Partiamo dai numeri. Oltre un terzo della superficie italiana è coperto da boschi e negli ultimi decenni questa percentuale è cresciuta notevolmente. Dal 1985 al 2021, le foreste sono passate da 8.675.000 ettari sino ad arrivare a 11.054.458 ettari (INFC 1985 - INFC 2015).

 

Ma c'è di più, perché ogni anno il bosco avanza, complice lo spopolamento delle montagne e delle aree marginali. Ma il prelievo legnoso è intorno al 25% dell'incremento di volume. Significa che la legna prelevata dal bosco è appena un quarto di quella che si è formata nell'anno.

 

Questo significa che il legno è una risorsa rinnovabile sottosfruttata e potremmo facilmente raddoppiare, se non triplicare, i prelievi senza incidere sulla capacità del bosco di rigenerarsi e comunque continuare a colonizzare nuovi territori. Sarebbe questo uno scenario auspicabile per diverse ragioni.

 

Prima di tutto perché il Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima, tra gli obiettivi di sostenibilità fissati, prevede di ridurre il ricorso alle fonti energetiche fossili attraverso l'utilizzo di biomasse legnose, oltre che al fotovoltaico.

 

In secondo luogo perché il legno, come risorsa, sarebbe in grado di mettere le aziende agricole nelle condizioni di diversificare le proprie fonti di reddito. Chi scrive ha avuto la fortuna di visitare alcune aziende agricole in Finlandia e lì il bosco rappresenta una ricchezza importante per gli agricoltori. Certo, altre latitudini, altre estensioni, altri mercati, ma si tratta di una realtà con cui sarebbe bene confrontarsi.

 

Infine, la selvicoltura: se portata avanti secondo criteri moderni di sostenibilità, ha il potenziale di mettere in sicurezza il territorio nei confronti di frane e alluvioni, che sempre più spesso interessano il nostro Paese, anche a causa dei cambiamenti climatici.

 

Bosco italiano, perché non sfruttarlo?

Per capire quali sono le ragioni del mancato sfruttamento dei boschi italiani e quali potrebbero essere le opportunità di sviluppo abbiamo interpellato Saverio Maluccio, ricercatore del Crea Politiche e Bioeconomia e responsabile del Nucleo Monitoraggio Carbonio.

 

"Lo sfruttamento dei boschi in Italia non ha mai assunto l'importanza che invece riveste in altri Paesi Ue per diverse ragioni. Prima di tutto la dimensione ridotta dei boschi di proprietà dei singoli agricoltori, di solito inferiore ai 2 ettari, che non permette gli investimenti necessari. E questo è il secondo tema. Affinché produca reddito il bosco va gestito, con dispendio di risorse economiche e di tempo, e solo dopo alcuni anni inizia ad essere remunerativo".

 

C'è poi da sottolineare che, a differenza dei Paesi del Nord, i boschi italiani si trovano spesso in zone montane, che ne complicano la gestione. Da considerare poi lo scarso supporto logistico e infrastrutturale (mancanza di strade forestali, punti di raccolta, impianti di trasformazione) e un quadro normativo che, seppure volto alla tutela del bosco, rappresenta un aggravio burocratico che può scoraggiare chi intende avviare un'attività in questo campo.

 

Trasformare il bosco in risorsa

Ma in quali modi è possibile valorizzare il bosco? In linea generale sono quattro i modi con cui un'azienda agricola può ricavare un reddito dalla presenza di un bosco di proprietà: produzione di legna da ardere, produzione di legname per l'edilizia o l'industria, creazione di crediti di carbonio e infine attivazione di servizi per la comunità.

 

"La produzione di legna da ardere rappresenta la forma più semplice di sfruttamento del bosco, tuttavia il prezzo di vendita della legna è generalmente piuttosto basso, intorno a 10-20 euro al quintale, e dunque non offre grandi marginalità se si considerano le spese per il taglio, il trasporto e lo stoccaggio del legname. Mentre la produzione di pellet, potenzialmente più remunerativa, in Italia è scoraggiata dagli alti costi di produzione, se paragonati a quelli di altri Paesi, ad esempio del Nord ed Est Europa", sottolinea Maluccio.

 

Il legno come materia prima per l'industria

Il secondo mercato è quello più interessante e riguarda il legno come materiale da costruzione, attraverso la produzione di assi, travi, pannelli, eccetera. Ma anche come materia prima per il settore legno-arredo.

 

Il comparto edilizio italiano richiede ingenti quantitativi di legno utilizzati per le strutture portanti, travi, infissi, serramenti, pavimentazioni, rivestimenti e altri elementi di costruzione. Così come il settore del mobile e dell'arredo, uno dei più importanti a livello industriale in Italia, con un fatturato di 52,7 miliardi. Questa domanda riguarda principalmente legni di alta qualità, pannelli di legno, compensato, Medium Density Fiberboard (Mdf), truciolato e altre tipologie di semilavorati.

 

Più della metà del fabbisogno interno viene soddisfatto dalle importazioni da Paesi come Austria, Germania, Francia, Svizzera, Paesi scandinavi e Paesi dell'Est Europa (come Polonia, Romania, Ucraina). Ci sarebbero dunque ampi margini per valorizzare la risorsa locale.

 

"Se si vuole produrre legno per l'edilizia o l'arredo occorre avere una gestione attenta del bosco, al fine di avere poi una materia prima che sia appetibile per le diverse filiere", specifica Saverio Maluccio. "La prima cosa è dotarsi di un Piano di Gestione Forestale, un documento obbligatorio che deve essere approvato a livello regionale e che consente di pianificare lo sfruttamento sostenibile del bosco".

