Un fenomeno del nuovo secolo per quanto riguarda i consumi mondiali è l'evoluzione della ristorazione. Secondo una recentissima ricerca di Alma (Scuola internazionale di cucina italiana) e Deloitte, il mercato della ristorazione mondiale vale la strabiliante cifra di 2.210 miliardi di euro, con uno sviluppo dal 2011 al 2016 del +4,3%.

Il 63% del mercato mondiale è rappresentato dall'area Asia/Pacifico, in cui peraltro si sono registrate nei recenti anni le maggiori performances (+5,6% 2011 - 2016). Ma il mercato crescerà ancora: la previsione è del +3,1 al 2021 e pare sarà trainato dallo sviluppo del mercato Nord Americano.

La cucina italiana è la seconda cucina del mondo dopo la cinese per diffusione, con una quota del 13% (quella della cinese è al 19%). La penetrazione della cucina italiana - ovvio, si potrebbe dire -  è altissima in Usa (15% sul totale delle transazioni) e Brasile (13%), appaiono invece sbalorditive le altissime percentuali di penetrazione in Cina (10%) e India (13%).
Se consideriamo il valore monetario la ristorazione italiana in Cina e Usa vale molto di più (tre volte tanto) rispetto alla ristorazione entro i confini nazionali.

Ma che materia prima usano i ristoranti italiani all'estero?
Il sistema agricolo e agroalimentare italiano sfrutta ancora pochissimo quella fittissima rete di ambasciate del gusto rappresentata dai ristoranti italiani all'estero. Conti alla mano si può desumere che le nostre esportazioni agroalimentari potrebbero passare dai 40 ai 100 miliardi di euro all'anno.

Un potenziale impressionante che vedrebbe l'Italia passare dalla quinta posizione nel rank degli esportatori alimentari europei (dietro a Francia, 60 miliardi, e Germania, 76 miliardi) al podio.

Come cantava il Gianni nazionale: si può fare di più. (Molto di più).