Era il 1886 quando Robert Louis Stevenson alla stampa uno dei romanzi più noti della letteratura moderna: Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde; storia di un rispettabilissimo scienziato che grazie ai risultati della propria ricerca si sdoppia in un angelico se stesso e in un assai poco piacevole alter ego: il satanico signor Hyde.

Stando a quanto emerso nel corso della conferenza stampa organizzata a Roma da Futuragra sul tema “Gli italiani e gli Ogm", durante il quale sono stati presentati i risultati di una omonima ricerca Ispo, quanto a percezione comune le biotecnologie in agricoltura possono a pieno diritto ambire al ruolo di dott. Jekyll nazionale.


I risultati della ricerca

I risultati della ricerca, presentati dal presidente Ispo, Renato Mannheimer, dipingono un quadro di sconfortante ignoranza dei nostri connazionali sul tema Ogm.

Solo il 48% degli intervistati, costituito prevalentemente da individui di una preparazione scolastica medio-alta, conosce il significato dell’acronimo Ogm. Della maggioranza restante, il 4% sbaglia la risposta e il 48% dichiara di non saperlo.
Il 58% degli italiani non ha la minima idea di cosa sia un codice genetico, tant’è che l’11% è convinto che i geni siano presenti solo nelle piante Ogm, il 6% che siano solo nelle piante non Ogm e il 41% non risponde affatto.
Con buona pace dei geni nelle lampade e dei professori di scienze delle medie.

Far la figura dell’ignorante non deve piacere a nessuno, così solo il 33% degli intervistati ammette di non aver mai sentito parlare di Ogm, mentre il 60% dichiara di averne una conoscenza più o meno sommaria e vaga.
Solo il 7% ritiene di sapere bene di cosa si tratta e di avere idee molto chiare sul tema. Purtroppo tra il sostenere di sapere qualcosa e il saperlo veramente c’è una sostanziale differenza, per cui a seguito degli incroci tra le risposte del questionario la percentuale effettiva di quanti conoscono bene il tema Ogm si abbassa a un risicato 5%.

Per quanto riguarda la fonte principale di informazioni sugli Ogm, il 55% del campione ha ricevuto informazioni sugli Ogm senza essersi mai attivato personalmente per capire esattamente cosa fossero o saperne di più, mentre il 12% ha cercato attivamente informazioni.
Interessante notare come in quest’ultimo segmento, la principale fonte di informazione sia stata internet, mentre tra gli informati “passivi” la televisione continua a fare la parte del leone.

Entrando nel campo della normativa basilare che riguarda gli Ogm, i dati sono desolanti. Con il 37% del campione a conoscenza del fatto che in Italia i prodotti con quote di ingredienti Ogm sono normalmente commercializzati e il 34% che sa che la coltivazione di prodotti agricoli Ogm è consentita dalle normative comunitarie.
Di contro, solo il 33% sa che le normative italiane non consentono la coltivazione e il 42% è convinto che nel nostro Paese gli Ogm siano già in campo.
In sintesi, al 30% del campione che non si pronuncia, va aggiunto un altro 44% di male informati e confusi.



Renato Mannheimer, presidente Ispo



Ma se la stragrande maggioranza degli italiani non ha alcuna informazione sul tema, oppure ne ha di insufficienti ed errate, come è possibile portare avanti un dibattito serio sugli Ogm?
Non è possibile, a meno di non voler cambiare radicalmente l’attuale panorama informativo.

L’informazione sugli Ogm oggi

Sempre dal sondaggio Ispo, apprendiamo che tra coloro che si dichiarano in qualche modo informati sugli Ogm, quelli che hanno ricevuto informazioni a favore risultano essere mediamente inferiori di 10 punti percentuali rispetto a quelli che hanno ricevuto informazioni a favore.
L’assenza di nozioni sul tema, genera peraltro dei veri e propri cortocircuiti logici, per cui solo il 52% degli intervistati ritiene che, data la possibilità di commercializzare in Italia prodotti Ogm, sarebbe il caso di poterli anche coltivare e non dipendere dall’importazione.

Significativo in questo senso quel 24% che decide ancora una volta di non schierarsi.  

