Nessun accordo tra gli Stati membri dell'Unione europea per 'nazionalizzare' la possibilità di vietare sul proprio territorio colture Geneticamente modificate.

Venerdì scorso, a Bruxelles, i responsabili agricoli dei 27 Paesi si sono riuniti attorno a una bozza preparata dalla Danimarca, che presiede in questo semestre i lavori del Consiglio dell’Ue. Il testo mira a consentire agli Stati membri il divieto di coltivazione di Organismi geneticamente modificati sul proprio territorio nazionale.
Ma manca la maggioranza per concludere l’accordo: una decina di Paesi restano contrari.

 

Come funziona oggi?

Attualmente la procedura per autorizzare un Ogm su suolo europeo si svolge a livello comunitario. Una volta che la coltura ha ricevuto l’ok, però, ogni Stato membro ha, almeno in teoria, il diritto di bloccarne la coltivazione nel proprio territorio. Nella pratica questo processo arriva sempre a un momento di stallo, dal momento che l’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, tendenzialmente respinge le motivazioni scientifiche apportate dal singolo Stato.
A quel punto la palla passa al Consiglio, ovvero ai 27 governi nazionali, che potrebbero 'costringere' il singolo Stato a togliere il divieto e permettere la coltivazione che era stata autorizzata a livello europeo. Puntualmente, però, non si raggiunge la maggioranza e l’iter si blocca.

 

Come superare il problema?

La proposta è arrivata dalla Commissione europea nel giugno 2010: l’esecutivo di Bruxelles ha pensato di allargare la lista delle possibili ragioni per i divieti. Non solo motivi scientifici basati su studi e prove empiriche, ma più flessibili ragioni socio-economiche, che non passerebbero al vaglio dell’Efsa. Starebbe così ad ogni Paese decidere per sé: un’idea che potrebbe andare bene sia a chi è favorevole agli Ogm, ma anche a chi è contrario.

 

Favorevoli e contrari

Una decina di Stati si oppongono alla bozza di compromesso danese: tra questi Francia, Spagna, Gran Bretagna, Germania, Belgio, Slovacchia e Irlanda. Alla Germania non piace l’idea di 'ri-nazionalizzare' la procedura d’autorizzazione. Altri, come il Belgio, contestano una delle proposte dalla Commissione: il coinvolgimento dei produttori fin dall’inizio della procedura d’autorizzazione, in una negoziazione 'impresa biotech-governi', di cui alcuni contestano la non trasparenza e il possibile effetto sfiducia sull’opinione pubblica.

 

La posizione italiana

Il governo italiano ha espresso apertura nei confronti della proposta: “Come l’Italia, la Danimarca ha sempre avuto una posizione di cautela verso gli Ogm – ha spiegato Corrado Clini, ministro per l’Ambiente –. La proposta introduce chiaramente il criterio della sovranità nazionale”.
L’apertura ha fatto storcere il naso ad alcune organizzazioni, come Coldiretti e Slow food, che hanno ricordato al ministro l’altissima percentuale di italiani fortemente contrari al biotech. “E’ veramente difficile interpretare la posizione dell'Italia come favorevole alla liberalizzazione dell'uso degli Ogm”, ha spiegato ancora Clini, sottolineando che l’apertura non è per il sì alla coltivazione: al contrario, si apre alla possibilità di vietarli su territorio italiano più facilmente rispetto ad oggi.

 

Le tempistiche

Se per ora il risultato è un nulla di fatto, “la proposta non è sepolta”, ha detto il ministro dell'Ambiente danese, Ida Auken.
Rispetto ai 15 Paesi che inizialmente si opponevano, il numero è sceso a 9, di cui più d’uno aperti a proseguire il dialogo.
L’obiettivo della Presidenza danese è quindi di continuare a negoziare per portare a casa un compromesso entro la scadenza del mandato, ovvero metà giugno.