Oltre alla pera e alla pesca, c'è anche la carota nella lista dell'ortofrutta made in Italy più penalizzata da questa fase di allineamento normativo, che dovrebbe durare come minimo altri 2 o 3 anni. Nel 2012 e nel 2013, Francia e Spagna, su decisione dei rispettivi ministeri dell'Agricoltura, hanno infatti concesso l'uso eccezionale sulla carota dell'1,3-dicloropropene, noto fumigante impiegato per la difesa dai nematodi del suolo e revocato ormai da oltre due anni. Le decisioni dell'Italia per il medesimo periodo hanno visto invece i tre ministeri competenti (Salute, Agricoltura ed Ambiente) prendere la strada opposta negando l'uso eccezionale di questa sostanza attiva.
L'ultimo "sì" dell'Italia alla carota risale a luglio 2011 e ha riguardato il periodo compreso tra il 13 luglio il 9 novembre 2011. La vera preoccupazione deriva però dal fatto che le alternative all'1,3-D testate sinora dai produttori mondiali non hanno dato risultati incoraggianti.
Di fatto, dunque, sono due anni che le carote made in Italy vengono penalizzate dalla scarsa sensibilità del sistema italiano, e primi a rimetterci sono gli stessi produttori che faticano a mantenere standard adeguati di qualità, condizione fondamentale per spingere l'esportazione del prodotto. Per di più lo scenario produttivo della carota italiana non è dei migliori, avendo perso oltre 1 milione di quintali tra il 2006 e il 2013.
Il presidente del settore ortofrutticolo di Fedagri-Confcooperative Davide Vernocchi ci ha confermato quello che succede in Italia: "rischiamo di perdere la coltura per un problema di natura fitoiatrica. In tutti i territori vocati dell'Italia si buttano via campi di carote perché non si può utilizzare l'1,3-D. Vogliamo essere competitivi al pari con gli altri Paesi. Così non si salvaguardia nemmeno il consumatore!".
Di fronte all'assenza di soluzioni chimiche efficaci, auspico che i tre ministeri competenti quest'anno possano ragionevolmente concedere la deroga all'1,3-D. Allo stesso tempo, il sistema Italia dovrebbe poi muoversi con forza e in maniera strutturata per sollecitare l'Ue a completare nel più breve tempo possibile l'armonizzazione sulle autorizzazioni al commercio e all'impiego degli agrofarmaci.
Le opportunità commerciali dei vari Paesi non possono infatti continuare a vertere sulle già innumerevoli differenze riguardanti la sicurezza ambientale e le specifiche tecniche per la riduzione degli impatti sull'ambiente. Il rischio è che nell'Ue si alimenti un mercato nero: per esempio, un produttore italiano potrebbe legalmente trovare l'1,3-D in Francia o Spagna ed utilizzarlo nei propri campi.
Due sono le strade da seguire: dare a tutti pari opportunità oppure protendere ad una revoca definitiva e comune per tutti i Paesi di ogni macro area.
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Fonte: Italiafruit