Lo scorso 20 settembre è stata pubblicata la Direttiva (UE) 2023/1791 sull'Efficienza Energetica, che rappresenta un aggiornamento alla Direttiva 2012/27/UE (detta Eed, Energy Efficiency Directive nel gergo euroburocratese).
Lo scopo generale è regolamentare un concetto che può sembrare lapalissiano, ma che spesso viene ignorato perfino dai tecnici addetti ai lavori: la miglior fonte di energia rinnovabile è l'energia risparmiata. Quindi la priorità degli interventi energetici in tutti i settori, e di conseguenza degli investimenti e delle sovvenzioni pubbliche, dovrebbe essere assegnata all'aumento dell'efficienza energetica, indipendentemente da quale sia la sua fonte.
La Direttiva in questione stabilisce dunque i settori nei quali gli Stati membri dell'Unione Europea devono adottare provvedimenti per incentivare l'efficienza energetica ed i termini per farlo.
In questo articolo presentiamo un riassunto del corposo documento legislativo (111 pagine) dal punto di vista delle possibili ricadute sul comparto agricolo.
Il contesto
La Commissione Europea ha annunciato un pacchetto legislativo volto a ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 (Pacchetto "Pronti per il 55%").
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L'obiettivo finale è realizzare un'Unione Europea climaticamente neutra entro il 2050. Il Pacchetto copre una serie di settori strategici, tra cui l'efficienza energetica, le energie rinnovabili, l'uso del suolo, il cambiamento d'uso del suolo e la silvicoltura, la tassazione dell'energia, la condivisione degli sforzi e lo scambio di quote di emissioni.
L'aumento dell'efficienza energetica è ritenuto particolarmente importante per la sicurezza dell'approvvigionamento di energia dell'Unione, in quanto riduce la dipendenza di quest'ultima dalle importazioni di combustibili da Paesi terzi. L'efficienza energetica è una delle misure più pulite ed economicamente efficaci con cui affrontare tale dipendenza. I trasporti e l'edilizia consumano ciascuno circa il 30% dell'energia prodotta in Europa. Le tecnologie informatiche (dai nostri telefonini fino ai grandi centri di elaborazione dati e telecomunicazioni) consumavano il 2,7% dell'energia elettrica europea nel 2018.
E l'agricoltura come si colloca in questo contesto? La Direttiva non lo quantifica esplicitamente.
La parola "agricoltura" è menzionata solo tre volte nel testo del provvedimento:
- Nel considerando 14: "Il livello maggiore di ambizione richiede una promozione più decisa di misure di efficienza energetica economicamente convenienti in tutti i comparti del sistema energetico e in tutti i settori la cui attività incide sulla domanda di energia, come i trasporti, l'acqua e l'agricoltura".
- Nel comma 6 dell'articolo 2, Definizioni: "consumo di energia finale" o "FEC" (final energy consumption): tutta l'energia fornita per l'industria, i trasporti, compreso il consumo di energia dei trasporti aerei internazionali, le famiglie, i servizi pubblici e privati, l'agricoltura, la silvicoltura, la pesca e gli altri settori di uso finale; sono esclusi il consumo di energia dei bunkeraggi marittimi internazionali, l'energia dell'ambiente e le forniture al settore delle trasformazioni e al settore energetico, nonché le perdite di trasmissione e di distribuzione quali definite all'allegato A del regolamento (CE) n. 1099/2008.
- Nel comma 1b) dell'articolo 3: Principio "l'efficienza energetica al primo posto"
1. Conformemente al principio "l'efficienza energetica al primo posto", gli Stati membri provvedono affinché siano valutate soluzioni di efficienza energetica, comprese le risorse sul versante della domanda e la flessibilità del sistema, nelle decisioni strategiche e di pianificazione e in quelle relative ai grandi investimenti di valore superiore a 100 000 000 EUR ciascuna o a 175 000 000 EUR per i progetti di infrastrutture di trasporto, nei seguenti settori:
a) sistemi energetici; e
b) settori non energetici, ove essi incidano sul consumo di energia e sull'efficienza energetica, come edifici, trasporti, acqua, tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC), agricoltura e finanza.
