Eravamo rimasti, nel precedente articolo 'I fuchi nel piatto (parte prima)', alla stima delle potenzialità produttive di covata di fuchi destinabile all'alimentazione umana.

Resta da vedere come gestire e utilizzare (e quindi anche cucinare) questa covata, cosa non certo banale, ma a cui i ricercatori danesi dell'Università di Copenaghen hanno cercato di dare una risposta.

E lo hanno fatto con un'altra pubblicazione sempre sul Journal of Apicultural Research dal titolo 'Standard methods for Apis mellifera brood as human food', realizzata in collaborazione con dei colleghi israeliani.

Così sono andati ad elencare e descrivere prima tutte le procedure analitiche utilizzabili per valutarne le caratteristiche nutrizionali e poi i metodi che si possono seguire per raccogliere, estrarre, conservare e utilizzare la covata maschile (e non solo), compresi i possibili usi in cucina.
 

Tipi di analisi

Riguardo alle procedure analitiche, l'articolo riporta nel dettaglio tutte le procedure di laboratorio per valutare le caratteristiche nutrizionali, il contenuto di carboidrati, lipidi, proteine e ceneri, la composizione amminoacidica, la composizione e il contenuto di acidi grassi, il contenuto di vitamine, di sali minerali e di eventuali principi antinutrizionali e il valore energetico. Sono riportate anche alcune metodologie sulle possibili analisi sensoriali.
 

Raccolta 

Nell'articolo si pensa a tutto, innanzitutto che età di covata prelevare. Il massimo del peso di biomassa si raggiunge al momento dell'opercolatura, poi nella fase di pupa si ha un calo di peso e un amento del contenuto in chitina che rende la covata più dura e meno apprezzabile al palato.
Quindi l'età consigliata per la raccolta è dall'ultima fase larvale allo stadio di pupa a occhi rosa, più o meno dal momento dell'opercolatura fino a 160 ore dopo.

La covata deve essere asportata assieme al pezzo di favo che la contiene, prelevandola in periodi lontani dai trattamenti per evitare contaminazioni, e trasportata in laboratorio in un'arnia pulita o in contenitori per alimenti a temperatura ambiente per mantenerla viva.


Stoccaggio

Appena arrivati a destinazione i pezzi di favo è bene che siano messi in buste per alimenti e congelati a -18°C/-20°C dopo aver scritto la data di raccolta su ogni sacchetto.
 

Estrazione della covata

La covata deve essere poi estratta dalla cera per poter essere utilizzata. Per farlo ci sono diverse possibilità.

L'estrazione della covata intera a -20°C. Si preleva dal congelatore un pezzo di favo per volta e si rompe la cera con le mani in un contenitore pulito, raccogliendo le singole larve o pupe con una pinzetta e riponendole in un altro contenitore o in una busta per ricongelarle, avendo cura di fare l'operazione in cinque minuti, ricongelando la covata pulita prima che si scongeli.

Estrazione della covata in azoto liquido. Il metodo ha il vantaggio di lavorare a temperature sempre molto basse e poter lavorare anche più pezzi di favo assieme, anche se trovare e conservare l'azoto liquido non è facile né economico. Comunque si mettono i pezzi di favo in un contenitore, si versa azoto liquido e si lasciano raffreddare per circa venti secondi, per poi sminuzzare tutto con le mani (con i guanti adatti all'uso per evitare ustioni) agendo con la dovuta delicatezza per non rischiare di rompere le pupe che sono più fragili delle larve.

Estrazione del succo di covata tramite spremitura. In questo caso si lavora con covata fresca o scongelata spremendo il tutto in un colino in acciaio e raccogliendo il succo in un contenitore di plastica o di acciaio. Il succo poi può essere usato o congelato, se si è usata covata fresca, o usato subito se si è usata covata scongelata. In ogni caso bisogna essere molto rapidi per evitare che il succo si ossidi.


In cucina

E poi, finalmente, si passa in cucina. L'articolo non riporta proprio le ricette complete, con dosi ingredienti ecc., ma descrive i vari modi in cui la covata può essere cucinata, riportando sia eventuali piatti tipici orientali sia le preparazioni di Ranee Udtumthisarn, una cuoca tailandese che ha aperto un suo ristornante in Danimarca e al Nordic food lab dell'Università di Copenaghen.

Lessi o al vapore. Questi tipi di cottura, se fatti alla giusta temperatura, rendono la covata morbida e compatta, facendone uscire note vegetali e di nocciola. Il piatto proposto è stato in questo caso una zuppa tipica del Nord della Thailandia con bambù fermentato, uova di formica e/o covata di api, oppure una insalata di pollo con uova strapazzate, verdure e larve.

Fritti, arrosto o essiccati. Queste preparazioni portano a una consistenza solida e croccante, facendo uscire con note di carne, pancetta e funghi e possono essere usate come granella per guarnire passati e vellutati di verdure. Inoltre con la covata essiccata si può fare della farina, macinandola anche con un frullatore, per aggiungerla a impasti o per insaporire brodi e minestre.

Al limone. La cosiddetta cottura al limone è usata per fare carpacci di carni e di pesce anche in Italia, qui è stata proposta per abbinare la covata al ceviche, un carpaccio di frutti di mare tipico della cucina sudamericana, in particolare del Perù.

Fermentati. Un altro modo di usare la covata è quello di farne un fermentato, usando sale e il fungo Aspergillus oryzae. Si ottiene così una salsa dal tipico gusto umami, simile alla salsa di soia. Il procedimento infatti è analogo e va a sfruttare la covata come frazione proteica al posto delle proteine della soia, e poi può essere usata come condimento su varie preparazioni.

Questo è quanto. Per chi volesse già provarli, qui ci sono i contatti del ristorante Ranee's a Copenaghen.