È all'insegna dell'incertezza il mercato dei cereali, con i prezzi globali del grano che oscillano come un pendolo. Lievi ondeggiamenti, più che le montagne russe che denotano marcata instabilità, ma secondo gli analisti è ad oggi complicato prevedere come si muoveranno nei prossimi mesi i listini. Con la conseguenza che si generano incertezze in vista delle semine imminenti.

 

"Diventa complicato, fra incognite meteoclimatiche e scarsa redditività decidere cosa seminare ed è francamente la prima volta, in molti anni, che non abbiamo ancora ricevuto indicazioni chiare dagli agricoltori, con la conseguenza che anche per noi imprenditori agromeccanici diventa difficoltoso programmare l'attività".

Le parole di Marco Speziali, presidente di Confai Mantova e uno dei contoterzisti professionali più grandi in Italia, rappresentano in maniera plastica lo scenario che permea il comparto agricolo in questa fase, alla vigilia delle semine dei cereali autunno vernini.

 

D'altronde, le dinamiche internazionali non forniscono coordinate sufficientemente precise per avere le idee chiare degli investimenti, anche se poi gli obblighi di rotazione imposti per le aziende medio-grandi dalla Pac influenzeranno in parte le decisioni e probabilmente non vi saranno crolli eccessivi nelle superfici. Ma l'apprensione rimane.

 

Il quadro, appunto, è nebuloso a livello internazionale, con i future su grano e mais in salita, dopo le preoccupazioni legate alle recenti stime diffuse dall'Usda, il Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti d'America, in base alle quali i raccolti globali di grano dovrebbero essere inferiori di oltre 1,4 milioni di tonnellate a livello globale e una frenata dell'Ue-27 addirittura dell'8,1% rispetto alle produzioni del 2023. Senza contare che gli stock potrebbero diminuire e scendere al di sotto della soglia psicologica dei 10 milioni di tonnellate (tutti questi dati li riporta sulla propria piattaforma Teseo.Clal.it).

 

Inoltre, non mancano le preoccupazioni per le produzioni russe, in flessione del 9,3% a 83 milioni di tonnellate - anche se ancora molto elevate, si presume, mancando dati ufficiali - in seguito alle condizioni meteo negative.

 

Ciononostante, finora le esportazioni dalla Federazione Russa si sono mantenute elevate, spinte da prezzi altamente competitivi e da una politica particolarmente aggressiva di Mosca, che attraverso forniture di cereali, in particolare verso l'Africa, punta a conquistare l'appoggio di una serie di Paesi che a livello di assemblea Onu o di equilibri geopolitici possono condizionare gli atteggiamenti di un blocco "sud-globalista" rispetto a quello occidentale.

 

Il mix di tali fattori, vale a dire stime Ue in ribasso, preoccupazioni per il raccolto russo (e forse un possibile rallentamento dei flussi da Mosca per non deteriorare gli stock interni), corridoio del mar Nero tornato ad essere operativo pur in assenza di accordi di protezione internazionale sul grano ucraino, ha innescato nelle scorse settimane una crescita dei listini, che si muovono tuttavia a corrente alternata.

 

Segno negativo anche per le stime legate alle produzioni mondiali di mais, con l'Ue-27 penalizzata dalla tempesta Boris e da altri episodi meteoclimatici negativi, tanto da segnare un possibile calo del 4% rispetto ai volumi ottenuti nel 2023 e, a ben vedere, di parecchio lontano rispetto alla produzione record del 2022, quando il raccolto europeo superò i 71 milioni di tonnellate contro i 59 milioni previsti al termine di questa campagna di raccolta.

 

Indubbiamente le oscillazioni delle mercuriali sono legate a fattori speculativi, alcuni dei quali legati al conflitto bellico. Una nave portarinfuse, carica di grano ucraino, è stata colpita nei giorni scorsi. Tanto è bastato per destabilizzare i mercati, già in tensione per la tempesta Boris.

 

Ad osservare il granaio europeo, non c'è molto da stare allegri. La Francia, primo produttore comunitario di grano, è alle prese con uno dei raccolti più bassi degli ultimi anni (-23,9% rispetto alla resa media degli ultimi cinque anni) e - in attesa di poter esaminare i dati definitivi - non mancano player e analisti che sostengono che quella in corso potrebbe essere l'annata più scarsa in termini di quantità raccolte dal 1987 a questa parte.

 

E così c'è chi, come Rich Nelson, della casa di intermediazione Allendale, che - in una dichiarazione a Terre.net, preconizza "i prezzi potrebbero stabilizzarsi e aumentare durante la seconda metà della campagna", vale a dire tra gennaio e giugno dell'anno prossimo.

 

Al contrario, i prezzi del mais e della soia potrebbero essere sostenuti dai rendimenti statunitensi potenzialmente ridotti (-1% per il mais, secondo le stime Usda) dalla siccità di fine stagione.

 

Quanto ai semi oleosi, la previsione di un boom del raccolto di soia negli Stati Uniti, addirittura con una crescita di oltre il 10% rispetto allo scorso anno, potrebbe calmierare i prezzi, in particolare se anche il Brasile, primo produttore e primo esportatore mondiale, dovesse mettere a segno un incremento dei raccolti nell'ordine del +10,5%, valutazione Usda che qualche analista ritiene di dover rivedere al ribasso, qualora la siccità dovesse abbattersi in maniera prolungata in Sudamerica.

 

Resta la preoccupazione fra gli operatori in Francia e nella vicina Germania, che a conti fatti è il secondo produttore di grano dell'Europa con oltre 22 milioni di tonnellate (l'Italia, per fare un paragone, ha prodotto 6,6 milioni di tonnellate di frumento fra duro e tenero, con consumi di oltre 7,4 milioni di tonnellate).

 

La contrazione produttiva francese potrebbe avere ripercussioni sui volumi di grano che il Paese transalpino esporta, dal momento che circa il 50% della produzione solitamente varca i confini nazionali e in parte raggiunge l'area del Maghreb e del Nord Africa. Il pressing russo a colpi di listini ultra convenienti ha già portato l'Egitto - determinato in questa fase a potenziare i propri silos di stoccaggio con investimenti da 700 milioni di euro - a sostituire la Francia come primo fornitore e lo stesso potrebbe avvenire in Paesi come il Marocco e l'Algeria.

 

Intanto, i cali produttivi in Francia e Germania stanno preoccupando gli agricoltori, alle prese con difficoltà di redditività e lo spettro di una nuova ondata di suicidi fra i "paysans", demoralizzati anche dall'incertezza del meteo.