L'aggregazione, in diverse forme, è l'ancora a cui aggrapparsi nei momenti difficili. È uno dei concetti che ha guidato come un filo rosso l'evento "Gestione aziendale e programmazione territoriale in agricoltura" organizzato da Federazione Italiana Dottori in Agraria e Forestali (Fidaf) e Accademia dei Georgofili e che si è tenuto il 21 novembre scorso a Firenze.

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Una delle relazioni puntava in particolare sulle reti d'impresa, strumento che esiste da più di un decennio ma che ancora non è abbastanza utilizzato dalle aziende agricole.

 

A spiegare caratteristiche e vantaggi di questo particolare tipo di aggregazione c'era l'avvocato Maria Cristina D'Arienzo (Confagricoltura). "Le reti di coordinamento nascono già nel 2009 come un accordo fra due o più imprese, un patto di collaborazione, per innovare e competere. È una forma di collaborazione che non conosce limiti sotto il profilo normativo, possono partecipare imprese di diversi settori e aree geografiche", ha detto con grande entusiasmo l'avvocato. "I paletti sono pochissimi - ha continuato - occorre essere un'impresa, avere un progetto comune di sviluppo con le altre che andranno a far parte della rete, un programma comune con obiettivi specifici e strategici".

 

Le aziende, quindi, collaborano, come dice proprio la norma, si scambiano informazioni o prestazioni, esercitano in comune attività economiche per diventare, tutte, più competitive e innovative. "Da un contratto di rete poi si entra e si esce, sono le imprese stesse a stabilire come entrare e come uscire", ha specificato.

 

Nel 2009 (Legge 33/2009, Decreto Legge 5/2009) le reti d'impresa sono state introdotte nel nostro ordinamento, nel 2014, però, con il Decreto Legge 91/2014 e la Legge 116/2014 sono state create le reti d'impresa agricole. "Ci sono pochi paletti - ha detto Maria Cristina D'Arienzo - le imprese scrivono il progetto, negoziano in autonomia, si danno con uno statuto un'organizzazione, decidono il tipo di governance che governerà l'organizzazione. Certamente è un contratto, perché dentro la rete c'è reciprocità di diritti e di obblighi, ma è soprattutto un'organizzazione evoluta, che oggi si affianca alle altre forme di aggregazione. Possiamo accostare le reti alle Op, ma non le sostituiscono. Spesso le reti d'impresa agricola sono un banco di prova per testare la collaborazione e poi arrivare a una Op o a un consorzio o a una società di capitali".

 

Il contratto di rete agricola presuppone che tutte le aziende partecipanti siano aziende agricole, singole e associate (come definite all'articolo 2135 Codice Civile), si integrano le rispettive attività e risorse, si condividono quindi i mezzi di produzione, compresi i terreni, pur mantenendo la propria autonomia giuridica. La rete agricola può essere formata da sole aziende agricole piccole e medie, che occupano quindi meno di 250 persone e che non superano i 50 milioni annui di fatturato. L'obiettivo della rete agricola è il prodotto agricolo comune che viene ripartito in natura fra i membri. Le aziende esercitano in comune l'attività sulla base del programma di rete che si sono date e al fine di ottenere il prodotto agricolo che poi ciascun membro, a seconda delle quote stabilite inizialmente, acquisisce "a titolo originario". Ciò significa che il prodotto è come se fosse stato ottenuto proprio dalla singola azienda retista. Non c'è quindi alcun trasferimento da un'azienda all'altra, con ciò che ne consegue a livello fiscale.

 

Quali dunque i vantaggi di un'organizzazione di questo tipo? Li ha riassunti ancora l'avvocato Maria Cristina D'Arienzo. "Senz'altro si possono cogliere opportunità di mercato. Si può commercializzare assieme, vendere un prodotto assieme in Italia o all'estero. Lo si può fare in diversi modi, o ognuno fattura il proprio prodotto oppure si dà mandato a un'altra delle aziende della rete di vendere il prodotto. C'è poi la possibilità di assunzioni congiunte. Si assumono congiuntamente i lavoratori che poi circolano all'interno della rete. Attenzione però, l'assunzione deve seguire il progetto di rete. Le aziende possono assumere assieme i lavoratori ma questi devono lavorare sul progetto che le imprese hanno deciso di fare assieme".