E’ uno degli ingredienti principe dei pranzi mediterranei, soprattutto al Sud. Ma quest’anno il pomodoro, in particolare la sua buccia, potrà essere utile anche fuori dalla cucina. Barbara Nicoalus e Mario Malinconico, insieme alla loro collaboratrice Barbara Immirzi, tutti ricercatori del Cnr di Pozzuoli, hanno infatti scoperto che gli scarti della lavorazione di questo ortaggio possono essere riutilizzati per la creazione di materiale biodegradabile per l’agricoltura.

Gli studiosi hanno messo a punto un prodotto a base di sostanze di origine marina o agricola, polisaccaridi, rinforzati con fibre provenienti dalla lavorazione dei pomodori ottenendo contenitori, completamente biodegradabili, da utilizzare per la coltivazione cosiddetta 'tray plant'.
“In agricoltura per molti tipi di coltivazioni, in particolare per la fragola, la lattuga, e più in generale per tutti i prodotti ortofrutticoli e anche per molti prodotti della florovivaistica si effettua un tipo di coltivazione detta ‘tray plant’", spiega Mario Malinconico, ricercatore dell’Istituto di chimica e tecnologia dei polimeri.
“Le piante sono ingrossate in particolari contenitori di polistirolo (tray o nursery pots) da 15 fori contenenti un substrato costituito principalmente da torba bionda fibrosa. Nel periodo invernale le piante, in pieno riposo vegetativo, sono tolte dai contenitori di polistirolo e, con tutto il substrato e le foglie più giovani, sono poste in terra e portate a crescita. Questo spostamento però può provocare danni all’apparato radicale delle piantine. Sebbene i contenitori abbiano il vantaggio di essere leggeri e resistenti agli urti, non sono biodegradabili e non possono essere riciclati come imballaggi di plastica (ad esempio, le campane per la raccolta differenziata non li accettano). Il loro accumulo in agricoltura sta diventando un grosso problema ambientale, visto che solo in Italia se ne usano ogni anno decine di migliaia di tonnellate”.
“La nostra idea - aggiunge Barbara Nicolaus, ricercatrice dell’Istituto di chimica biomolecolare del Cnr - è stata quella di sostituire il polistirene con un materiale, completamente biodegradabile, ottenendo contenitori molto leggeri e resistenti che, per la loro biodegradabilità, possono essere interrati con tutte le piantine”.
I recipienti, cioè, verranno man mano attaccati dai microorganismi nel terreno, che ne trarrà nutrimento. Una volta interrati al suolo insieme alle piantine, infatti, la flora microbica e la pressione delle radici in crescita contribuiscono alla loro degradazione, che si completa nel giro di alcune settimane. In tal modo, il contenitore diventa fertilizzante e le piantine non subiscono lo shock da trapianto.
“L’idea è nata qualche anno fa”, spiegano i due ricercatori, “anche per andare incontro alle esigenze dell’industria conserviera che ha seri problemi di smaltimento degli scarti”.
In questo momento, presso il Cnr di Pozzuoli si sta passando alla realizzazione di prototipi in stampi multipli, propedeutici allo sviluppo industriale dei manufatti. E chissà se per il prossimo Natale non possa diventare un bel regalo originale e a prezzi contenuti, da mettere sotto l’albero.

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A cura di Maria Teresa Dimitri

Fonte: Barbara Nicolaus, Istituto di chimica biomolecolare del Cnr, Pozzuoli (Na), tel. 081/8675245 barbara.nicolaus@icb.cnr.it; Mario Malinconico, Istituto di chimica e tecnologia dei polimeri del Cnr, Pozzuoli (Na), tel. 081/8675212 mario.malinconico@ictp.cnr.it