Seppur ne avrebbero fatto volentieri a meno, le colture sono state messe a dieta. Quando la liquidità cala la prima tentazione che viene ai produttori è infatti quella di non fertilizzare, illudendosi che, tanto, il suolo ha comunque un’inerzia di nutrienti capace di compensare “almeno per un po’”.
Il prezzo che si paga per questa scelta è però solo rinviato nel tempo, poiché il risparmio di oggi diventa perdita produttiva negli anni successivi. E gli interessi che si pagano in tal caso sono pure cari. Purtroppo, i molti dubbi sui prezzi alla vendita dei propri raccolti inducono gli agricoltori a risparmiare oggi, perché – ce lo ricorda Lorenzo il Magnifico – “di doman non v’è certezza”. Come conseguenza della contrazione della domanda si è assistito quindi a un crollo dei pezzi all’offerta. Per esempio, un fertilizzante classico per il grano viene oggi venduto a circa un terzo rispetto al valore di un anno fa. Ciò potrebbe lasciar pensare a un incentivo agli acquisti, peccato che nel frattempo anche i prezzi all’origine di molti prodotti agricoli, dai cereali alla frutta, siano anch’essi calati vistosamente. Questo fattore ha condotto a ciò che in economia si chiama “deflazione”, un temutissimo fenomeno che si genera quando a un calo dei prezzi corrisponda un’ulteriore calo dei consumi invece che una loro ripresa. In mezzo tra agricoltori e aziende produttrici, inoltre, stanno i distributori: rivendite private, consorzi e cooperative. Molti di loro, a causa di questa discesa dei prezzi alla vendita, stanno addirittura lavorando in perdita.
Nei loro magazzini langue invenduta della merce pagata anche 1.000 Euro a tonnellata, il cui prezzo attuale non supera però i 350/400 Euro la tonnellata. A queste condizioni appare dura accollarsi nuova merce e quando la clientela non compra si mette in crisi l’intero sistema commerciale fino alla fonte: le aziende produttrici. Come in un domino cinese, quindi, ogni tassello che cade trascina verso terra anche il tassello successivo. L’origine della crisi è in fondo tutta lì: manca redditività all’azienda agricola e quando le fonti si asciugano, nessun fiume porta acqua al mare.
La seconda metà del 2009 ha visto cali nei consumi di concimi minerali, organici, organo minerali. Soprattutto queste ultime due categorie appaiono in sofferenza, mentre il consumo degli ammendanti dovrebbe rimanere costante, andando in sostituzione proprio di queste due ultime tipologie di prodotti. Per i concimi minerali il calo è stato meno vistoso grazie alle vendite di prodotti a base d’azoto, il quale tra tutti i nutrienti è il fattore più limitante alle produzioni. Anche i prodotti a base di microelementi chelati, come pure quelli a base organica con proprietà biostimolanti, hanno risentito di meno della crisi, dato che si impegnano su colture ad alto reddito. Complessivamente, nel 2009 si stima un calo produttivo degli stabilimenti italiani di circa il 20% rispetto al 2008. [Fonte: Federchimica]