Fitofarmaci o pesticidi? Se si usa l'uno si leva un coro di grida da una parte, se si usa l'altro una levata di scudi dall'altra.

 

E sembra, come molto spesso accade nella nostra cara Italia, che anche su questi termini ci si arrocchi su opposte fazioni l'un contro l'altro armati: guelfi e ghibellini, bianchi e neri, ben cotta o al dente, fitofarmaci e pesticidi.

 

Ma che differenza c'è e che significato hanno questi due termini? Cerchiamo di fare almeno chiarezza, senza pretendere di fare la pace.

 

Se vogliamo essere precisi la terminologia ufficiale, quella usata nei documenti ministeriali, è prodotti fitosanitari, ma questa lasciamola ai funzionari del ministero e andiamo a vedere i termini che si incontrano (e si scontrano) nel dibattito pubblico e giornalistico.

 

Fitofarmaco è una parola molto bella, colta, che deriva dal greco (φυτòν) phytòn = pianta e (φαρμακòς) pharmakòs = medicina. È il termine tecnico italiano per indicare i prodotti utilizzati per la cura delle piante dai loro parassiti o altri organismi indesiderati.

 

Tra i fitofarmaci ci sono tutti quei prodotti che finiscono in -cida (dal latino caedo = uccido), quindi gli erbicidi contro le erbe infestanti, gli insetticidi contro gli insetti, gli acaricidi contro gli acari, i nematocidi contro i nematodi, i molluschicidi contro chiocciole e lumache e i fungicidi contro i funghi (un tempo detti anche anticrittogamici, ma qui l'etimologia non ve la faccio sennò si va fuori tema).

 

Esiste anche la parola "agrofarmaco", un sinonimo, che indica i "farmaci" usati in agricoltura, utilizzato in particolare dagli addetti ai lavori e poco presente nella stampa generalista. È un termine per alcuni più arzigogolato, per altri con troppe "erre", che suona male. Cacofonico, come direbbero quelli che hanno studiato troppo.

 

Pesticida invece è una parola che viene dall'inglese "pesticide" che etimologicamente vuol dire "che uccide un pest", cioè un organismo indesiderato. E i vocabolari inglesi indicano "pesticide" come il termine tecnico per indicare qualsiasi prodotto usato per proteggere le coltivazioni.

 

Per i vocabolari italiani fitofarmaci e pesticidi sono a tutti gli effetti sinonimi. E tecnicamente comprendono tutti i prodotti per la difesa delle colture. Tutti, belli e brutti, di sintesi e di origine biologica, semplici o complessi, più impattanti e meno impattanti.

 

Però in italiano ormai il termine pesticida ha preso un'accezione nettamente negativa. Insomma i pesticidi sono i fitofarmaci cattivi.

 

Ma come mai? Ovviamente per l'uso soprattutto giornalistico che se ne fa o se ne è fatto, ma anche per la parola stessa, che di per sé non è né buona né cattiva, ma suona cupa.

 

In italiano "pesticida" richiama da una parte la peste, risvegliando paure antiche e ricordi letterari o scolastici (magari per alcuni ancor più antipatici della peste stessa) e dall'altra l'uccidere, dalla radice -cida, comune a brutte cose come l'omicidio, il fraticidio, l'infanticidio.

 

Ma è solo la forma e il suono della parola, quello che i linguisti (e quelli che hanno studiato troppo) chiamerebbero il significante. La parola di per sé, come si è detto non è né buona né cattiva.

 

Anzi il significato è fondamentalmente positivo: se qualcosa uccide un pest, nostro nemico, dovrebbe essere nostro amico, o per lo meno farci un favore.

 

Se nel lazzaretto di Milano Don Rodrigo avesse avuto un bel peste-cida, se lo sarebbe spruzzato volentieri sotto le ascelle (sotto le ascelle perché lì aveva il bubbone, non perché puzzasse, tanto nel '600 puzzavano tutti).

 

Quindi pesticidi buoni? Anche . E fitofarmaci pure sempre buoni? Anche no

 

È la stessa parola farmaco che ce lo dice, dal momento che in greco pharmakòs vuol dire sia farmaco che veleno. Tutto dipende dall'uso che se ne fa.

 

Sull'uso delle due parole invece sarebbe da farsi meno problemi e trattarli da buoni sinonimi quali sono, continuando beatamente a disquisire se la pasta è meglio cotta o al dente e se nel caffè lo zucchero ci va oppure no.

 

Ovviamente non ci va…