Per ampliare i mercati di riferimento occorre puntare all'estero, ma per farlo servono masse critiche e investimenti. Ecco quindi che se un'azienda da sola non ne ha le possibilità, unendosi ad altre realtà simili può massimizzare i profitti. Senza dimenticare che chi fa rete sente meno il peso della burocrazia.
Ecco alcuni dei concetti, suffragati da esperienze concrete, di imprese che stanno facendo rete, emersi a Milano Marittima durante l'8° Forum della Cdo Agroalimentare, il 28 e 29 gennaio scorso, dal tema 'Le reti creano conoscenza. La conoscenza produce sviluppo'.
A fare gli onori di casa è stato il presidente Camillo Gardini il quale, insieme agli altri amici della Cdo agroalimentare, ha allestito un Forum fondato sulla concretezza, sugli esempi di imprese che già da tempo hanno deciso di 'fare rete'.
Antonio Baietta è presidente di un polo agroindustriale in mano agli allevatori. Il settore infatti è quello lattiero caseario e la cooperativa è la Santangiolina (Milano) che nel 2011 compie 50 anni. Associa 400 allevatori, 250 milioni di litri di latte ritirati ogni anno e in parte lavorati in proprio. Alcuni numeri: 40mila forme di Grana padano Dop prodotte ogni anno, 100 milioni di fatturato. "Il nostro lavoro – ha affermato - lo indirizziamo sulla qualità e sulla diversificazione. Dobbiamo occupare tutti i segmenti possibili del nostro settore in modo da ammortizzare la volatilità dei mercati. Un produttore di latte che rimane isolato compie un errore gravissimo. E' in balia del mercato e ne deve affrontare gli scossoni da solo".
Dal latte al vino: Luca Rigotti, presidente della cooperativa Mezzacorona di Trento (50 milioni di vino fermo, 2,5 milioni di bottiglie di spumante). La cooperativa ha una spiccata propensione all'export. L'85% delle bottiglie di vino viene esportato in America, Germania e nord Europa. Il mercato estero, molto promettente, richiede però grandi investimenti, di capitali e di personale: in poche parole, una massa critica importante.
Luigi Cattaneo, del Distretto latte della Lombardia, ha sottolineato che la 'rete' da loro costruita ha lo scopo di dare un maggior valore al prodotto. Mettendo in rete produttori, trasportatori e aziende di trasformazione, si vuole valorizzare meglio il latte. Anche se, all'appello, manca ancora la grande distribuzione. Il Distretto è stato istituito nel dicembre del 2010 e si pone come obiettivo l'innovazione, uno sguardo verso l'estero e la ricerca. "Vogliamo arrivare preparati al 2015 quando cesserà il sistema delle quote latte. E' vero che ci sarà un mercato più 'libero', ma serviranno regole che evitino di arrivare a un mercato selvaggio".
Stefano Pezzini, presidente di Brendolan prosciutti e titolare di impresa agricola, ha integrato l'allevamento zootecnico (vacche da latte) con quello suinicolo. Il siero derivante dalla creazione del Grana padano viene usato per alimentare i suini.
La rete di Brendolan? Ad esempio l'esclusiva per la produzione di cosce destinate al prosciutti Dop Carpegna, 90mila pezzi l'anno. Qui la filiera raggiunge i massimi livelli attraverso un disciplinare rigoroso e la stagionatura in un ambiente, sull'Appennino marchigiano-romagnolo, unico nel suo genere.
Andrea Prato, sul tema di fare rete, ha costruito il suo programma di Governo. L'assessore regionale all'agricoltura della Sardegna ha affermato che "non stiamo passando un gran momento. Però organizzando la filiera, e con una valutazione attenta di ogni comparto, si riescono anche a trovare le risorse. E' accaduto per il settore ovino della Sardegna, per la quale la Regione ha stanziato 150 milioni in tre anni. Nell'ultimo periodo abbiamo recuperato 15 centesimi al litro per il nostro latte e ciò ha rappresentato una boccata d'ossigeno per gli allevatori sardi".
Adriano Rasi Caldogno, del ministero delle Politiche agricole, ha spiegato che "il futuro dell'agricoltura sta nelle reti di conoscenza. Le reti, infatti, permettono di ridurre i costi. Fino a qualche anno fa le aziende avevano una forte stampella del reddito attraverso i finanziamenti pubblici. Oggi questi finanziamenti sono in calo e le reti rappresentano uno strumento, in un certo senso sostitutivo, che non va a pesare sulla collettività. Si pensi solo all'accesso alle tecnologie della meccanizzazione: per la maggior parte delle aziende italiane alcuni mezzi hanno costi insostenibili, ma questo ostacolo si supera se ci si aggrega".
Alessandro Dalpiaz, direttore di Assomela, ha affermato che anche per un prodotto semplice come le mele si può continuare l'innovazione. L'ultima frontiera è rappresentata da bustine da 80, 100 o 150 grammi di mela sbucciata e tagliata, al fine di incontrare il gradimento di quei consumatori con poco tempo a disposizione per mangiare la mela in modo classico.
Ezio Rivella, presidente Consorzio Brunello di Montalcino, durante il suo intervento ha spiegato di come il prodotto 'Brunello', conosciuto in tutto il mondo, sia nato "dagli anni '70 quasi dal nulla. I terreni costavano 3 milioni di lire l'ettaro. Oggi possono arrivare a 500mila euro. Un esempio di come l'imprenditoria abbia dato valore aggiunto al territorio".
L'esperienza di Federico Vecchioni nell'ambito di Agriventure, che si occupa di strumenti finanziari innovativi a favore delle imprese agricole, è rivolta alla crescita del settore. "Il tema della filiera agroalimentare deve essere messo di nuovo al primo posto, valutando i cambiamenti degli ultimi dieci anni".
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Fonte: CdO Agroalimentare