Il carciofo (Cynara scolymus L.) è una pianta perenne appartenente alla famiglia delle Composite di cui, com’è ben noto, si utilizzano le infiorescenze (capolini) quando sono immature e tenere.
In Italia la coltivazione del carciofo viene effettuata praticamente in tutte le regioni, anche se essendo una coltura tipica dell'area mediterranea, essa trova le condizioni ottimali di crescita e di produzione nelle regioni centro-meridionali ed insulari.

Le varietà che si coltivano in Italia possono essere classificate, in base alle caratteristiche agronomico - commerciali, in due grandi gruppi:
- varietà precoci o autunnali (Catanese, Violetto di Provenza, Spinoso sardo) con capolino medio piccolo (150-200g) e produzioni che si verifica a cavallo dell'inverno, con inizio ad ottobre-novembre, e, dopo una stasi invernale, continua in primavera fino a maggio;
- varietà tardive primaverili (Romanesco, Campagnano, Violetto di Toscana, Tondo di Paestum) coltivate nelle aree costiere dell'Italia centro-settentrionale. hanno un capolino molto più grande dei rifiorenti e forniscono una produzione più o meno precoce che può durare da febbraio-marzo fino a maggio-giugno. 

Carciofo, in Italia si coltiva in tutte le regioni

L'impianto della carciofaia fino ad alcuni anni fa veniva realizzato esclusivamente con l'impiego dei "carducci" (polloni distaccati da piante di oltre un anno, messi a dimora in autunno in concomitanza della "scarducciattura"), o con l'impiego di "ovoli" (ramificazione quiescente della pianta dotata di apparato fogliare e radicale che rimane sotto terra e che si ingrossa a forma di uovo), limitatamente alle varietà autunnali.

L'impiego di piante propagate 'in vitro' rappresenta, attualmente, l'unica alternativa al metodo tradizionale.
Questo metodo di propagazione offre da un lato la possibilità di selezionare e clonare piante interessanti per taluni caratteri, come la precocità, e dall’altro permette di ottenere piante risanate da virus e altri patogeni.
D'altro canto, gli svantaggi sono rappresentati dall'elevato costo delle piantine e dalla perdita del carattere di 'rusticità' della coltura. Le piante propagate mediante questa tecnica si sono dimostrate più sensibili all'attacco dei parassiti fungini (in particolar modo l'oidio) e degli afidi. La riproduzione per seme consentirebbe di superare tutti i problemi di cui si è detto, legati alla propagazione vegetativa.

Le cultivar diffuse in Italia sono difficilmente propagabili per seme, in quanto fortemente eterozigoti, nell'ultimo decennio, però, sono state sperimentate da diverse case sementiere diverse cultivar, che però hanno trovato limitato riscontro sul mercato.

La durata di una carciofaia non è definibile a priori. Mediamente si aggira intorno ai 2-3 anni, anche se il ricorso al ciclo annuale (favorito dal ricorso a cultivar da seme e piante micropropagate) potrebbe permettere di ottenere produzioni quantitativamente e qualitativamente superiori.

La coltivazione del carciofo (tipica coltura da rinnovo) si adatta a tutti i tipi di terreno anche se preferisce quelli di medio impasto, profondi e ben drenati, a causa della sua sensibilità ai marciumi radicali. I sesti di impianto tradizionale è quello in quadro intorno a 1,00 x 1,00m con un investimento di 8-9000 piante/ha.

L'irrigazione influenza direttamente la durata del ciclo colturale del carciofo; tale pratica molto diffusa nelle aree più meridionali e sulle varietà precoci e nei mesi estivi evita alla pianta di andare in riposo consentendo un notevole anticipo della produzione.
Nella coltivazione dei tipi tardivi (primaverili) si ricorre all'irrigazione soprattutto a fine stagione, nelle primavere siccitose, per prolungare il periodo di raccolta ed ottenere un buon livello qualitativo del prodotto. I fabbisogni irrigui di tale coltura, considerando le precipitazioni medie delle aree centro meridionali della nostre penisola si aggira intorno 4-5000 m3/ha e il metodo irriguo più utilizzato è quello per aspersione.


