Molti agricoltori utilizzano teli e reti per proteggere le proprie colture da stress abiotici (pioggia, grandine, eccesso di luce) o da stress biotici (insetti, uccelli): esempi virtuosi sono quelli del controllo della Drosophila suzukii e della cimice asiatica. Tuttavia, il potenziale delle coperture è molto più ampio: possono infatti influenzare la colorazione dei frutti, il calendario di raccolta, la crescita della pianta e altri processi ancora.
Studi e prove sperimentali su colture frutticole, orticole e ornamentali stanno approfondendo come usarle per modificare il comportamento della pianta andando a "manipolare” la luce intercettata, il regime termico e l'ombreggiamento, e quindi il microclima interno della coltura. Queste reti vengono chiamate fotoselettive.
In poche parole, apposite reti permettono di cambiare la qualità e la quantità di luce naturale fornita alla pianta allo scopo di migliorarne l'efficienza produttiva, fornendo al contempo protezione antipioggia, antigrandine o antinsetto.
"Si parla di multifunzionalità - spiega Davide Neri, professore di Arboricoltura Generale e Coltivazioni Arboree e direttore del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell'Università Politecnica delle Marche - con le reti si protegge la coltura dalla grandine, ma si fa anche un certo ombreggiamento, utile per ridurre i danni da eccesso luminoso pericoloso per la fotosintesi, ma forse ancora più utile contro le scottature dei frutti.
Si protegge la coltura dagli uccelli, dal vento e in taluni casi dalla pioggia e dagli abbassamenti termici. Infine, si può proteggere la coltura dagli insetti con reti a maglia fine (ovviamente diversa a seconda del tipo di insetto). Si possono poi combinare diversi tipi di rete e avere contemporaneamente più funzioni".
Diversi colori, diverse funzioni e diversi benefici
Le coperture fotoselettive sono costituite da diversi spessori e materiali, ma la particolarità che salta subito all'occhio sono i diversi colori: blu, rosso, grigio perla, giallo o fluo.
Gli spazi vuoti della maglia fanno passare una parte di luce non alterata; contemporaneamente i fili colorati cambiano lo spettro luminoso della luce percepita dai nostri occhi, ma anche in quella dell'ultravioletto e dell'infrarosso non percepibili dall'occhio umano.
Sono proprio le diverse lunghezze d'onda della luce a influenzare i processi produttivi delle piante come la fotosintesi e la crescita dei germogli: controllare queste lunghezze d'onda vuol dire dunque controllare e potenziare questi processi produttivi.
La luce visibile ha una lunghezza d'onda che va dai 400 ai 700 nanometri (nm) che cade tra le bande del violetto e del rosso; di questo spettro fa parte la Radiazione Fotosinteticamente Attiva, chiamata anche Par, Photosynthetically Active Radiation. Rappresenta il 41% dell'energia totale che arriva dal Sole ed è quella intercettata dalla clorofilla: quindi, è effettivamente la luce disponibile per la fotosintesi. Il restante 59% della luce non è necessario alla pianta ma anzi crea danni e andrebbe pertanto evitato.
La Par ha una lunghezza d'onda tra i 430 e i 680 nm, concentrandosi nelle bande del blu e del rosso con diverse sotto bande dai diversi effetti:
- le bande blu violette hanno un effetto medio sulla fotosintesi, influenzando il fototropismo, la sintesi proteica e la fioritura;
- le bande verdi hanno un effetto meno marcato sulla fotosintesi e, essendo complementari a quelle rosse, quando si sommano danno origine a una luce acromatica bianca, facendoci vedere le piante del colore verde che tutti ben conosciamo;
- le bande gialle, rosso, arancio invece sono molto attive nella fotosintesi.
Ecco perché è fondamentale selezionare il colore della rete fotoselettiva a seconda dei processi fisiologici della coltura che si vogliono influenzare.
In linea generale studi ed esperienze accumulate in una decina di anni hanno dimostrato che:
- i teli rossi incidono sul vigore vegetativo, la fotosintesi e la maturazione;
- i teli gialli incidono sulla crescita come il nanismo e la fotosintesi;
- i teli griglio perla sono addizionati con cristalli che incidono sulla diffusione della luce nella parte bassa della chioma e sulla quantità di ramificazioni, aiutando laddove la luce è scarsa;
- i teli blu incidono sulla compattezza della vegetazione;
- i teli fluo incidono sulla fotosintesi, la crescita e la qualità dei frutti.
