Pasta, uova, guanciale, Pecorino Romano, sale e pepe "qb", quanto basta.
Eccoli, in ordine di peso, i principali ingredienti della "carbonara", ricetta che il 6 aprile celebra la sua "giornata", il #carbonaraday, per dirla assecondando chi apprezza gli anglicismi.

 

L'idea di questa giornata (che non è elencata fra quelle "mondiali", approvate dall'Onu) è nata dai pastai riuniti in alcune importanti associazioni di categoria.
Idea fortunata, visto che nella sua pur breve vita, appena superiore al lustro, ha riscosso un buon successo e in molti sono pronti a darsi battaglia ai fornelli per dimostrare le proprie doti di chef. 


Le origini

Ma non bisogna farsi distrarre da ricette e sfide fra gourmet.
All'origine del #carbonaraday c'è un'abile e intelligente operazione di marketing, volta a favorire il consumo della pasta.
Iniziativa che finisce con il trascinare con sé gli altri ingredienti di questa ricetta, che divengono comprimari non meno importanti del protagonista principale, la pasta.

 

Un'occasione per gustare un buon piatto, ma anche per fare il punto sulla situazione economica dei settori coinvolti, dalla filiera cerealicola a quella zootecnica, che si ritrovano mirabilmente rappresentate in un piatto alla carbonara.


La pasta

Iniziamo dal principale ingrediente: la pasta.
Da Italmopa, l'associazione che riunisce le industrie del settore, si apprende che in Italia operano 296 molini, dai quali passano 11,55 milioni di tonnellate di frumento.
La maggior parte di questo frumento (6,3 milioni di tonnellate) è rappresentato da grano duro, dal quale si ottengono 4,2 milioni in di tonnellate di semole.
Da qui prendono vita 3,85 milioni di tonnellate di paste alimentari, una "montagna" alla base della dieta mediterranea.

 

La produzione interna di grano duro è però insufficiente per soddisfare la domanda ed è inevitabile il ricorso alle importazioni.

Il report che Ismea (Istituto di servizi per i mercati agroalimentari) ha dedicato al grano e alla pasta, conferma che nel 2020 sono stati importati 3,1 milioni di tonnellate di grano, con un significativo aumento rispetto all'anno precedente.
In compenso il settore delle paste vanta un surplus commerciale di 2,1 miliardi di euro.
Merito della forte componente di export, che vede collocato sui mercati stranieri oltre il 50% della produzione nazionale di pasta di semola.
Il conto finale è di quelli importanti, circa 5 miliardi di euro, tanto vale la pasta italiana, che da sola rappresenta un quarto della produzione mondiale.


L'uovo

Se per la pasta è necessario il ricorso al grano duro importato, per il secondo ingrediente della carbonara, l'uovo, si gioca in casa.
La produzione annuale di uova in Italia assomma a 12,6 miliardi, con un tasso di autoapprovvigionamento prossimo al 100%.
In altre parole, difficilmente sulla nostra pasta alla carbonara arriverà un uovo d'oltre frontiera.
Importante anche il valore del settore, che raggiunge quota 1,4 miliardi di euro.

 

Parlando di uova ecco alcuni spunti interessanti. Anzitutto i grandi cambiamenti degli allevamenti, ormai privi di gabbie e attenti al benessere animale.
Poi la continua riduzione nell'uso di farmaci, e antibiotici in particolare, grazie a efficaci programmi di prevenzione.
Il consumo di uova è "esploso" durante l'emergenza sanitaria ed è rimasto superiore al passato anche dopo le prime "riaperture".
Superati anche i pregiudizi che in passato attribuivano al consumo delle uova conseguenze negative per il loro contenuto in colesterolo.
Ad apprezzare le uova sono soprattutto i giovani, che ne vantano le qualità di alimento "facile e veloce".
A ben pensarci, una prerogativa che si può attribuire anche alla pasta alla carbonara, un piatto dalla preparazione "veloce" e dove l'uovo è aggiunto a crudo (ma attenzione, la pasta deve essere ben calda).


Il guanciale

Sul guanciale occorre soffermarsi un attimo. Lo si ottiene dalla guancia del suino, dove la parte grassa ha una composizione peculiare, e non va confuso con la pancetta.
Come intuibile le quantità ottenibili da un singolo animale sono modeste e non bisogna stupirsi se il suo costo è più elevato rispetto ad altri salumi.
A differenza della pancetta, che può vantare due diverse denominazioni di origine protetta (Dop), quella piacentina e quella calabrese, per il guanciale non esiste una Dop.

 

Non resta che affidarsi a un fornitore di fiducia, ma sarà il palato a dare il giudizio definitivo.
Il gusto è anche quello che ci guida nella scelta dei tanti salumi della nostra tradizione, a iniziare dai prosciutti, che rappresentano il prodotto più consumato in questo settore (209 mila tonnellate di crudo e 262mila di cotto).
A grande distanza i salami con 78mila tonnellate e la pancetta (47mila tonnellate), mentre il guanciale della nostra carbonara è annoverato nel grande gruppo degli "altri salumi", comunque rilevante con le sue 109mila tonnellate complessive.
Importante il peso economico del comparto salumi, che si aggira sugli 8 miliardi di euro, con un saldo commerciale positivo, vicino a 1,5 miliardi di euro.


Il Pecorino Romano

Infine il Pecorino Romano, grande formaggio Dop, che a dispetto del suo nome è prodotto in Sardegna oltre che nel Lazio.
La sua storia affonda nel tempo, tanto da essere ricordato nel "De Re Rustica" e si dice facesse parte della razione delle legioni romane.
Formaggio a pasta dura, è facilmente riconoscibile per il marchio e per la crosta sottile, di colore avorio.
Il suo gusto deciso lo rende perfetto per concludere il condimento della carbonara, senza prevaricare aromi e sapori degli altri ingredienti.

 

Per la produzione di questo formaggio si impiegano ben 200 milioni di litri di latte ovino (annata 2020/21) che si trasformano in 34 milioni di chilogrammi di Pecorino Romano.
La sua importanza travalica gli aspetti gastronomici, per assumere valenze sociali oltre che economiche.
A questo formaggio sono infatti legate gran parte delle sorti della pastorizia, o per meglio dire del moderno allevamento ovino.
È ancora vivo il ricordo delle proteste degli allevatori, con le aziende costrette alla chiusura per il basso prezzo del latte.
E senza pastori il primo ad essere danneggiato è l'ambiente, che perde uno dei suoi più importanti custodi, l'uomo.


Le valenze di un piatto

Un piatto alla carbonara non potrà risollevare le sorti della pastorizia, o consentire al settore suinicolo di allentare la crisi che da tempo lo stringe in una morsa.
Nemmeno potrà modificare l'andamento dei consumi, già su buoni livelli, di pasta e uova.
Ma dentro quel piatto c'è un importante messaggio che parla della cultura gastronomica italiana e della sua rilevanza economica, sociale e ambientale, declinata seguendo attenti percorsi di sostenibilità.
Dunque, buon appetito!