Si salvano i bovini (per il momento), ma per avicoli e suini si preparano tempi difficili.

Anche gli allevamenti di modeste dimensioni dovranno infatti sottostare alle regole ambientali previste per le grandi industrie, come quelle minerarie, siderurgiche, chimiche, cartarie e non solo.

Lo prevede una direttiva comunitaria della quale si discute da tempo in vista di una revisione delle regole antinquinamento, nel solco della lotta ai cambiamenti climatici.

 

Innegabile l'importanza delle finalità delle decisioni del legislatore europeo, più discutibile la strada intrapresa che pur escludendo i bovini allarga tuttavia il perimetro degli allevamenti di suini e di galline ovaiole che dovranno attrezzarsi come fossero un'acciaieria o peggio.

 

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I settori regolamentati dalla Direttiva Emissioni e le loro dimensioni

(Fonte: Commissione Europea, portale europeo sulle emissioni industriali)


L'accordo

Le nuove regole sono il frutto di un lungo lavoro di preparazione, sul quale AgroNotizie® ha già avuto modo di soffermarsi, e che ora sta giungendo a conclusione dopo l'intesa raggiunta dal "Trilogo" europeo.

L'intesa, per il momento informale, ma condizionante, è stata raggiunta nel recente incontro fra i rappresentanti del Parlamento, del Consiglio e della Commissione europea che compongono il "Trilogo".

Dunque esclusione dei bovini, anche sulla base delle recenti evidenze scientifiche sul loro reale impatto ambientale, ma limiti più stringenti per i suini.

Per questi ultimi si è scelto di includere gli allevamenti con più di 350 "Uba", acronimo di "Unità Bestiame Adulto" che consente di uniformare fra loro animali anche di specie diverse.

 

Tradotto in pratica, il nuovo parametro sposta a 1.200 capi suini il limite sopra al quale scattano le nuove regole sulle emissioni. In precedenza questo limite era fissato a 2.000 capi.

Situazione analoga per le galline ovaiole che saranno considerate al pari di un'impresa siderurgica quando superano i 21.500 capi.

 

Sembrano numeri importanti, ma sia nel caso dei suini sia delle ovaiole si tratta di allevamenti dalle dimensioni normali, persino modeste.

Restano invece immutati i parametri fissati per gli allevamenti di polli da carne, che escludono dall'applicazione della direttiva gli allevamenti con meno di 40mila capi.

 

Decisione temporanea

Pur criticando la "stretta" per gli allevamenti di suini e quelli avicoli, c'è un generale apprezzamento da parte del mondo produttivo per l'esclusione degli allevamenti di bovini dall'applicazione delle nuove regole.

Ma è bene ricordare che si tratta di una decisione temporanea, destinata a tornare in discussione nel 2026.

Per quella data ci si augura che il legislatore europeo possa prendere coscienza del ruolo che l'allevamento bovino svolge nel presidio del territorio e della sua valenza nel ridurre l'impatto ambientale grazie a un'impronta carbonio che può essere negativa.

In altre parole la filiera dell'allevamento bovino è in grado di sequestrare più biossido di carbonio di quanto ne venga emesso, come evidenziato recentemente anche da AgroNotizie®.

 

I tempi e le sanzioni

Le modifiche alla "Direttiva Emissioni" non saranno applicate immediatamente. L'accordo raggiunto dal Trilogo andrà sottoposto ai rappresentanti degli Stati membri in seno al Consiglio e alla Commissione ambiente del Parlamento Europeo.

Poi bisognerà attendere la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Europea.

 

Un iter che probabilmente si concluderà entro la prossima primavera. Poi tutta la materia sarà ridiscussa a partire dal 2026, quando si prenderà nuovamente in esame l'opportunità o meno di includere gli allevamenti di bovini nella Direttiva.

Dopo altri due anni, e quindi nel 2028, ci sarà un'ulteriore rivalutazione dell'intera materia.

Nel frattempo è bene prendere nota che per gli inadempienti sono previste sanzioni che saranno pari al 3% del fatturato.

 

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