Potendo influenzare le diverse fasi della fioritura e della maturazione dei frutti, anche il calendario di raccolta si renderebbe più precoce o più tardivo in base alle esigenze.
Le prove svolte anche su colture frutticole in cui solitamente non vengono utilizzate coperture, come melo, cachi, pero e uva da tavola, evidenziano diversi vantaggi per l'agricoltore: la produttività, il calibro, la qualità esterna e interna dei frutti sono tutti influenzati dall'utilizzo delle coperture.
Giochi d'ombra
Quando una pianta viene colpita dalla luce diretta, la maggior parte di questa luce viene intercettata dalle foglie esterne, mentre le zone più interne della chioma assorbono lunghezze d'onda già molto filtrate dalle foglie sovrastanti. Il risultato: crescita stentata di germogli, foglie eziolate e scarsa colorazione dei frutti.
Sotto la rete si crea ombra, quindi si diminuisce l'intensità di luce diretta e si aumenta l'intensità di quella diffusa che penetra meglio all'interno della vegetazione con conseguenze positive sulla sua crescita complessiva. Si tratta oltretutto di un'ombra colorata in base alla rete usata che influenza i fattori indicati nel capitolo precedente.
"Questo tipo di reti crea un ombreggiamento del 15-20%; con reti più chiare il valore diminuisce mentre con reti più scure aumenta" - continua a spiegare Neri - "questi livelli di ombreggiamento consentono un'ottima fotosintesi e rendono meno pericolosi i fenomeni di fotoinibizione e fotossidazione, particolarmente gravi con temperature molto elevate".
I fenomeni di fotoinibizione e fotossidazione si conoscono sotto il nome di "stress termico". Portano danni sia diretti, come le scottature, che indiretti, come l'eccessiva traspirazione fogliare, ovvero la perdita di acqua sotto forma di vapore mandando la pianta in deficit idrico.
Danni da stress termico su uva
(Fonte foto: © Robert Knapp - Adobe Stock)
"Si possono avere ombreggiamenti maggiori con reti più fitte antinsetto" - riprende Neri - "mentre con reti antipioggia molto fitte per impedire la bagnatura dei frutti del ciliegio in caso di pioggia, si arriva ad un'ombreggiamento del 40% circa, ancora buono per la fotosintesi, ma sul ciliegio è consigliabile limitare il tempo di copertura a 30-60 giorni".
Studi sperimentali condotti con diverse maglie colorate su meleti e pescheti, con una percentuale di ombreggiamento selettivo intorno al 15-30%, hanno registrato già nel primo anno un migliore allungamento dei germogli, una maggiore dimensione della superficie fogliare, una stimolazione sull'induzione a fiore, la qualità dei fiori e sull'allegagione, cioè lo sviluppo dei frutticini subito dopo la fioritura.
Secondo altre prove sperimentali condotte dal Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro Alimentari dell'Università di Bologna che utilizzano reti di colore bianco e rosso su melo, il controllo della temperatura sotto chioma porterebbe a una diminuzione dello stress idrico, dei danni superficiali e delle scottature da caldo migliorando così la qualità dei frutti.
Uso sostenibile dell'acqua
Una delle grandi sfide che deve affrontare l'agricoltura moderna è la sempre più scarsa disponibilità di acqua. Il trend è quello di utilizzare piante a basso input in fabbisogno idrico senza però diminuire le produzioni. Le reti foto selettive potrebbero essere un valido aiuto a contrastare questa problematica.
Dalle prove sperimentali, ancora in corso, è emerso come l'utilizzo dell'ombra porterebbe ad un abbassamento della temperatura della chioma e a modifiche dell'umidità: questo influenzerebbe la traspirazione fogliare e la pianta richiederebbe meno volumi di acqua.
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Costo, durata, montaggio
Uno degli ostacoli all'adozione di queste reti multifunzionali è il costo elevato: le reti fotoselettive antigrandine in commercio hanno un peso maggiore per metro quadro (60 grammi) rispetto alle normali reti nere (40 grammi), per cui si usa un quantitativo maggiore di plastica polietilene ad alta densità per ettaro.
