La campagna cerasicola 2022 è ormai agli sgoccioli ed è tempo dunque di fare un bilancio su come è andata l'annata. Se il 2020 e 2021 sono stati anni pessimi, soprattutto per le gelate primaverili che hanno azzerato in certi areali la produzione, questo 2022 ha invece assicurato un clima perfetto per lo sviluppo dei frutti.

 

La primavera calda ha portato l'allegagione a livelli altissimi, con piante cariche di frutti in maniera importante. Su alcune varietà si è arrivati a punte del 70% di fiori allegati, quando la media degli anni passati era stata ben più bassa, intorno al 20-30%.


L'annata è proseguita poi con temperature elevate e scarsità di pioggia che hanno scoraggiato i fitofagi, come Drosophila suzukii, e hanno anche evitato il tanto temuto cracking. Tutto bene allora? Non proprio, perché alla raccolta si sono avuti livelli di produzione molto importanti, anche di 150-200 quintali ad ettaro, ma con pezzature basse e qualità scarsa.

 

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La maggior parte degli agricoltori infatti, venendo da due annate di scarica, ha brindato agli alti livelli di allegagione e sono pochi quelli che invece hanno provveduto ad un diradamento dei frutti o a potature importanti, operazioni necessarie per spingere la pianta a sviluppare ciliegie di grosso calibro e con un profilo tecnologico ed organolettico soddisfacente. Allegagioni troppo abbondanti hanno infatti causato uno squilibrio tra la capacità fotosintetica della chioma e la quantità di frutticini da sviluppare.


Il paradosso è dunque che gli scorsi anni, con una scarsità di merce sul mercato, i prezzi erano soddisfacenti per chi aveva prodotto da vendere. Quest'anno invece, a causa di un eccesso di produzione e di una qualità bassa, l'annata redditizia sperata dai cerasicoltori non si è verificata.


Se per alcuni il problema è da ricercare in varietà non più al passo coi tempi, per altri il problema è stata una gestione poco lungimirante del ceraseto, che già ad aprile poteva essere oggetto di interventi atti a ridurre il carico di frutti e finalizzati quindi ad aumentarne la pezzatura e la qualità, che è ciò che oggi richiede il mercato.


Anche perché la concorrenza internazionale è spietata. Paesi come la Turchia, l'Uzbekistan e l'Azerbaigian stanno impiantando sempre nuovi frutteti e offrono prodotti di qualità a dei prezzi decisamente più bassi rispetto a quelli a cui siamo abituati in Italia.