L'agricoltura viene menzionata indirettamente nel considerando numero 75, relativo al nesso fra risorse idriche ed energia: "È particolarmente importante esaminare il nesso tra acqua ed energia per affrontare la questione dell'uso interdipendente di energia e acqua e la crescente pressione su entrambe le risorse. La gestione efficace delle risorse idriche può contribuire in modo significativo al risparmio energetico, comportando non solo benefici climatici, ma anche economici e sociali. Il settore delle acque e delle acque reflue rappresenta il 3,5% dell'utilizzo di energia elettrica nell'Unione e tale percentuale dovrebbe ancora aumentare. Allo stesso tempo, le perdite d'acqua rappresentano il 24% della quantità totale d'acqua consumata nell'Unione e il settore dell'energia, che rappresenta il 44% dei consumi, è il maggior consumatore di risorse idriche. È opportuno esplorare e realizzare pienamente, ogniqualvolta ciò sia efficace sotto il profilo dei costi, il potenziale risparmio energetico ottenibile ricorrendo a tecnologie e processi intelligenti in tutti i cicli e le applicazioni industriali, residenziali e commerciali dell'acqua, così come è opportuno prendere in considerazione il principio 'l'efficienza energetica al primo posto'. Inoltre, tecnologie di irrigazione avanzate, le tecnologie di raccolta dell'acqua piovana e di riutilizzo dell'acqua potrebbero ridurre in modo sostanziale il consumo di acqua del settore agricolo, edilizio e industriale e la quantità di energia necessaria per trattarla e trasportarla".
Viene altresì considerata la domanda di energia termica nei siti agricoli come candidato per il recupero del calore di scarto nell'Allegato XI Analisi costi-benefici: "Una valutazione dell'uso del calore di scarto prende in considerazione le tecnologie attuali. Prende inoltre in considerazione l'uso diretto del calore di scarto o l'innalzamento del suo livello di temperatura, o entrambe le cose. In caso di recupero del calore di scarto in loco si valuta almeno l'uso di scambiatori di calore, pompe di calore e tecnologie di conversione del calore in energia. In caso di recupero del calore di scarto extra loco si valutano almeno gli impianti industriali, i siti agricoli e le reti di teleriscaldamento come potenziali punti di domanda".
Un vizio di logica ed una contraddizione
Al di là del beneficio evidente di aumentare l'efficienza in ogni attività umana, a prescindere da quale essa sia, sorge spontanea la domanda: come è possibile che nel testo della Direttiva l'agricoltura sia associata a settori notoriamente energivori come i trasporti ed il residenziale? Si può considerare l'agricoltura un'attività energivora?
Dai dati Eurostat deduciamo che l'agricoltura sia annoverata assieme al trasporto aereo ed ai bunkeraggi marittimi nella categoria "altri" (Foto 1), che complessivamente rappresenta solo il 3,6% del totale.
Foto 1: Consumi energetici europei per settore
(Fonte foto: Dati Eurostat 2022, testi in italiano dell'autore)
Quindi, stando ai numeri, ci sarebbero ben altre priorità nella ricerca di opportunità di efficientamento energetico. Per quale motivo allora gli euroburocrati hanno inserito l'agricoltura sullo stesso piano dei trasporti o dei consumi residenziali? Sembra ci sia una contraddizione o quanto meno un conteggio sbagliato nel considerando 75 citato prima. Ammesso che l'incidenza del settore acque sia del 3,5% del consumo energetico totale, e poiché il 44% del consumo idrico è imputabile al comparto energetico, quest'ultimo consuma dunque l'1,54% dell'energia totale, ma questa è già conteggiata sotto la voce "Industria". L'1,96% del consumo restante è da imputare all'insieme rappresentato dall'agricoltura e dal settore del trattamento acque residenziali ed industriali. Non sembra che siano state pubblicate statistiche più accurate, ma è difficile credere che l'agricoltura posso consumare più acqua - e quindi più energia - delle centrali di pompaggio, potabilizzazione e trattamento reflui delle città.