Le reti fotoselettive inoltre sono più costose non solo per il quantitativo di plastica, ma anche per il tipo di impianto e per il maggior numero di metri quadri di rete per ettaro: si pensi per esempio alle coperture fotoselettive antinsetto monofilare.
Si intendono sistemi monofila quelli dove la rete è posta sopra la singola fila di piante mentre i sistemi monoblocco coprono l'intero appezzamento.
Sistema monofila con rete ombreggiante fotoselettiva in ciliegio
(Fonte foto: © DRasa - Adobe Stock)
Come riporta Neri, il costo più alto di acquisto però sembra essere compensato dalla durata della vita del telo: "se confrontate con le reti nere tradizionali addizionate con il carbon black per renderle stabili agli Uv (circa 10 anni di vita), le fotoselettive hanno dimostrato di avere una tenuta elevata. Ma con lo svantaggio, in alcuni casi, di una durata inferiore del colore rispetto ai risultati attesi (esempio la rete rossa). Questo non preclude la protezione ma si riduce l'effetto foto selettivo negli anni".
Sia le reti fotoselettive che tradizionali hanno poi il problema comune del montaggio, che impatta molto sulla loro durata utile: se il montaggio non è perfetto nei punti di contatto, le reti, anche quelle nere, possono subire dei danni per sfregamento oppure per forte trazione, diventando meno resistenti nel tempo.
"Tutte le reti in commercio devono rispettare la normativa Uniplast che prevede una garanzia di 5 anni sul materiale. La stessa normativa prevede però che vengano rispettati anche tutti gli accorgimenti installativi e che non vengano superati i valori soglia di determinate sostanze chimiche che potrebbero danneggiare le reti. Alcune ditte non forniscono tale garanzia ma evidenziano che il filato è stabilizzato a 900 KLy (Kilo Langley, l'unità di misura utilizzata per misurare la radiazione solare su un'area in un anno). In Italia mediamente si raggiungono valori di 140 - 170 kLy annui, variabili in base alle diverse zone per cui la rete ha una vita utile superiore ai 5 anni previsti dalla normativa stessa".
L'impatto ambientale
Se da un lato l'utilizzo della plastica è molto pratico ed economico, dall'altro lato desta molte preoccupazioni per il suo impatto ambientale sul lungo periodo, tanto più che il settore agricolo contribuisce in maniera significativa a questo tipo di inquinamento.
Le coperture protettive rientrano nei prodotti plastici più utilizzati nella filiera agricola (polietilene, cloruro di poli vinile ed etile vinile acetato). Tuttavia come spiega Neri: "nel caso delle reti fotoselettive c'è una maggiore sensibilità per il riciclo".
Le ditte produttrici iniziano ad offrire servizi di raccolta delle reti usate, o almeno forniscono tutte le informazioni necessarie sulla gestione del "fine carriera" di questi materiali, compresi tempi ed elenchi delle ditte autorizzate al ritiro nelle diverse regioni.
"In ogni caso le reti fotoselettive sono di alta qualità e seguono la normativa prevista per l'uso della plastica in agricoltura" conclude Neri.
La loro diffusione in Italia
Le coperture fotoselettive sono state applicate con successo su molte colture frutticole, principalmente actinidia (51%), drupacee (27%), vite (9%), agrumi (5%) e melo (2%).
Uno dei principali marchi commerciali in Europa e in Italia è Iridium: in Italia, dal 2009 ad oggi, sono state vendute reti fotoselettive Iridium per più di 18.000.000 m2, di cui circa 3.000.000 m2 in Emilia Romagna (Fonte: Agrintech Srl).
L'utilizzo ancora poco esteso da parte degli agricoltori di questo tipo di reti è, secondo il professore Neri, che cita come esempio l'Emilia Romagna, condizionato da una serie di problematiche logistiche quali:
- materiale non adeguato (ad esempio placchette sbagliate, fili in acciaio, ecc.);
- installazioni non conformi (dimensioni delle reti non adeguate ai sesti di impianto, elevate tensioni sulle reti, ecc.);
- trattamenti fitosanitari con sostanze chimiche in grado di corrodere il materiale plastico;
- altri fattori esterni (eventi metereologici estremi).
Infine, aggiunge il professore: "A mia conoscenza problemi attribuibili alla tenuta del materiale plastico sono stati molto limitati".
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