I risultati sono assimilabili a quelli ottenuti con lotta chimica, con il vantaggio di non calpestare la coltura, poter intervenire anche in condizioni meteo sfavorevoli e con terreni ancora umidi. Stiamo parlando di un nuovo metodo per combattere la piralide del mais, fitofago che infesta le colture che gli imprenditori agricoli conoscono bene: l'utilizzo di droni appositamente attrezzati per la lotta biologica al parassita.

Beta Italia, società con sede nel ferrarese, che si occupa di ricerca in agricoltura, ha organizzato con il patrocinio di Expo una dimostrazione pratica dell'utilizzo di droni nell'ambito del progetto "Crop for planet", un campo dimostrativo allestito a Sant'Angelo Lodigiano. Il campo ha lo scopo di rendere evidente come l'agricoltura moderna possa offrire soluzioni sostenibili alle necessità alimentari mondiali e di illustrare come la sinergia fra genetica, nutrizione e protezione delle piante possa massimizzare le produzioni nel rispetto dell'ambiente.

Droni contro la piralide
L'idea è quella di combattere la piralide con il suo diretto antagonista, il Trichogramma brassicae, un vespide che depone le uova all'interno di quelle della piralide, o verme del mais, e che svolge il suo intero ciclo, da uovo ad adulto, parassitizzando l'uovo ospite. Il drone, pilotato da operatori riconosciuti Enac, sorvola il campo da trattare sganciando sul raccolto capsule in cellulosa biodegradabile che contengono femmine di Trichogramma.
Fondamentale è individuare il momento giusto in cui operare – ci ha raccontato Francesco Alessandrini, ideatore del metodo e agronomo che lavora per Koppert - Noi infatti utilizziamo i bollettini di colture erbacee incrociando i dati con i risultati delle trappole precedentemente piazzate allo scopo di individuare il momento esatto dell'ovatura”.
Il costo dell'utilizzo del drone a ettaro nella lotta alla piralide è al momento leggermente superiore a quello del trattamento chimico, ma ha il vantaggio di non danneggiare le tubature dell'irrigazione. Inoltre è un metodo a residuo zero, non inquina cioè le derrate con principi attivi chimici. La diffusione del nuovo metodo, a luglio 2015, è ancora irrisoria ma “chi ha provato – ha continuato Alessandrini – ci conferma l'incarico e ripete l'esperienza”. Il metodo porta all'abbattimento della popolazione della piralide fino all'80%, ad oggi è utilizzato su circa un migliaio di ettari.


Il campo dimostrativo
A proposito di mais, proprio questa coltura è una di quelle coltivate al campo dimostrativo allestito nell'ambito del progetto "Crop for Planet", assieme a soia, sorgo e girasole. Sono state piantate 12 parcelle di mais divise in tre gruppi in modo da avere un diverso approccio in fatto di difesa, diserbo e nutrizione.
Sono piante di diverse varietà, quindi con genetica differente – ha raccontato Giuseppe Ciuffreda, agronomo di Beta Italia – Uno degli esperimenti che stiamo facendo qui è quello di capire a che distanza il polline di una varietà di mais riesce a viaggiare e a impollinarne un'altra. Una delle varietà piantate è infatti a granella giallo arancio acceso. Se a settembre scopriremo pannocchie giallo arancio acceso presenti anche in altre parcelle, la più lontana è a 250 metri, sapremo che il polline può viaggiare fino a quella distanza”.
Si vuole così determinare la capacità di spostamento del polline in modo che in futuro, dopo prove scientifiche ripetute, si possa scoprire con precisione la distanza di sicurezza fra eventuali colture Ogm e non Ogm.