Mentre il fronte ambientalista preme per falcidiare l'arsenale fitosanitario esistente, inteso come soluzioni offerte dalla chimica, altre possibilità sono allo studio per ottenere comunque la difesa delle colture senza impiegare agrofarmaci. E non si parla solo di modifiche dirette del genoma, cioè quelle ottenute tramite mutagenesi da radiazioni, da transgenesi o da editing genetico: il mondo della ricerca sta infatti sondando anche le potenzialità dell'uso di virus e filamenti di Rna per controllare specifici parassiti. 


Circa i virus, è stato recentemente pubblicato uno studio sulla rivista Nature Reviews Bioengineering nato dal lavoro di un team guidato da Fabio Pasin, ricercatore italiano che opera presso lo Spanish National Research Council, in pratica il Cnr spagnolo. I virus possono infatti essere progettati per indurre in un organismo la sintesi di acidi nucleici, peptidi e proteine, quindi potrebbero in qualche modo riprogrammare alcune caratteristiche delle piante anche in chiave ereditaria.

 

Vaccinazioni per modifiche mirate

L'idea dei ricercatori è quella di vaccinare le colture con virus capaci di "aggiornare" il patrimonio genetico delle piante con appositi geni che conferiscano loro specifiche resistenze. Tale tecnica venne tentata in passato per salvare la papaya dal Prsv, acronimo di Papaya RingSpot Virus, trasferito dagli afidi. All'epoca vennero utilizzati virus attenuati al fine di istruire le piante e migliorarne la reazione a fronte dell'infezione vera e propria.

 

Purtroppo, non funzionò benissimo. Infatti la soluzione venne poi trovata negli anni '80-90 nei classici Ogm. Le varietà di papaya geneticamente modificate, immuni dal virus, salvarono per assurdo anche le coltivazioni biologiche che le disdegnavano, poiché queste venivano realizzate all'interno di aree in cui la papaya biotech fungeva da cordone fitosanitario. Una qualche forma di immunità di gregge, per fare uno spericolato paragone, esiste quindi anche fra piante e per fortuna nessun movimento no-vax si è ancora inventato miti e leggende su tali vaccini. Tipo che le papaye Ogm provocano morti improvvise o disturbi dello spettro autistico


Il gruppo di ricerca di Fabio Pasin è andato oltre le pratiche di vaccinazione viste per la papaya, modificando geneticamente i virus tramite tecniche Crispr-Cas9. Ciò ha permesso di realizzare nelle piante trattate dei miglioramenti che possono divenire anche ereditari, consentendo di accelerare la selezione di nuove varietà. I fronti di sviluppo di tali ricerche sono peraltro molteplici, guardando anche a specifiche caratteristiche fisiologiche delle piante, come per esempio la resistenza alla siccità

 

Si attendono e si auspicano sviluppi. 


Rna: la difesa in un filamento

L'mRna (Rna messaggero) è il postino che viene creato appositamente nel nucleo cellulare per spedire ai ribosomi operanti nel citoplasma le informazioni genetiche racchiuse in specifici geni. In pratica, è una sorta di stampo che servirà poi a mettere nella giusta sequenza tutti gli aminoacidi che servono a realizzare una proteina ben definita. Per esempio un enzima. Sarà poi questo a svolgere qualche compito all'interno dell'organismo in cui è stata creata. 


Un esempio di uso sanitario preventivo di tale processo biologico è peraltro recente, con i vaccini a mRna contro il Covid-19. In tal caso il necessario mRna non viene realizzato nel nucleo delle cellule umane, in base a geni presenti nei cromosomi, bensì viene inoculato nei pazienti in modo che i loro ribosomi "stampino" la proteina spike con cui il virus si aggancia alle cellule dei polmoni.

 

Di fatto, quella proteina è un antigene, cioè una molecola riconosciuta come estranea dal nostro organismo, il quale reagisce producendo i più opportuni anticorpi. In tal modo, in caso si incontrasse davvero il virus, questo troverebbe ad aspettarlo un solido esercito che ben lo conosce e non vede l'ora di aggredirlo ed eliminarlo. 


Dalla sanità umana a quella vegetale il passo potrebbe essere più breve di quanto si pensi. Ciò stando a un articolo apparso sulla rivista Science dal titolo "The perfect pesticide? Insecticides made of Rna could offer a safer and more targeted weapon against crop pests". 

 

In tal caso non è un filamento di mRNA il protagonista, bensì uno definito iRna, cioè Rna interferente. Realizzata per combattere specifici insetti, questa soluzione potrebbe permettere di proteggere comunque le piante anche senza fare ricorso agli usuali insetticidi e per giunta con una sicurezza ambientale quasi totale. Essendo infatti il filamento di iRNA specifico per il parassita, nessun altro organismo viene danneggiato a seguito della sua distribuzione. 


Per esempio, uno di questi nuovi "biopesticidi" è stato approvato negli Stati Uniti dell'Agenzia per la protezione ambientale (Epa). La revisione dei dati ha richiesto quattro anni di lavoro agli esperti, ma ora il prodotto potrà essere commercializzato con il nome Calantha dalla società GreenLight Biosciences. Il suo target è la dorifora della patata, coleottero che sbrana letteralmente gli apparati fogliari della coltura penalizzandone fortemente le rese. 


Calantha è basato proprio sul meccanismo di interferenza prodotto da uno specifico filamento di dsRna, cioè un tipo di Rna a doppio filamento. Una volta irrorato sulle piante, questo filamento entra nel parassita all'interno del quale viene segmentato in piccoli frammenti di iRna (Rna interferente) da un enzima della dorifora chiamato in acronimo Dicer. In tal modo il filamento viene attivato, divenendo capace di interagire con un altro specifico enzima battezzato Risk (Rna-inducing silencing complex). Sarà questo a distruggere i filamenti di Rna complementari all'iRna, quelli che risultano vitali per il coleottero, uccidendolo. 


Nuove opportunità per il futuro

La stessa start up ha peraltro richiesto l'approvazione di un secondo prodotto finalizzato al controllo della Varroa, un acaro che è la prima causa della mortalità delle api. A differenza degli attuali acaricidi impiegati dagli apicoltori, che comunque una qualche tossicità pur ce l'hanno anche per le api, lo specifico dsRna colpirebbe solo ed esclusivamente l'acaro senza toccare minimamente le api. 


Un tallone di Achille di questa tecnologia lo si trova purtroppo nei lepidotteri, verso i quali non si riesce ancora a sviluppare un iRna efficace. Peccato, perché i lepidotteri sono i primi quanto a danni in agricoltura. Si attendono quindi sviluppi anche in tal senso.