Tra le numerose sfide che gli agricoltori devono affrontare c'è sicuramente l'adattamento ai cambiamenti climatici, che rendono le stagioni e soprattutto le precipitazioni sempre più imprevedibili. Inoltre agli agricoltori viene richiesta una sempre maggiore attenzione alla sostenibilità ambientale e al contempo la situazione di mercato impone la compressione dei costi di produzione.


Due filoni di ricerca che potrebbero potenzialmente offrire delle soluzioni interessanti per gli agricoltori sono la selezione di varietà perenni e le popolazioni evolutive. "I grani perenni sono varietà di frumento che non hanno bisogno di essere seminate ogni anno, ma che 'ricacciano' ad ogni autunno", spiega Laura Gazza, ricercatrice del Crea Ingegneria e Trasformazioni Agroalimentari a Montelibretti (Roma).

 

"Le popolazioni evolutive sono invece miscugli di grani differenti che vengono seminati di anno in anno e che sfruttano la variabilità genetica per adattarsi alle condizioni ambientali e offrire produzioni stabili nel tempo".


Entrambi i filoni di ricerca sono al centro di un progetto denominato Change-Up - Innovative Agro-Ecological Approaches to Achieving Resilience to Climate Change in Mediterranean Countries, finanziato dall'Unione Europea nell'ambito del programma Prima - Partnership for Research and Innovation in the Mediterranean Area. A partecipare al progetto sono diversi istituti di ricerca del bacino del Mediterraneo: Algeria, Francia, Marocco e Tunisia. Per l'Italia partecipa l'Università degli Studi di Parma, capofila del progetto, e il Crea, che ha parlato del progetto sul suo giornale CreaFuturo.

 

Con i grani perenni addio alla semina

L'attuale approccio alla cerealicoltura prevede di seminare ogni anno il frumento prima dell'arrivo dell'inverno per poi raccoglierlo all'inizio dell'estate. Questo approccio, sebbene abbia garantito negli anni elevate produzioni, ha lo svantaggio di prevedere lavorazioni del terreno anche gravose e la semina ogni anno.


Nel caso dei grani perenni, invece, la semina viene effettuata una volta ogni tre anni, con successive raccolte al momento della maturazione della spiga. In altre parole la pianta viene tagliata a 10 centimetri di altezza tra giugno e luglio, ma viene lasciata in campo tutta l'estate, poiché in autunno 'ricaccia' e la primavera successiva emette una nuova spiga.

 

Spighe di (da sinistra): grano perenne, grano perenne, farro monococco, grano duro

Spighe di (da sinistra): grano perenne, grano perenne, farro monococco, grano duro

(Fonte foto: Laura Gazza del Crea Ingegneria e Trasformazioni Agroalimentari)


"Gli aspetti positivi dei grani perenni sono presto detti. Innanzitutto si ha un risparmio a livello di lavorazione del terreno e di semina. Inoltre non richiedono attività di diserbo ed essendo estremamente rustici non risentono particolarmente di attacchi fungini o di insetti", spiega Laura Gazza.

 

"I grani perenni richiedendo lavorazioni del suolo una volta ogni tre anni e questo garantisce una tutela maggiore del suolo, essendo il terreno sempre coperto, anche durante l'inverno. L'apparato radicale maggiormente sviluppato, inoltre, permette una maggiore efficienza dell'uso dell'acqua e quindi una migliore adattabilità ai cambiamenti climatici".

 

Sviluppo stagionale delle radici di grano (a sinistra di ciascuna coppia) e di Thinopyrum intermedium (a destra)

Sviluppo stagionale delle radici di grano (a sinistra di ciascuna coppia) e di Thinopyrum intermedium (a destra)

(Fonte foto: S Cox, et al., Bioscience 56, 649 (2006))

 

Gli aspetti negativi riguardano la dimensione dei semi e la resa, che ad oggi non è assolutamente paragonabile a quella dei grani moderni. Inoltre le caratteristiche tecnologiche della granella sono ad oggi molto distanti da quelle richieste dall'industria molitoria.


Oggi la sperimentazione dei grani perenni sta andando su due strade parallele. Negli Stati Uniti The Land Institute, insieme alla Washington State University, sta selezionando varietà di Thinopyrum (il grano perenne selvatico) che oltre ad avere caratteristiche tecnologiche interessanti abbiano anche produzioni elevate. L'altro filone di studio, quello seguito dal Crea, invece ha come obiettivo quello di incrociare il Thinopyrum con varietà moderne al fine di ottenere grani sia produttivi che interessanti per l'industria molitoria.

 

Il ricaccio post raccolta

Il ricaccio post raccolta

(Fonte foto: Laura Gazza del Crea Ingegneria e Trasformazioni Agroalimentari)


Popolazioni evolutive, la genetica si adatta al clima che cambia

Un'interessante strada per adattare la cerealicoltura ad un clima che sta cambiando è rappresentata dalle popolazioni evolutive. Si tratta di miscugli di varietà di frumento che vengono seminati in campo andando a formare una popolazione di individui non omogenea geneticamente. Dopo la raccolta una parte della granella viene tenuta per essere nuovamente seminata. L'aspetto interessante è che il continuo incrocio tra varietà differenti mantiene elevata la variabilità genetica all'interno del campo, consentendo alle piante una maggiore adattabilità ai cambiamenti climatici.


"Se oggi pensiamo al grano come singola pianta, nel caso delle popolazioni evolutive dobbiamo avere un approccio a livello di popolazione, non di singolo individuo. Si tratta di un cambio di paradigma rivoluzionario", sottolinea Laura Gazza.

 

Una parcella seminata con una popolazione evolutiva

Una parcella seminata con una popolazione evolutiva

(Fonte foto: Laura Gazza del Crea Ingegneria e Trasformazioni Agroalimentari)


"In una popolazione variegata ci sono infatti alcuni individui che si adattano meglio a certe condizioni, altri che invece ne preferiscono altre. Questa selezione dinamica di fenotipi adatti alle condizioni ambientali fa sì che in campo ci siano sempre le risorse genetiche per avere produzioni stabili".


Le popolazioni evolutive sono già impiegate in alcune aree del Medio Oriente e oggi sono allo studio anche in Europa, proprio per le loro caratteristiche di adattabilità. Inoltre sono varietà che riescono a coprire bene il terreno e quindi non hanno bisogno di essere diserbate, sono rustiche e offrono rese stabili nel tempo, anche se inferiori rispetto a quelle delle varietà moderne.


Le prove portate avanti dal Crea hanno proprio lo scopo di studiare meglio queste popolazioni, coltivate in regime di biologico e senza irrigazione. Nel 2024 il progetto si concluderà e, se i risultati saranno positivi, ci sarà un trasferimento di conoscenze verso le agricoltori.