Da un punto di vista quantitativo, in radio e televisione gli Ogm fanno decisamente meno notizia delle ultime avventure sentimentali della velina e del calciatore di turno se è vero, come riportato dal direttore del Centro di ascolto dell’informazione, Gianni Betto, che delle circa 370mila notizie trasmesse dalle 7 reti televisive e dalle 15 emittenti radiofoniche nazionali tra il 1 gennaio 2011 e il 25 settembre 2012, solo 61 (0,02%) hanno trattato il tema Ogm e per un tempo pari allo 0,03% sul totale di informazione delle reti che hanno proposto l’argomento. Dati assolutamente conformi a quelli dei due anni precedenti.

“Non sorprende - ha commentato il vicepresidente di Futuragra, Silvano Dalla Libera - che dal sondaggio emerga che il 42% degli italiani pensi che oggi in Italia si coltivino prodotti agricoli OgM e che il 63% non sappia o pensi che sia falso il fatto che nei prodotti in vendita siano presenti quote di ingredienti geneticamente modificati".
Così come solo 1 italiano su 5 sa che negli allevamenti italiani Dop è consentito impiegare mangimi Ogm.
"È il frutto di una propaganda contro le biotecnologie - ha detto Dalla Libera - che da una parte fa credere che si coltivino e dall’altra nasconde che negli alimenti e nella filiera siano usate da anni materie prime biotech senza danni alla salute e con benefici economici sia per i consumatori che per i produttori”.




Roma, la presentazione della ricerca su italiani e Ogm


Lo squilibrio in una informazione, già di per sé scarsa, è evidente.
I dati del Centro di ascolto dell’informazione radiotelevisiva indicano che lo spazio dedicato a coloro i quali hanno espresso posizioni contrarie all’uso degli Ogm in agricoltura è stato del 64% contro il 36% delle voci a favore.
La voce delle istituzioni è stata rappresentata dai ministri dell’Ambiente e dell’Agricoltura si posizionano rispettivamente al terzo posto con il 9,1% degli ascolti per Corrado Clini e al settimo posto con l’8,9% per Mario Catania.

In particolare, un quarto dell’informazione radiotelevisiva è stata riservata a interventi del presidente di Coldiretti, Sergio Marini (15,1%) e Mario Capanna, presidente della Fondazione diritti genetici (10,2%), entrambi apertamente contrari agli Ogm.

La scienza è stata rappresentata solo da tre voci: Roberto Defez (8,9%), Gianni Tamino (8,9%) e Giorgio Calabrese (5,9%) che complessivamente rappresentano il 23,7% degli ascolti da telegiornali, giornali radio, trasmissioni televisive e radiofoniche. Dalle radio, la notizia è stata trattata in 29 occasioni dalle tre reti radiofoniche Rai e in 23 casi sulle altre 12 reti.
Al di là della miserevole offerta di informazione, quello che colpisce è che nessuna trasmissione di approfondimento ha trattato il tema, creando di fatto uno scenario di opposizione dicotomica.

Ricerca, sperimentazione, roghi e caccia alle streghe

“Perché - si chiede Dalla Libera - gli Ogm sono correntemente accettati, ove non addirittura osannati, in tutti i campi applicativi, a partire dall’industria, ma vengono ferocemente osteggiati in agricoltura?”.
Come è possibile spiegare l’origine di questa visione da dottor Jekyll degli Ogm industriali e da signor Hyde di quelli agricoli?

Non può bastare, a opinione di chi scrive, la spiegazione data nel suo intervento da Giancarlo Galan, ex presidente della Regione Veneto, ex senatore, ex ministro della Cultura ed ex ministro dell’Agricoltura, che attribuisce l’opposizione acritica agli Ogm da parte del presidente di Coldiretti, Sergio Marini, e di altri eminenti rappresentanti del mondo dell’agricoltura a mere questioni di marketing.
“C’è puzza di oscurantismo e caccia alle streghe dietro certe posizioni, che lascia allibiti – ha dichiarato Galan –. Bloccare gli Ogm significa bloccare la storia. Bisogna far sapere che tutti gli italiani, già oggi, mangiano Ogm, e che più di un miliardo di persone soffrono meno la fame grazie ad essi. Io ho pochissima speranza nella politica. Se un governo di cosiddetti professori non è riuscito a fare ciò che andava fatto, come potrà farlo un comune politico che deve rendere conto del suo operato a un elettorato male informato? Alla fine gli Ogm vinceranno – ha concluso Galan – perché alla fine dovrà vincere la logica, ma in Italia ci arriveremo con trent’anni di ritardo”.   


