I prezzi sulle piazze di riferimento Ismea
Per l’extravergine in Puglia, dove è localizzata la metà della produzione nazionale, per gli oli non a denominazione Ismea rileva a Bari il 25 giugno 2018, per un prodotto non specificato 4,15 euro/Kg di prezzo all’origine alle condizioni di franco azienda. Sempre a Bari, e nello stesso giorno, altra produzione non specificata è rilevata a 4,30 al chilogrammo e con prezzo in aumento del 2,4% sulla settimana precedente.Tra gli extravergini Dop a denominazione Ismea rileva a Bari il Terra di Bari Dop: 4,15 euro al chilogrammo, stesso prezzo dell’olio non specificato di valore commerciale minore. Il Terra di Bari, con quasi 2500 tonnellate di produzione annua, è il secondo olio a denominazione d’Italia per produzione dopo il Toscano Igp.
A Foggia, il 28 giugno Ismea rileva un prezzo all’origine di 4,20 euro al chilogrammo, in crescita del 3,7% sulla settimana precedente per l’olio extravergine di olive non specificato di valore più basso, quello di prezzo più elevato quota a 4,30 euro con una quotazione in crescita del 2,4% sulla settimana precedente, mentre il Dauno (senza esplicito riferimento alla Dop) è rilevato a 4,25 euro con un incremento del 3% sul periodo precedente. A Lecce, ultima rilevazione del 21 giugno, il prezzo all’origine riportato da Ismea è di 3,65 euro al chilo.
Lo scenario
In Italia nel 2017 si sono prodotte 429mila tonnellate di olio da pressione – secondo elaborazioni dell’Ismea su dati Istat, annata più carica della 2016, che si era attestata a sole 182mila tonnellate. La maggiore disponibilità di extravergine nazionale può aver inciso sui prezzi degli ultimi 12 mesi: ma è pur vero che l’import di olio di oliva è ormai una costante dell’economia italiana. Ismea calcola che nelle ultime quattro annate agrarie, a fronte di una produzione nazionale di olio da 328mila tonnellate di olio, della quale oltre il 51% concentrata in Puglia, l’Italia abbia importato qualcosa come 588mila tonnellate di olio. E i prezzi dei principali competitor - Spagna, Grecia, Tunisia e Portogallo - si sono tenuti mediamente più bassi di quelli della produzione italiana.Questo rende il prezzo italiano all’origine molto esposto alla concorrenza internazionale, a fronte di una produzione primaria molto frammentata e poco competitiva al punto che nella scheda di settore dell’Ismea sul settore olivicolo oleario pubblicata a giugno 2018 è scritto: “Delle 825mila aziende olivicole presenti in Italia, solo il 37% risultano essere in grado di sostenere la competitività del mercato”.
Paradossalmente difendono meglio il reddito agricolo le imprese olivicole impegnate nelle Dop. Infatti, nella scheda di settore per l’olio, pubblicata a giugno 2018 da Ismea, è scritto “Non sempre il prodotto Dop riesce a spuntare un premium price”. Ma è anche vero che secondo Ismea “Quella della Dop è una filiera mediamente più integrata rispetto a quella dell’olio extra di massa. In molti casi, quindi, origine e ingrosso coincidono e permettono all’azienda produttrice di ottenere margini più ampi”. Al netto di questa fascia ristretta, c’è l’olio extravergine di massa, dove le aziende agricole sono più esposte alla concorrenza internazionale.