'alluminio non viene espulso dalla secrezione delle foglie, ma rimane fissato alle radici della pianta.
Un'esperienza condotta in Italia su suoli contaminati con policlorobifenili (Pcb) e metalli pesanti ha dato risultati negativi: le tamerici sono tutte morte due anni dopo l'impianto - ma forse non per l'inquinamento, bensì per un ritardo nell'impianto - mentre il clone di pioppo Monviso aveva raggiunto i 4 metri di altezza nello stesso tempo. - Contenimento degli incendi boschivi. La capacità di creare fasce tagliafuoco di tamarisco lungo le strade per minimizzare l'innesco degli incendi boschivi, purtroppo sempre più frequenti nelle aree aride e semiaride del Pianeta, è stata studiata in Spagna con un modello teorico (9). Modello che però contrasta con l'esperienza degli Stati Uniti, dove il tamarisco è una alloctona invadente e si ritiene che sia causa di incendi con una periodicità che va dai quindici ai venti anni. Sebbene le foglie e i rami sottili non prendano facilmente fuoco per via del sale che li ricopre, i tronchi e i rami costituiscono un carico d'incendio notevole. La biomassa aerea arde, ma il possente apparato radicale sopravvive e ricaccia. Inoltre, i semi possono sopravvivere per 20 minuti a 100°C. Quindi, dopo un incendio il tamarisco cresce più fitto di prima perché non trova competizione di altre specie, formando boschetti molto fitti. Nel giro di pochi anni una parte delle piante muore per ombreggiamento, accumulando materia legnosa capace di propagare nuovamente gli incendi. La maggiore o minore probabilità di ricacciare una quantità di biomassa sufficiente ad innescare un nuovo incendio dipende molto dal momento in cui avviene l'incendio: qualora la macchia si trovasse in condizioni di stress idrico, come avviene solitamente con gli incendi estivi, solo il 30% degli esemplari riuscirà a ricacciare. Se l'incendio avviene in un'area che era già stata arsa meno di cinque anni prima, il ricaccio sarà ulteriormente ridotto. Se la temperatura dello strato superficiale di suolo superasse i 100°C come conseguenza di un incendio molto intenso, i semi verranno sterilizzati. Un tamarisco può produrre fino a mezzo milione di piccolissimi semi (0,5 millimetri di diametro) in un'estate, ma questi rimangono viabili per poche settimane. I semi sono in grado di germinare in ventiquattro ore, ma solo in condizioni di elevata umidità, quindi un'intensa pioggia o un breve allagamento, anche con acqua salmastra avente 50mila parti per milione, ovvero 50 grammi/litro, 1,4 volte la salinità del mare (10). Quindi, la possibilità di utilizzare il tamarisco come coltura tagliafuoco richiede una accurata gestione di diradamento e asportazione della biomassa legnosa, capace di innescare e propagare gli incendi, lasciando a terra solo la biomassa fogliare, poco infiammabile per via delle alte concentrazioni di sale.
- Utilizzo come frangivento e riparo per gli ovini. Pratica molto diffusa in Australia, dove il tamarisco è stato introdotto per questo scopo (11). Le foglie con piccole incrostazioni di sale sono gradite a pecore e capre, ma il loro valore nutrizionale è scarso.
- Produzione di legna da ardere in zone aride o semiaride, utilizzando reflui degli impianti di desalinizzazione o acque fognarie trattate per l'irrigazione. Uno studio condotto a Israele su diversi tipi di tamarisco (probabilmente non Tamarix gallica, ma altre specie del Mediterraneo Orientale), coltivati su suoli aridi irrigati con i reflui di un impianto di desalinizzazione, ha mostrato che in diciotto mesi le piante avevano raggiunto altezze comprese fra 2,5 e 4 metri e la biomassa aerea di ogni singolo esemplare era compresa fra 30 e 80 chilogrammi. Supponendo una densità d'impianto di 2.500 alberi/ettaro, una coltivazione di tamarisco potrebbe rendere fra 25 e 67 tonnellate SS/ettari.anno (12). Uno studio condotto in Francia, utilizzando acque fognarie trattate per irrigare un acquitrino artificiale con lo scopo di effettuare un trattamento terziario, indica che la tamerice comune è in grado di produrre 29,2 tonnellate SS/ettari.anno (13).
