La rucola è una coltura di grande interesse per l'Italia. Nel Paese ci sono molte aziende agricole specializzate nella produzione di questa insalata in quarta gamma, destinata per il consumo interno e l'export.

Quella della rucola è una coltura non semplice, anche perché soggetta ad un gran numero di malattie di origine fungina che prendono di mira la parte aerea, come anche il colletto e l'apparato radicale. Tra i diversi patogeni quello che sicuramente può arrecare maggiori danni è la peronospora, capace di compromettere la produttività della serra fin dai primi stadi di sviluppo delle piantine.

Per questo motivo nell'ambito dei progetti Agridigit e Agrofiliere, coordinati dal Crea, il Centro di Ricerca Orticoltura e Florovivaismo di Pontecagnano (Sa) ha intrapreso lo sviluppo di un sistema di "early detection" per quanto riguarda gli attacchi di patogeni fungini.


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Un intervento tempestivo

"L'essere in grado di sapere se è in corso un attacco di origine fungina sulla coltura, ben prima che i primi sintomi siano visibili in campo, permetterebbe di mettere in atto una difesa sicuramente più efficace ma anche maggiormente sostenibile", spiega Catello Pane, ricercatore del Centro di Ricerca Orticoltura e Florovivaismo del Crea.

"Oggi gli orticoltori intervengono quando individuano sulle foglie i sintomi della malattia, ma è già tardi poiché una parte del danno è stato fatto. Con il sistema che stiamo studiando sarebbe invece possibile individuare i primissimi segni dell'infezione, che ad occhio nudo non sono assolutamente riconoscibili".

 

Riflettanza

 

Un sensore a difesa delle colture

Il principio su cui si basa la sperimentazione è relativamente semplice. Quando le spore di un patogeno raggiungono la pianta, penetrando all'interno di essa, si mettono in moto una serie di reazioni biochimiche all'interno dei tessuti vegetali che hanno tra gli scopi quello di resistere alla proliferazione del fungo.

Le decolorazioni della foglia, tipico sintomo degli attacchi, compaiono solo successivamente e sono dovute alla morte delle cellule vegetali devitalizzate dal micete. Dunque, per essere tempestivi, sarebbe utile poter riconoscere nelle foglie i segni delle primissime reazioni del vegetale proprio all'interazione con il fungo.

"Questo è quello che stiamo provando a fare. L'idea è di utilizzare una telecamera termica, in grado di misurare la temperatura sulla superficie fogliare, e una iperspettrale, in grado di analizzare la luce riflessa dalle foglie in un ampio range di lunghezze d'onda, per individuare alterazioni riconducibili proprio alla presenza del fungo", spiega Pane.


Una questione di riflessi

Quando la luce, solare o artificiale, colpisce una superficie rimbalza e modifica la propria lunghezza d'onda a seconda delle caratteristiche possedute dal materiale. È lo stesso principio su cui si basa l'occhio umano, in grado di riconoscere i colori degli oggetti poiché ogni colore è in grado di assorbire certe lunghezze d'onda e non altre.

I sensori iperspettrali sono in grado di raccogliere informazioni all'interno di un range di lunghezze d'onda molto ampio, ben più vasto rispetto a quello a cui è sensibile l'occhio umano. Se l'assunto è che le infezioni fungine modificano la composizione dei tessuti vegetali in maniera univoca, questi sensori dovrebbero essere in grado di rivelare la "firma" del fungo nella luce riflessa.

"Il lavoro che stiamo facendo è quello di cercare di mettere in relazione le modifiche dello spettro riflesso con la presenza di un'infezione fungina. È un lavoro estremamente complesso, che richiede l'analisi di una mole enorme di dati raccolti in campo e rispetto alla quale stiamo utilizzando le capacità di calcolo e di analisi dell'intelligenza artificiale", racconta Pane.

Se verrà stabilita con una certa sicurezza la relazione tra malattia e modifica dello spettro luminoso sarà poi possibile mettere a punto dei sensori multispettrali, ben più economici e leggeri rispetto a quelli iperspettrali, che potranno essere posizionati all'interno delle serre su strutture mobili oppure trasportati attraverso droni o macchine agricole tradizionali.

In questo modo, in futuro, l'agricoltore potrà monitorare lo stato di salute dei propri campi individuando in maniera precoce le infezioni e potendo così intervenire tempestivamente per bloccarle. Questo significa ridurre i danni causati dai funghi, ma anche ridurre la quantità e modificare la tipologia di prodotti fungicidi impiegati, diminuendo le dosi necessarie e optando per sostanze attive con un minor impatto sull'ambiente.