Se poi il nuovo prezzo verrà adottato alla scadenza dell’attuale contratto, cioè col prossimo 1° febbraio (come è molto probabile), oppure se soppianterà le ultime settimane dell’accordo siglato alla fine di luglio è troppo presto per dirlo. Fatto sta che alla fine anche il ministero ha deciso di accelerare.
La “guerra” del latte, d’altronde, si stava combattendo su fronti diversi e non solo sul piano istituzionale.
Fin dall’inizio e non è mai stato un mistero, gli allevatori si sono spaccati sui 42 centesimi al litro sottoscritti lo scorso luglio dalle rappresentanze lombarde di Confagricoltura e Cia hanno siglato alla fine di luglio con Italatte.
Coldiretti e Copagri decisero infatti di sfilarsi dalle trattative di fine agosto, giudicando troppo bassa la cifra indicata dall’accordo interprofessionale.
Ma questa è storia, con l’appendice dell’intesa piemontese siglata tra Inalpi-Ferrero e Compral Latte (realtà legata a Ue.Coop, la centrale cooperativa di Coldiretti) a 40,7 centesimi e le critiche del presidente della Libera di Cremona, Antonio Piva, delegato nazionale alla zootecnia di Confagricoltura.
È invece recentissima la notizia che un gruppo di allevatori di Copagri Lombardia e Apl Pianura Padana hanno firmato contratti a medio termine a non meno di 45 centesimi, “interrompendo e risolvendo consensualmente tutte le forniture a quei caseifici che pagavano 42 centesimi”, dichiara il presidente Roberto Cavaliere. “Non stiamo parlando di latte spot – precisa – dove addirittura possiamo raggiungere e stiamo ottenendo 49-50 centesimi al litro”.
Dopo un agosto bollente, spiega il suo presidente, “Copagri è riuscita a distogliere un quantitativo di circa 3mila quintali di latte al giorno da acquirenti che pagavano 42 centesimi per dirottarle a trasformatori dell’area Grana padano e Gorgonzola, ma anche ad una importante realtà dell’Italia meridionale che produce in esclusiva per la grande distribuzione organizzata formaggi freschi (scamorza, mozzarella, burrata)”. Il prezzo, ripete Cavaliere, “da settembre è stato formalizzato fra i 44 e i 46 centesimi, oltre a Iva e qualità, con tempistiche di pagamento allineati a quanto disposto dall’articolo 62”.
Non è escluso, però, che col prossimo gennaio una parte di quel 20% del latte lombardo in quota Copagri valichi il Brennero. “C’è molta fibrillazione dopo la richiesta della Cina di latte in polvere, soprattutto dalla Germania – racconta Cavaliere – e siccome già nel 2007 avevamo venduto il nostro latte in Germania, non escludiamo che, proprio per l’apertura del canale di export verso la Cina non diventi economicamente più vantaggioso esportare dall’Italia verso la Baviera il nostro prodotto”.
Secondo il Rapporto agricolo di breve termine della Commissione europea, gli analisti ipotizzano che l’accresciuta disponibilità di latte possa sostenere le opportunità mondiali di esportazioni, in modo particolare per i prodotti caseari. Eurostat, inoltre, sottolinea che l’export di formaggio Ue è cresciuto del 54% negli ultimi 10 anni.