- Produzione di miele. Il miele di tamarisco è scuro e di sapore particolare, un'altra fonte lo definisce come "sgradevole" e in grado di guastare il miele di altri fiori se viene mescolato. Nel migliore dei casi si tratta di un prodotto di nicchia; negli Usa viene lasciato alle api per il loro nutrimento durante la stagione invernale. Le macchie di tamarisco fungono da rifugio per le api nei periodi in cui non ci sono altre fioriture o quando vengono applicati agrofarmaci alle colture tradizionali (14).
- Artigianato. I rami della tamerice comune venivano utilizzati per produrre manici di scopa. Il legno molto duro, ma contorto e di piccolo diametro, non è adatto come legname da opera. Il legno della Tamarix africana, specie avente un tronco di maggiore diametro, veniva utilizzato per la produzione di pipe, oggetti torniti e cassette per la frutta (2, già citato).
Conclusioni
Le piante del genere Tamarix sono molto adattabili ad ogni situazione pedoclimatica, e questo le rende potenzialmente invadenti. La loro coltivazione va limitata dunque a terreni marginali improduttivi, oppure alla bonifica di terreni inquinati, o alle località dove le acque di falda sono salmastre.
Bibliografia
(1) Guerrero Maldonado, N., López, M. J., Caudullo, G., 2016. Tamarix - tamarisks in Europe: distribution, habitat, usage and threats. In: San-Miguel-Ayanz, J., de Rigo, D., Caudullo, G., Houston Durrant, T., Mauri, A. (Eds.), European Atlas of Forest Tree Species. Publ. Off. EU, Luxembourg, pp. e011f06+.
(5) Mostefa Lefahal, El-Hani Makhloufi, Warda Trifa, Radia Ayad, Mohamed El Hattab, Merzoug Benahmed, Merve Keskin and Salah Akkal; The Cosmetic Potential of The Medicinal Halophyte Tamarix Gallica L. (Tamaricaceae) Growing in The Eastern Part of Algeria: Photoprotective and Antioxidant Activities. Volume 24, Issue 10, 2021 , 04 December, 2020; DOI: 10.2174/1386207323666201204141541.
(6) M.A. Rahman, E. Haque, M. Hasanuzzaman and I.Z. Shahid, 2011. Antinociceptive, Antiinflammatory and Antibacterial Properties of Tamarix indica Roots. International Journal of Pharmacology, 7: 527-531. DOI: 10.3923/ijp.2011.527.531.
(7) Ksouri R, Falleh H, Megdiche W, Trabelsi N, Mhamdi B, Chaieb K, Bakrouf A, Magné C, Abdelly C. Antioxidant and antimicrobial activities of the edible medicinal halophyte Tamarix gallica L. and related polyphenolic constituents. Food Chem Toxicol. 2009 Aug;47(8):2083-91. doi: 10.1016/j.fct.2009.05.040. Epub 2009 Jun 14. PMID: 19500639.
(8) Abou Jaoudé, R.; Pricop, A.; Laffont-Schwob, I.; Prudent, P.; Rabier, J.; Masotti, V.; de Dato, G.; De Angelis, P.; Evaluating the potential use of Tamarix gallica L. for phytoremediation practices in heavy-metal polluted soils.
(9) J.R. Molina, A. Lora, C. Prades, F. Rodríguez y Silva, Roadside vegetation planning and conservation: New approach to prevent and mitigate wildfires based on fire ignition potential, Forest Ecology and Management, Volume 444, 2019, Pages 163-173, ISSN 0378-1127.
(10) Usda, Fire Effects Information System (Feis), Tamarix spp.
(11) National Research Council 1980. Firewood Crops: Shrub and Tree Species for Energy Production. Washington, DC: The National Academies Press.
(12) Eshel, Amram & Oren, Israel & Alekparov - Alekperov, Chingiz & Eilam, Tamar & Zilberstein, Aviah. (2010). Biomass Production by Desert Halophytes: Alleviating the Pressure on the Scarce Resources of Arable Soil and Fresh Water. The European Journal of Plant Science and Biotechnology. 5. 48-53.
(13) Abdeslam Ennabili, Michel Radoux, Nitrogen and phosphorus uptake and biomass production in four riparian plants grown in subsurface flow constructed wetlands for urban wastewater treatment, Journal of Environmental Management, Volume 280, 2021, 111806, ISSN 0301-4797.
(14) Horton, Jerome S.; Campbell, C. J. 1974. Management of phreatophyte and riparian vegetation for maximum multiple use values. Res. Pap. RM-117. Fort Collins, CO: U.S. Department of Agriculture, Forest Service, Rocky Mountain Forest and Range Experiment Station. 23 p. Citato dal (10).