Sostanzialmente in linea con le opinioni di Galan quelle espresse la senatrice Maria Antonietta Farina Coscioni, che ha identificato tra i nemici degli Ogm ambientalisti e professionisti dello slow food.
La senatrice ha voluto ricostruire cronologicamente la vicenda della distruzione dei campi sperimentali dell’Università della Tuscia.
“Nei confronti degli Ogm sono in corso campagne irrazionali e pretestuose – ha dichiarato la senatrice commentando la distruzione dei campi sperimentali –. Era il lavoro di anni e anni di scienziati e ricercatori. È andato tutto in fumo, perché quelle colture sono state distrutte con il fuoco: un rogo, come s’usava ai tempi dell’inquisizione nei confronti degli eretici o pretesi tali”.

L’intervento della senatrice Farina Coscioni ha evidenziato un altro aspetto stevensoniano della questione: quello della ricerca e della sperimentazione. Tutti in Italia sostengono che la ricerca debba essere incentivata. Anche quelli che poi decidono di dare alle fiamme i campi sperimentali.
A questi si dovrebbe dunque chiedere: di quale ricerca parliamo? O forse va bene fare ricerca, ma non va bene fare sperimentazione? In attesa di una risposta che forse non arriverà mai, non possiamo che registrare come alle soglie del nuovo millennio c’erano in Italia circa 250 sperimentazioni in campo. Oggi il totale ammonta a zero. Nel frattempo registriamo anche che il 99,9% della soia importata è Ogm.




Giancarlo Galan


Intanto la Corte di giustizia europea - come ha evidenziato il prof. Aristide Police, dell’Università di Roma Tor Vergata – ha cassato tutta la normativa italiana che puntava a un blocco, dichiarato o mascherato, della coltivazione degli Ogm sui nostri campi, dichiarandola dannosa e contraria alle norme Ue. Il che ha lasciato un enorme buco legislativo che potrebbe essere colmato solo attraverso la redazione da parte degli enti locali dei cosiddetti “piani di coesistenza”. Piani che dovevano essere pronti da tempo, ma di cui non c’è traccia per motivi che preferiamo non indagare.

Strano paese l’Italia, dove si assistere alla contemporanea santificazione e demonizzazione di un ramo della scienza che negli ultimi decenni si è imposta come una delle nuove frontiere dell’umana conoscenza, ma dove entrambe gli schieramenti non sanno con precisione di cosa stanno parlando.

A seconda degli occhi che le guardano, le biotecnologie sono alternativamente dottor Jekyll e signor Hyde, finanziate in fase di ricerca e stroncate in fase di sperimentazione.
Rimane in sospeso una questione: per quale motivo i media generalisti sembrano assieparsi su posizioni anti-Ogm, fornendo informazioni tendenziose e incomplete?

Francamente riteniamo che gli interessi di alcune associazioni di rappresentanza del mondo agricolo e di una nicchia del business gastronomico difficilmente potrebbero generare una tendenza così diffusa da interessare l’intero panorama informativo nazionale. Il dubbio di chi scrive è che una tale linea politica possa in realtà essere il frutto di una combinazioni di fattori, tra i quali una forte tendenza a insabbiare un serio e informato dibattito sulla genetica in generale.
Un approccio razionale alla manipolazione genetica applicata all’agricoltura porterebbe necessariamente a una maggiore informazione sulle biotecnologie in generale, sdoganandole di fatto anche in ambiti estranei al settore primario.

È opinione di chi scrive che in uno Stato nella cui Costituzione è esplicitamente detto che “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.” (art. 9), i rappresentanti delle istituzioni dovrebbero porsi di fronte alla questione come elementi super partes, e gli organi di informazione dovrebbero fare informazione piuttosto che propaganda.