Anche l'Eurostat sembra non aver dati aggiornati. La Foto 1 rappresenta la situazione del 2021, dalla quale possiamo stimare che l'agricoltura incida per meno del 3% sul consumo totale. La pagina Eurostat dedicata al consumo energetico agricolo forestale nell'Ue riporta che l'agricoltura incide per il 3,2% dei consumi europei, ma i dati si riferiscono al 2019-2020. Poiché l'agricoltura non si vide fermata dal covid-19 come le altre attività, è chiaro che l'incidenza percentuale sui consumi è stata più alta del solito.
Per poter definire politiche che impatteranno sulle aziende agricole, sarebbe auspicabile che i legislatori si basassero almeno su dati aggiornati, o quanto meno non di anni "anomali" come quelli della pandemia. Inoltre, c'è una grande disparità di incidenze percentuali del consumo agricolo fra Paesi: dall'energivora Olanda (9% del consumo energetico nazionale) all'estensiva Slovacchia (1,4%). L'Italia si piazza leggermente sotto la media europea con un 2,7% (dati 2020 da questa pagina).
I dati Eurostat sembrano inoltre contraddire il preconcetto sul consumo energetico irriguo espresso nella Direttiva sull'Efficienza Energetica. Escludendo l'uso "non energetico" del gas naturale come materia prima per produrre fertilizzanti, il 56% del consumo energetico agroforestale europeo è rappresentato dai prodotti petroliferi. Questo aspetto è davvero preoccupante se consideriamo che i prodotti petroliferi incidono "solo" sul 36% dei consumi degli altri settori. In altre parole: l'agricoltura europea dipende più fortemente dal petrolio, e quindi è più vulnerabile rispetto alle altre attività economiche.
La disparità fra Paesi è comunque enorme anche su questo argomento, come evidenziato nella Foto 2. L'Italia è fra i Paesi più dipendenti dal petrolio, con il 71% del consumo energetico agricolo rappresentato dal carburante.
Figura 2: Incidenza dei diversi vettori energetici sul consumo totale di energia nel comparto agricolo per Paese, dati 2021
(Fonte foto: Eurostat, testi in italiano dell'autore)
Vedendo i numeri ufficiali dell'Eurostat sembra quanto meno bizzarro che i redattori della Direttiva sull'Efficienza Energetica abbiano deciso di annoverare l'agricoltura fra i settori prioritari da migliorare, e nella fattispecie abbiano specificatamente indicato il consumo energetico dell'irrigazione, che sembra essere irrilevante in quasi tutti i Paesi, o comunque già computato nel consumo di carburante o nel consumo elettrico.
Vizio di logica, o logica viziata dalla stessa ideologia ambientalista che accusa il comparto agricolo di essere fra i principali responsabili del cambiamento climatico?
Qui lo dico e qui lo nego
Dal punto di vista dell'analisi logica l'articolo 3 è nullo perché contiene un'affermazione e la sua negazione: il titolo è "Efficienza energetica al primo posto", ma il comma 2 lascia intendere che non ci sia alcuna priorità: "Entro l'11 ottobre 2027, la Commissione effettua una valutazione delle soglie di cui al paragrafo 1, con l'obiettivo di una revisione al ribasso, tenendo conto dei possibili sviluppi nell'economia e nel mercato dell'energia. Entro l'11 ottobre 2028 la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio, corredata, se del caso, di proposte legislative".
Quindi, nella pratica Bruxelles si prenderà ben cinque anni per definire "se del caso" come e in quale misura gli Stati membri dovranno legiferare per promuovere qualcosa che pomposamente dichiara così importante da essere "al primo posto".
Riflessione finale: fra il Regolamento (CE) n. 1234/2007 che definisce le norme di commercializzazione delle banane ed il suo Regolamento di Esecuzione (UE) N. 1333/2011 sono trascorsi quattro anni. La Ce dichiara dunque che intende legiferare sulla promozione dell'efficienza energetica in modo meno urgente di quanto fece a quei tempi sulla questione della lunghezza delle banane.