 

Un Piano di Gestione Forestale è uno strumento tecnico e amministrativo che stabilisce le linee guida e le pratiche per la gestione sostenibile di un'area forestale o di un bosco. Il piano è redatto da un professionista e assicura che l'uso delle risorse forestali avvenga in modo sostenibile, rispettando l'equilibrio ecologico e garantendo la conservazione della biodiversità, la protezione del suolo, la gestione delle risorse idriche e il mantenimento delle funzioni socioeconomiche e culturali del bosco.

 

In estrema sintesi, la selvicoltura prevede prima di tutto un monitoraggio del bosco, per capire quali risorse sono a disposizione. Occorre poi intervenire con diradamenti, eliminando piante malate, in sovrabbondanza o non desiderate, in modo da facilitare i movimenti all'interno del bosco e favorire la crescita delle specie più pregiate, che andranno potate per garantirsi un legname di qualità.

 

Occorre poi prevedere la piantumazione di nuove piante, il controllo delle specie invasive, interventi contro gli incendi e contro alcune tipologie di insetti (come il bostrico). Bisogna poi procedere all'attività di taglio selettivo degli alberi, al trasporto e ad una prima lavorazione.

 

"La gestione del bosco è molto impegnativa, ma può essere remunerativa se l'azienda ha una superficie tale da ammortizzare gli investimenti, che possono anche essere oggetto di aiuti pubblici, ad esempio nell'ambito dei Complementi per lo Sviluppo Rurale", sottolinea Maluccio.

 

Ottenere crediti di carbonio dal bosco

Una fonte di reddito relativamente nuova è invece quella rappresentata dall'emissione di crediti di carbonio. In sintesi, quando un albero cresce assorbe anidride carbonica sottraendola dall'atmosfera. Questo sequestro ha un impatto positivo sul clima, in quanto la CO2 è il principale gas ad effetto serra.

 

L'agricoltore che gestisce il bosco in modo sostenibile, con attività che vanno oltre a quelle previste dalla normativa vigente, in un'ottica di carbon farming o che destina a rimboschimento una parte dei suoi terreni, può vedersi riconosciuti dei crediti di carbonio, dei titoli che può rivendere sul mercato, ad esempio a quelle aziende che intendono compensare le proprie emissioni. Per accedere a questa opportunità gli agricoltori devono affidarsi ad un ente di certificazione, che provvede al monitoraggio delle attività e all'emissione dei crediti di carbonio.

 

"Il Crea sta lavorando proprio all'istituzione di un Registro Pubblico dei Crediti di Carbonio al fine di incentivare la crescita del settore e stabilire un clima di fiducia tra chi produce i crediti e chi invece li acquista", spiega Maluccio. Benché l'emissione di crediti forestali sia una pratica in vigore da diversi anni, il prezzo di vendita è oggi molto basso e dunque non rappresenta un forte elemento di attrazione.

 

Bosco e multifunzionalità: aprire l'azienda alla comunità

Il quarto aspetto riguarda la multifunzionalità e qui l'unico limite è la fantasia dell'agricoltore. Specialmente tra le persone che vivono nei centri urbani c'è voglia di contatto con la natura e questo bisogno può essere soddisfatto in vari modi. "Negli ultimi anni abbiamo visto un fiorire di iniziative che permettono agli agricoltori di diversificare le fonti di reddito, sfruttando una risorsa altrimenti inutilizzata, il bosco", conclude Saverio Maluccio.

 

Ecco alcune delle attività possibili:

  • Sentieri naturalistici: realizzare percorsi pedonali o ciclabili all'interno del bosco, segnalati con cartellonistica che descriva le specie vegetali, la fauna selvatica, le caratteristiche geologiche e altri elementi di interesse. Questi percorsi possono essere utilizzati per passeggiate, escursioni, birdwatching e altre attività naturalistiche.
  • Attività sportive: sfruttare il bosco per attività sportive come mountain biking, trail running o orienteering, creando percorsi appositi e coinvolgendo associazioni sportive locali. Si possono anche organizzare escursioni guidate per gruppi o singoli, promuovendo attività come il trekking, il nordic walking o le passeggiate naturalistiche.
  • Aree per picnic e relax: allestire aree attrezzate per picnic con tavoli, panche e punti fuoco sicuri, che possano essere utilizzate da famiglie e gruppi per passare giornate all'aria aperta.
  • Organizzazione di eventi tematici: organizzare eventi periodici come mercati dei prodotti locali, festival della natura, giornate di sensibilizzazione ambientale o eventi culturali (teatro nel bosco, concerti acustici, letture). Questi eventi possono attirare visitatori e promuovere la conoscenza e l'apprezzamento del bosco.
  • Workshop e laboratori: offrire workshop e laboratori pratici su temi legati alla natura e all'ambiente, come l'uso delle piante medicinali, il riconoscimento degli alberi, la costruzione di nidi per uccelli o la fotografia naturalistica.
  • Programmi di educazione ambientale: collaborare con scuole e organizzazioni educative per creare programmi di educazione ambientale che includano visite guidate, lezioni all'aperto, attività pratiche e laboratori di ecologia, botanica, selvicoltura, eccetera.
  • Agriturismo e alloggio nel bosco: se il contesto lo permette, creare strutture di agriturismo che offrano alloggio e ristorazione a base di prodotti locali, proponendo esperienze immersive nel bosco come passeggiate guidate, raccolta di funghi o erbe spontanee, birdwatching, eccetera.
  • Raccolta di funghi, tartufi, bacche e piante officinali: promuovere la raccolta sostenibile di prodotti forestali non legnosi (come funghi, tartufi, bacche, piante officinali, miele di bosco) attraverso licenze o autorizzazioni per i cittadini interessati. Questa attività può essere accompagnata da eventi o corsi sulla raccolta responsabile e sulle proprietà dei prodotti.