Igp al Delta del Po

Il primo Igp del Polesine è per il Riso del Delta del Po: il marchio europeo di indicazione geografica protetta è stato pubblicato sulla Gazzetta europea e ora si attende la definitiva iscrizione nel registro dei prodotti Igp. Alla valorizzazione del riso del delta si è dedicata dal 1998 l'Associazione risicoltori del delta del Po che ha coinvolto anche i produttori del Delta ferrarese.

Deborah Piovan, imprenditrice agricola di Porto Tolle, presidente dell'Associazione afferma: "È un importantissimo risultato, che premia i risicoltori del Delta e le loro capacità. Voglio ringraziare i funzionari della Regione Veneto e della Regione Emilia Romagna e Confagricoltura per la costante assistenza nel lungo iter che ha permesso di raggiungere questo obiettivo. Guardiamo con ottimismo alle prospettive commerciali ed economiche per il nostro riso ora che potrà avere una tutela, garantita dal marchio Igp, adeguata alle sue elevatissime qualità".

Secondo il disciplinare accolto dall'Unione europea l'indicazione "Riso del Delta del Po" designa il riso di tipo Japonica, superfino e solo delle varietà Carnaroli, Volano, Baldo e Arborio. Il Riso del Delta del Po presenta un chicco grande, cristallino, compatto, con un elevato tenore proteico. La grande capacità di assorbimento, la poca perdita di amido e la buona resistenza durante la cottura, sommate alle caratteristiche organolettiche quali aroma e sapidità particolari, lo fanno preferire per esaltare i risotti più pregiati.

L'area tipica del "Riso del Delta del Po" si estende sul cono orientale estremo della Pianura Padana fra le regioni Veneto ed Emilia Romagna, nei territori formati dai detriti e riporti del fiume Po. Il "Riso del Delta del Po" viene coltivato in Veneto nella provincia di Rovigo, nei comuni di Ariano nel Polesine, Porto Viro, Taglio di Po, Porto Tolle, Corbola, Papozze, Rosolina e Loreo. In Emilia Romagna la produzione riguarda, in provincia di Ferrara, i comuni di Comacchio, Goro. Codigoro, Lagosanto, Massa Fiscaglia, Migliaro, Migliarino, Ostellato, Mesola, Jolanda di Savoia e Berra. Le caratteristiche dei terreni, il clima temperato e la vicinanza del mare sono i fattori principali che condizionano e caratterizzano la produzione in questo territorio del "Riso del Delta del Po". Il riso trova infatti in questa zona un terreno ideale. Oggi il Riso del delta del Po è coltivato su circa 9.000 ettari.

 

Cresce il riso sardo

La nuova coltura sarà sperimentata su duecento ettari a Samassi e Sanluri. "La produzione del riso costa di più ma genera ricavi significativamente più alti" dicono gli esperti. L'anno scorso erano stati due coraggiosi sperimentatori, Enrico Pinna e Giuseppe Piras. Quest'anno a coltivare riso saranno alcune decine di agricoltori per un totale di circa 200 ettari.

A Samassi e Sanluri si punta insomma sul riso. I presupposti per la stagione della semina, a cavallo tra aprile e maggio, sono stati messi nell'incontro che si è tenuto nell'aula consiliare del Comune. "Dopo la prova dello scorso anno, che ha dato i risultati sperati, si parte con una coltivazione più estesa", ha esordito Ottavio Montis, coltivatore di Samassi, davanti a qualche decina di agricoltori pronti a raccogliere la sfida della nuova coltura.

A fare da guida nella coltivazione del riso - scrive l'Unione Sarda - sarà uno dei massimi esperti di risicoltura nell'Isola: Pietro Spano. "Dalla preparazione del terreno, che deve essere accurata, alla scelta varietale e alla semina, dall'irrigazione all'uso degli anticrittogamici: dimenticate le colture cui siete abituati perché il riso è un'altra cosa", ha spiegato il professor Spano, del Dipartimento di Scienze agronomiche della facoltà di Agraria di Sassari, senza nascondere ai prossimi risicoltori di Samassi e Sanluri le difficoltà di una coltivazione che, però, ha "un grande potenziale". "Irrigazione a sommersione, allagando il terreno, e ad aspersione per mezzo di micro irrigatori".

A Samassi il riso sarà coltivato con quest'ultimo metodo, cosiddetto in asciutto, che consente un notevole risparmio d'acqua. Da 28 mila a 78 mila metri cubi per ettaro e rese che vanno dagli 85 ai 110 quintali ad ettaro a seconda della varietà, e prezzi che sfiorano i 50 euro al quintale: questi dati sembrano incoraggiare molto i coltivatori. "Ho in programma di coltivare due ettari e mezzo", dice Ferruccio Cauli, samassese, che si augura "che il riso possa rappresentare una valida alternativa alla monocultura del carciofo".

Un altro che punterà sul riso è Enrico Pinna, che con Beppe Piras è stato lo sperimentatore del riso. "La mia coltivazione sarebbe andata bene solo che il 4 novembre 2008 è stata distrutta dall'alluvione", spiega Pinna. "Ci provo di certo", anticipa anche Luca Mancosu, giovane coltivatore che finora ha puntato sul carciofo. "Un fallimento, quest'anno, per i prezzi bassi e per i danni della troppa pioggia". Non resta che il riso che, spiega Enrico Pinna, "costa qualcosa in più per produrlo e per l'irrigazione". "Con ricavi che possono sfiorare i 5 mila euro ad ettaro vale la pena provarci"

 

Autore: Paolo Accomo - RisoItaliano.org