Ora la decisione passa alla Commissione europea, che "non può ignorare il fatto che 19 Stati membri si sono espressi contro l’autorizzazione, compresa l’Italia -sottolinea la Cia-. Allo stesso modo non può trascurare il parere del Parlamento Ue e soprattutto l’opinione pubblica, con due cittadini su tre in Europa contrari ai cibi “biotech”.
Comunque, su una materia così rilevante e che investe tutta la società, dagli agricoltori ai consumatori, non servono imposizioni -spiega la Cia- ma vanno riconosciute e garantite la sovranità e l’autonomia dei singoli Stati. E in questo senso l’Italia ha già scelto di dire no agli organismi geneticamente modificati".
"Gli Ogm, tra l’altro, sono incompatibili con l’agricoltura italiana -sottolinea la Cia- che è fortemente legata alla molteplicità di territori e tradizioni. L’omologazione a cui gli Ogm conducono metterebbe a rischio gli oltre 5.000 prodotti tipici che rappresentano la spina dorsale dell’enogastronomia italiana. Veri e propri gioielli del “made in Italy” che da un lato sono autentiche calamite per il turismo enogastronomico, un comparto che vale 5 miliardi, dall’altro contribuiscono a far volare l’export agroalimentare nel mondo, con cifre da record che a fine 2013 hanno sfiorato a 35 miliardi di euro".
La Cia ribadisce: "La nostra posizione sugli Ogm non è assolutamente ideologica, ma scaturisce dalla consapevolezza che la loro utilizzazione può annullare la nostra idea di agricoltura e, quindi, l’unico vantaggio competitivo dei suoi prodotti sui mercati: qualità, origine, tracciabilità, biodiversità, tipicità".
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Fonte: Cia