Il concetto di "difetto" soffre di profonde ambiguità.

Quando declinato in termini strutturali il "difetto" potrebbe essere definito come una qualunque caratteristica in grado di aumentare la propensione dell'albero a manifestare cedimenti strutturali in condizioni di sollecitazione ordinaria.

Per quanto formalmente corretta, questa definizione è di scarso aiuto nella quotidiana pratica diagnostica.

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L'inclinazione del fusto è forse un difetto? E la presenza di cavità? Che dire, poi, di cretti, fratture e fessurazioni? Per non parlare del sollevamento della zolla…

Il problema è che, quando noi osserviamo un esemplare ancora "in piedi", ma afflitto da questi "difetti", finiamo comprensibilmente per essere vittime di una presunzione di instabilità o, meglio, di un pregiudizio diagnostico correlando linearmente la magnitudo e l'evidenza del presunto "difetto" con le sue conseguenze.

 

In assenza di una solida base clinica - quali e quanti alberi cadono, come cadono e con quali evidenze sintomatologiche - questi processi mentali sono tuttavia solo errori logici.

 

E gli alberi spesso stanno lì a dimostrare le nostre false convinzioni.

 

Nella foto un pino d'Aleppo segnato da una serie di fratture in torsione nella parte mediana del fusto, associate alla significativa inclinazione di quest'ultimo.
Un esame ravvicinato delle lesioni - ovvero dei margini riparativi cambiali - evidenzia come il cedimento risalga a circa sette anni fa; ciò significa che, dopo la lesione, il pino è sopravvissuto ad almeno due nevicate eccezionali (siamo ad Atene...) e ad una grave tempesta di vento, cui non sono sfuggiti tanti suoi consimili apparentemente ben più... "robusti".

 

Cosa dovremmo dedurne?

Forse che quei "difetti" al fusto non sono tali?

Che si tratta di un pino fortunato?

Oppure che abbiamo ancora molto da imparare?

 

Ed ecco il punto: se vogliamo esercitare la valutazione di stabilità degli alberi con competenza e professionalità, se vogliamo tutelare seriamente la pubblica incolumità (ammesso e non concesso che sia realmente minacciata dagli alberi) e se, soprattutto, non vogliamo tagliare inutilmente tanti, troppi esemplari, abbiamo bisogno di ricerca seria e competente.

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Per dire che il pino ha un "difetto" al fusto non serve un professionista del settore, ma per stabilire se quel "difetto" avrà delle conseguenze per l'albero che lo manifesta ci vuole un arboricoltore!
Uno bravo.


"L'inclinazione del fusto è forse un difetto?"

Bene, se lo fosse allora questo "difetto" dovrebbe rapidamente condurre al cedimento progressivo e definitivo dell'esemplare, tanto più rapido quanto più l'inclinazione è accentuata: la forza di gravità non è un'opinione!

 

Eppure gli alberi della gravità (e delle nostre opinioni) se ne fregano...
Soprattutto i pini che, ben determinati a sfuggire ai luoghi comuni che li vorrebbero intrinsecamente "fragili", quasi un inciampo dell'evoluzione, sono capaci di virtuosismi inarrivabili.

 

Pinus halepensis ad Atene, Grecia

Pinus halepensis ad Atene, Grecia

(Fonte: Giovanni Morelli, Associazione Pubblici Giardini)

 

Nell'immagine un pino d'Aleppo (specie campione di equilibri impossibili) che, frequentando professionalmente la Grecia da diversi anni, chi scrive ha sempre visto così, quasi parallelo alla superficie del suolo.

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Torniamo dunque all'inizio: "L'inclinazione del fusto è forse un difetto?"
O, invece, è solo una caratteristica, oppure addirittura, un'opportunità?

Non resta molto da aggiungere...

 

Giovanni Morelli, Associazione Pubblici Giardini, Delegazione Emilia Romagna


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