Il progetto Bio4A (Biocarburanti sostenibili per l'aviazione), supportato dal programma Horizon 2020 (Grant agreement n. 789562), oltre a produrre per la prima volta su scala industriale quantitativi significativi (circa 5mila tonnellate) di biojet da lipidi residuali ed impiegarli in voli commerciali, studierà il recupero di terreni marginali aridi nei paesi mediterranei nell'Ue per la coltivazione di materie prime oleaginose finalizzate alla produzione di biocombustibili sostenibili per aviazione.
Coordinato dal Consorzio Re-Cord (Consorzio per la ricerca sulle energie einnovabili) dell'Università di Firenze, il progetto Bio4A avrà una durata quadriennale e si concluderà nel 2022. L'iniziativa europea sarà portata avanti da un Consorzio internazionale composto da partner provenienti da Francia, Olanda, Spagna, Belgio ed Italia: Total, SkyNRG, Centro nazionale spagnolo per le energie rinnovabili (Cener), Camelina company España (Cce), Centro di ricerca comune-Ispra (Jrc) della Commissione europea, ed Eta-Florence, società fiorentina attiva nel settore delle energie rinnovabili dal 1994.
Abbiamo intervistato il professore David Chiaramonti, coordinatore del progetto, il quale ci illustra sulle peculiarità e le possibili ricadute positive per l'agricoltura italiana.
Perché biocarburanti per aviazione e non per autotrazione?
"La decarbonizzazione del trasporto aereo, assieme a quello marittimo, rappresenta un focus specifico delle politiche energetiche europee. Nel 2011 l'Unione europea ha promosso la 'European advanced biofuels flight path initiative', una strategia finalizzata allo sviluppo del mercato dei carburanti sostenibili in aviazione, fissando l'ambizioso obiettivo di produrre 2 milioni di tonnellate di biocarburanti per aerei in Europa entro il 2020. Il progetto Bio4A risponde specificamente al bando 'Enabling pre-commercial production of advanced aviation biofuel' (LCE-202016-2017) del programma di ricerca Horizon 2020".
In cosa si differenzia il biocombustibile per aviazione dal comune biodiesel?
"In questo settore il combustibile di riferimento è il kerosene per aviazione. Mentre il biodiesel è un combustibile ossigenato, contenente cioè ossigeno e per questo limitato al 7% nel livello di miscelazione, in aviazione possono essere utilizzati esclusivamente idrocarburi rispondenti alle specifiche di settore, combustibili che per quanto di origine biologica siano equivalenti al corrispettivo fossile. Il carburante sostenibile per aviazione, detto biojet, dovrà quindi rispettare lo standard internazionale Astm.
A differenza del classico biodiesel (metilestere degli acidi grassi) il biojet che sarà prodotto in Bio4A è chiamato Hefa (Hydrotreated esters and fatty acids), e si ottiene mediante un processo di idrogenazione di lipidi residuali (quali ad esempio olii fritti, grassi animali, ecc.), che verrà attuato presso la raffineria di La Mède, in Francia. La stessa si trova attualmente in fase di conversione ad alimentazione 'bio', per la produzione di diesel rinnovabili. L'esercizio invece in modalità jet non è invece mai stato testato prima, e rappresenta una delle principali innovazioni del progetto".
Una tale produzione non rischia di destabilizzare il mercato dell'olio alimentare? Si sa, il vecchio dilemma food vs. energy…
"Per la parte industriale, il progetto utilizzerà solo lipidi residuali. Bio4A condurrà inoltre un approfondito lavoro di ricerca sul possibile recupero ed impiego dei terreni marginali delle regioni del Mediterraneo a rischio di desertificazione, attraverso la sperimentazione combinata di biochar e compost nel suolo (Nda: si veda Risparmiare acqua e fertilizzanti con il biochar) unito alla coltivazione di Camelina sativa, una coltura adatta al clima secco di tali aree il cui olio può essere impiegato nella produzione di biojet. Producendo biochar e testandone gli effetti anche in combinazione con altri ammendanti, la ricerca mira a sviluppare una strategia economicamente sostenibile a lungo termine, atta ad incrementare la fertilità e la resilienza del suolo al cambiamento climatico, e al contempo punta a sequestrare ed immagazzinare carbonio fisso nel terreno. Questi suoli consentiranno di produrre biocarburante da Camelina sativa con un basso impatto in termini di Iluc (Indirect land use change, cambio indiretto dell'uso del suolo), come allo stato attuale sembra essere indicato nella proposta di nuova direttiva europea sulle energie einnovabili, Redii.
Sulla base dei risultati saranno proposti possibili scenari nell'area mediterranea europea ove poter replicare ed adottare a grande scala questo modello, assieme ad un'analisi Lca (Life cycle assessment) per accertare la sostenibilità".
Il biochar verrà prodotto apposta per migliorare i suoli, o è un sottoprodotto di qualche passaggio della filiera? Perché non è stato considerato anche il digestato o i fanghi, visto che ciò che davvero manca nei suoli del Mediterraneo è materia organica e azoto?
"Nessuna soluzione è esclusa, fermo restando che l'attività sperimentale che potremo condurre in Bio4A dovrà essere necessariamente dimensionata sulla base delle risorse allocate a questa parte del progetto. Il digestato, ad esempio, come i residui agricoli, rientra assolutamente tra le materie prime che vorremmo testare assieme al biochar, ma ve ne sono anche altre possibili (ad es. compost da frazioni agricole di vario genere, o compost da Forsu). Analizzeremo quale soluzione è più percorribile nell'ambito specifico di Bio4A e nei tempi del progetto, ma in principio sono tutte soluzioni possibili e sostenibili e meritano di essere implementate, ciascuna sulla base delle specifiche condizioni locali agroclimatiche, ovviamente".
Per quale motivo si è deciso di puntare sulla coltivazione di Camelina sativa anziché potenziare la raccolta degli olii e grassi esausti?
"Questo non è esatto. Studieremo entrambi, ma a scala diversa. Mentre la produzione industriale di biojet sarà prodotta a partire proprio da lipidi residuali quali ad esempio olii fritti, grassi animali, ecc., la coltivazione di specie selezionate di Camelina sativa sarà condotta in piccoli lotti sperimentali, e sarà una pura fase di studio e ricerca, non condotta su scala industriale, visti i volumi necessari".
Quali ricadute si attendono dal progetto Bio4A?
"Come detto, decarbonizzare il trasporto aereo è un processo sicuramente complesso, ma allo stesso tempo rappresenta una priorità per l'Unione europea, insieme alla decarbonizzazione del trasporto pesante e marittimo. Bio4A aspira a fornire un significativo contributo di filiera verso un'aviazione più sostenibile in Europa e nel mondo, portando la produzione di Hefa oltre i limiti attuali, e facendo un importante passo avanti in termini di quantitativi di biojet prodotti e di innovazione tecnologica. La ricerca che verrà condotta sul tema dell'aumento della resilienza al cambiamento climatico dei terreni marginali aridi dell'Europa mediterranea aprirà nuove opportunità per la produzione sostenibile di biomassa nell'Unione europea".
Gli interessati ad ulteriori informazioni, possono contattare direttamente il Re-Cord al seguente indirizzo.
Il reattore pilota CarboN, con il quale verranno effettuate le prove di produzione di biochar
(Fonte foto: David Chiaramonti)