La varroa è il principale parassita che affligge le api da miele della maggior parte del mondo.

 

Originaria del Sud Est asiatico dove convive con una specie di ape locale, Apis cerana Fabr., alcuni decenni fa, venendo a contatto con l'ape da miele europea Apis mellifera L., ha compiuto un salto di specie e poi, tramite scambi commerciali e il movimento di alveari, si è diffusa in quasi tutte le parti del mondo diventando una delle prime problematiche della apicoltura moderna.

 

L'ape da miele europea infatti, a differenza di Apis cerana, generalmente non è in grado di tollerare quest'acaro, che tra l'altro è vettore di numerosi virus patogeni.

 

Così, per mantenere in vita gli alveari sono necessari trattamenti acaricidi, effettuati con vari farmaci veterinari, che in ogni caso arginano, ma non risolvono il problema.

 

Da qui l'idea di lavorare sul miglioramento genetico degli alveari, per cercare di ottenere popolazioni in grado di contrastare da sole questo parassita.

 

Una idea certamente non nuova e soprattutto assolutamente non facile da realizzare, a cui oggi sta lavorando anche l'Università di Milano, assieme al Cnr.

 

Per farci spiegare questo lavoro nel dettaglio abbiamo intervistato il professor Giulio Pagnacco, che sta coordinando questo progetto di ricerca finanziato con i fondi del Psr.

 

Professore, cosa è questo progetto e chi ci partecipa?
"È un progetto finanziato con i fondi Psr 2014-2020 di Regione Lombardia e durerà purtroppo solo un paio d'anni. C'è un gruppo operativo ormai ben collaudato che ci lavora con aziende d'avanguardia nel settore apistico e 2 istituzioni di ricerca, l'Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria del Cnr e il Dipartimento di Medicina Veterinaria e Scienze Animali dell'Università di Milano. È un gruppo operativo che sta lavorando insieme da diversi anni e infatti questo progetto si chiama Beenomix 3.0 proprio perché segue 2 altri progetti precedenti ormai conclusi".

 

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Il professor Giulio Pagnacco

(Fonte foto: Cnr)

 

Cosa state facendo?
"Ma guardi, si tratta di un protocollo non nuovo, ma per la verità assai complesso. In estrema sintesi vengono costituite delle colonie, allevate in arnie Miniplus, guidate da regine inseminate artificialmente col seme di un singolo fuco (Sdi, Single drone inseminated). Queste famiglie sono costituzionalmente molto deboli e abbiamo facilmente casi di fallimento per sostituzione della regina, collasso o altri problemi.

 

Le colonie ad un certo punto vengono infestate con una dose standardizzata di acari di varroa e, trascorso il tempo necessario, vengono sottoposte ad un test che valuta il comportamento della colonia infestata. L’operatività della cosa non è semplice perché è anche necessario avere in attività un allevamento sincronizzato di varroe.

 

In pratica con questo test viene misurato il rapporto tra il numero di celle infestate da varroe non riproduttive rispetto al totale delle celle infestate da varroe singole. Dalle colonie migliori, quelle col rapporto più alto, vengono subito allevate regine destinate alla produzione di fuchi del ciclo selettivo che segue. Spesso la fragilità di queste famiglie impedisce loro di superare l'inverno e non è detto che quelle che lo superano siano le migliori, quelle che servono. Con un po' di fortuna però si riescono ad allevare madri per il ciclo seguente".

 

State quindi lavorando su quello che in gergo scientifico viene definito il comportamento igienico delle api?
"Il comportamento igienico è un fenotipo abbastanza generico che può descrivere l'attitudine delle api a ripulire celle colpite da ogni genere di patologia. Qui cerchiamo di mettere in evidenza la specifica capacità delle api di percepire sotto l'opercolo la presenza di una varroa in riproduzione e quindi di aprire quella cella e disturbare la varroa abbastanza da renderla incapace di completare il suo ciclo riproduttivo. Si tratta del Vsh (Varroa sensitive hygiene). Una colonia con questo tipo di api può quindi convivere col parassita senza necessità di periodici trattamenti".

 

Uno dei problemi principali di questo carattere è la scarsa ereditabilità, cioè la bassa probabilità di essere trasmesso alle generazioni successive, come pensate di superare questo ostacolo?
"La famiglia prodotta da una regina Sdi è composta da api supersorelle e quindi geneticamente molto simili tra loro (75%): la variabilità genetica complessiva è quindi quasi tutta tra famiglie e non entro famiglie. E in effetti stiamo trovando grande variabilità tra queste colonie: da 90% a zero nel rapporto che dicevo prima.

 

Tenga conto poi che il progetto utilizza regine di partenza già selezionate per questo carattere e fuchi provenienti da Dpq (le regine selezionate per la produzione di fuchi) a loro volta selezionate: insomma non partiamo da zero. Il progetto infatti è iniziato quest'anno, ma da 2 anni il gruppo operativo sta allenandosi nella gestione dei Miniplus, nella Sdi, nell'allevamento di varroe e in tutto quel che è necessario.

 

Del ciclo attualmente in corso abbiamo un pedigree completo per via materna e paterna che risale al 2020. Potremo quindi elaborare i dati con modelli matematici complessi e stimare direttamente i parametri genetici cui faceva cenno nella sua domanda. Qui inoltre abbiamo anche l'opportunità di confrontare il genoma dei tipi resistenti con quelli non resistenti e stanare con un po' di fortuna i geni che fanno la differenza. Questo aprirebbe interessantissime possibilità selettive".

 

Attualmente nel mondo ci sono varie popolazioni di Apis mellifera, appartenenti a diverse sottospecie, che sono in grado di convivere con la varroa. State studiando anche queste popolazioni?
"No. Stiamo lavorando con il pool genetico Beenomix selezionato dal 2014 coi precedenti progetti Psr di cui accennavo prima. Certamente sarebbe auspicabile che in Italia anche con la ligustica ci si impegnasse con un protocollo che selezioni entro la varietà i ceppi geneticamente resistenti a varroa. Non facendolo si espone sempre di più al rischio che un crescente numero di apicoltori utilizzino ceppi resistenti e abbandonino la nostra ape italiana".

 

Sicuramente non sarà un percorso né facile, né breve, quanto durerà questo progetto e che risultati vi attendete?
"Ha perfettamente ragione, si tratta di un percorso lungo e complesso che spero verrà portato avanti dal gruppo operativo anche oltre il breve orizzonte temporale del progetto. D'altra parte vincere la battaglia con la varroa è più che mai cruciale se si pensa alle nuove sfide titaniche che gli apicoltori devono oggi fronteggiare. Penso naturalmente al drammatico impatto dei cambiamenti climatici.


Per quanto riguarda i risultati non dobbiamo dimenticarci che ottenere linee resistenti è fondamentale, ma una sfida ulteriore sarà la diffusione di questo germoplasma migliorato alla popolazione generale. Ma qui si apre un altro capitolo perché si tratterà di un processo lungo e complesso che oggi possiamo solo iniziare ad immaginare".