Cresce la produzione di mangimi in Italia e con il suo + 1,8% realizzato nel 2011 lancia una sfida alla stagnazione dell'economia e alla crisi economica internazionale. Una sfida e al contempo una risposta all'aumento della richiesta di cibo. Oggi un miliardo di persone sono denutrite e fra poco, nel 2025, la popolazione mondiale arriverà a quota 8 miliardi di persone. Un miliardo più di oggi. La produzione di carne dovrà aumentare del 63% per rispondere alla richiesta di alimenti, già oggi in aumento grazie alle migliorate condizioni di vita dei paesi con economie emergenti. Gli allevamenti dovranno far fronte a queste richieste e non c'è zootecnia senza industria mangimistica, ha ribadito con orgoglio Silvio Ferrari, presidente uscente di Assalzoo, l'associazione dei mangimisti italiani, che ha celebrato a Bologna nei giorni scorsi la sua 67esima assemblea annuale.

 

I numeri

Nel ricordare i buoni risultati raggiunti dall'industria mangimistica italiana, Ferrari ha ripercorso le tappe affrontate dal settore negli ultimi anni, dall'emergenza Bse all'influenza aviere, per poi approdare alle attuali difficoltà prodotte dalla crisi economica. Una congiuntura negativa alla quale tutto il settore agroalimentare ha dimostrato di saper reagire migliorando in particolare i risultati dell'export. Sul fronte dei mangimi il 2011 ha fatto registrare un record storico, con la produzione di 14,5 milioni di tonnellate. Una crescita guidata dai prodotti destinati ai suini (+6,8%) e ai bovini (+2%), senza mai venir meno al rispetto di un alto standard qualitativo.

I numeri della zootencia e dei mangimi
Produzioni Valori (milioni di tonn) Variazione 2010/2011
Mangimi 14,5 +1,8
Carne bovina 1 -5,5
Carne suina 1,6 -4,2
Carne di pollame 1,23 +0,9
Latte 10,5 -6,3

L'aumento produttivo del settore mangimistico si è sposato con una crescita del 13,5% del fatturato, che ha raggiunto i 7,5 miliardi di euro. Un aumento, ha tenuto a sottolineare Ferrari, che non si traduce in un miglioramento dei margini delle aziende produttrici, che anzi hanno cercato per quanto possibile di non ribaltare sugli allevatori i costi della “bolla” dei prezzi delle materie prime. Ad erodere i margini ci hanno poi pensato gli aumenti di costo dell'energia, ai quali si aggiunge l'esposizione finanziaria conseguente ai tempi lunghi di pagamento delle forniture e di rimborso dei crediti Iva.

 

Pagamenti in tempi certi

Su questo fronte sono forti le attese per le applicazioni del decreto “liberalizzazioni” che all'articolo 62 prevede tempi certi per i pagamenti nel settore agroalimentare. Un argomento sul quale è intervenuto Giovanni Di Genova, del ministero per le Politiche agricole, che ha ricordato le tappe che il decreto dovrà superare per diventare operativo. A questo articolo si è guardato in particolare per i suoi riflessi nei rapporti commerciali con la distribuzione organizzata, ma la sua influenza è destinata ad esercitarsi su una molteplicità di soggetti e di settori, dall'ortofrutta alla zootecnia. Per gli allevatori potrebbe dunque tradursi nella necessità di pagare le forniture entro i 60 giorni, contro gli attuali tempi di 150-180 giorni e oltre. In più di un'occasione, infatti, le industrie mangimistiche fungono impropriamente da “cassa di espansione” per le difficoltà finanziarie degli allevamenti. Un “polmone” che potrebbe sparire, ma la cui funzione verrebbe sostituita dalla più celere circolazione di crediti e debiti, annullando gli attuali scompensi che gravano ora sui fornitori, ora sugli acquirenti. Ma occorrerà tempo, almeno un paio di anni ha ricordato Di Genova, affinché questo ciclo “virtuoso” possa realizzarsi concretamente.

 

Le insidie della Pac

Prima di allora gli allevatori e con loro le industrie mangimistiche, dovranno fare i conti con la riforma della Pac, argomento sul quale è intervenuto in videoconferenza, il presidente della commissione Agricoltura del Parlamento europeo, Paolo De Castro (nella foto un momento del suo intervento). Che ha ricordato le difficoltà dell'iter di approvazione, ora alle prese con la discussione sui quattro testi legislativi che compongono la riforma e sui quali si è aperto un vasto dibattito che ha portato alla formulazione di oltre mille emendamenti dei quali si sta discutendo. In sintesi, ha ricordato De Castro, le proposte hanno come criterio guida più semplicità, più flessibilità e meno burocrazia. Parlando del greening si deve puntare ad una applicazione facile, senza il rischio di una visione nord europea, fatta di pascoli e di una agricoltura estensiva. Poi la semplificazione delle pratiche per consentire senza particolari impegni l'accesso alla componente verde, pur senza modificare l'impianto di attenzione all'ambiente insito nella riforma Pac. Altro elemento è la redistribuzione degli aiuti, che non deve essere basata solo sulla superficie. Il percorso è comunque appena iniziato e i prossimi mesi saranno decisivi nella formulazione delle proposte.

 

La posizione dei mangimisti

In tema di riforma della Pac, le industrie mangimistiche criticano l'assenza di misure che spingano gli agricoltori a produrre di più, ma al contrario si incentiva la “non produzione”. Manca poi un sistema che favorisca la ricostituzione di scorte strategiche, necessarie a gestire situazioni di emergenza. Ma come ha ricordato De Castro c'è ancora possibilità di intervenire sulla riforma della Pac e le proposte del settore mangimistico saranno portate ora avanti da Alberto Allodi, che l'assemblea di Assalzoo ha nominato presidente per il prossimo biennio. La nomina di Allodi, che è al contempo presidente di Skretting Italia, società impegnata nella nutrizione in acquacoltura e attenta all'aumento della richiesta di alimenti nel mondo, sembra sposarsi idealmente con la “missione” di Assalzoo e con l'impegno nel migliorare quantità e qualità delle produzioni di origine animale.