Carciofo e fertilizzazione

L'ottenimento di una buona produzione commerciale, sia come epoca di raccolta sia come caratteristiche quali-quantitative, è raggiungibile solo con una fertilizzazione adeguata.

Nelle nostre realtà e per le varietà tardive, in linea generale, si consigliano apporti complessivi di 150-250 kg N/ha. L'azoto dovrebbe essere distribuito in minima parte insieme al fosforo ed al potassio al risveglio autunnale della coltura.
Le esigenze azotate maggiori, invece, si hanno dalla fase di differenziazione dell'apice alla raccolta dei capolini ed è in questo periodo che va somministrata la restante parte di azoto, possibilmente in maniera frazionata. Per quel che riguarda fosforo è potassio è consigliabile apportare 100-150 kg/ha di P2O5 e di 50-150 dosi di ossido di potassio (K2O) da somministrare sempre nella fase del risveglio vegetativo.

La scarducciatura (eliminazione dei carducci in eccesso) permette di stimolare la massima precocità di produzione; essa, in genere, avviene in due diversi periodi: un primo intervento viene effettuato a settembre-ottobre ed un secondo da metà febbraio a metà aprile.
La dicioccatura, che consiste nell'eliminare i residui delle piante a fine raccolta, viene effettuato ricorrendo a mezzi meccanici che sfibrano e riducono in piccoli frammenti le piante secche, rendendole particolarmente adatte alla loro decomposizione.

Il controllo delle infestanti di una coltura poliennale come il carciofo è di fondamentale importanza. Tra le infestanti della carciofaia c'è una lunga serie di malerbe annuali, biennali e perenni. Il controllo di tali erbe viene effettuato integrando il diserbo chimico con mezzi meccanici (fresature e rincalzature degli interfilari) e manuali (zappature).

Il carciofo, pur essendo una pianta rustica, è soggetta ad alcune avversità. I danni da gelo interessano la coltura quando la temperatura scende a livelli critici. In particolare già a 0°C si osserva il distacco della cuticola delle brattee; a -4°C si hanno danni permanenti alla parte aerea; a -7°C congela la pianta e a -10°C si ha la morte del rizoma. Per difendere la coltura dal gelo si possono effettuare irrigazioni a pioggia lenta allorché la temperatura arriva a 0°C.
Il più temuto parassita del carciofo nei nostri ambienti è l'arvicola (topo campagnolo) la cui enorme diffusione limita fortemente la durata degli impianti. Questo parassita è di difficile controllo; si cerca di contenere i danni mediante esche o carducci avvelenati in estate, quando la coltura è in vegetazione e le arvicole escono all'aperto avendo scarso alimento.

Tra gli insetti che danneggiano i capolini, due specie di lepidotteri sono degne di particolare attenzione: la nottua del carciofo (Gortyna xanthenes Germ.) e la depressaria (Depressaria erinaceella Stg.

Carciofo e avversità

Le nascite larvali avvengono per la depressaria in ottobre-novembre e in gennaio-febbraio per la nottua. Importante è effettuare il controllo prima che le larve facciano il loro ingresso nella pianta.

E' necessario inoltre fare una scelta oculata degli insetticidi in modo da conciliare tempi di carenza con ritmi di raccolta. Tra i principi attivi utilizzabili ricordiamo l’indoxcarb, lufenuron, spinosad, clorpirifos e il Bacillus thuringiensis.
Altri fitofagi ricorrenti sono gli afidi (Brachycaudus cardui, Aphis fabae, Myzus persicae ecc.) e la cassida (Cassida deflorata Suffr.) nei confronti dei quali è consigliabile intervenire con imidacloprid, pirimicarb o con piretroidi.

Tra le malattie crittogamiche quella che interessa maggiormente il carciofo nei nostri ambienti è rappresentata dai marciumi del colletto (Sclerotinia spp., Rhizoctonia spp.), presenti soprattutto nei terreni mal drenatie contro i quali si può intervenire con metalaxil. L'oidio (Leveillula taurica) e la peronospora (Bremia lactucae) non creano grandi problemi fitosanitari, anche perché sono di facile controllo con buoni programmi di trattamento (triazoli e zolfo per l’oidio e cimoxanil, fosetil alluminio e rame per la peronospora o azoxystrobin per entrambi).

A cura di Enrico Barlotti - socio di Antesia

 

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