Un'analisi dei profili genetici di centinaia di varietà di vite e vino, conservati nelle collezioni italiane ed internazionali. E' in questo modo che si è arrivati a delineare un Atlante delle parentele dei vitigni italiani. Una strada per il nostro made in Italy, nel caso ce ne fosse bisogno, per aggiungere un ulteriore tocco di glamour, oltre che fascino dal sapore antico, aggiungendo la storia e le eredità che si conservano nel bicchiere da cui si sta per bere; a questo punto non più soltanto un buon vino ma anche estratti di Dna.

Lo studio lo ha messo a punto il Crea che - grazie alla collaborazione di altri enti e istituzioni scientifiche - ha consentito di svolgere "un'estesa indagine genetica sul germoplasma viticolo". L'idea di partenza è stata quella di pensare che un contributo alla valorizzazione del patrimonio viticolo dovesse passare anche attraverso la possibilità di riconoscere e descrivere in modo univoco i diversi vitigni, valutare le parentele tra loro esistenti ed individuare i tipi ancestrali, cioè i capostipiti.

L'Italia vanta infatti "una straordinaria ricchezza di vitigni, frutto di molteplici fattori tra cui la posizione geografica, la diversità degli areali di coltivazione, la pressione selettiva esercitata dai patogeni, le scelte degli agricoltori e le tradizioni storiche". Sono presenti - spiega il Crea - varietà ad ampia diffusione, insieme a numerosissime varietà autoctone legate a specifiche zone e tradizioni del nostro Paese.

La ricerca è stata finanziata dal ministero delle Politiche agricole e da Fondazione Ager. Oltre al Crea, con i Centri di ricerca di genomica e bioinformatica e di viticoltura ed enologia, hanno partecipato otto istituzioni scientifiche (Università di Pisa, Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali; Università di Modena e Reggio Emilia, Scienze della vita; Università di Foggia, Scienze agrarie, alimenti, risorse naturali, ingegneria; Università di Palermo, Scienze agrarie, alimentari e forestali; Università della Tuscia, Viterbo, Scienze agrarie e forestali; Università di Torino, Scienze agrarie, forestali e alimentari; Cnr, Torino, Istituto protezione sostenibile delle piante). L'articolo è stato pubblicato sulla rivista internazionale 'Frontiers in Plant Science'.

Dai risultati è emerso come siano stati individuati vitigni omonimi e sinonimi, si sono confermati o rigettati rapporti di parentela già ipotizzati e si sono trovate molte nuove relazioni genetiche del tipo genitore-figlio. Per esempio, si è visto come "il germoplasma tradizionale italiano discenda, in buona parte, da pochi vitigni primari, alcuni dei quali hanno impresso la loro impronta genetica in aree geografiche specifiche, mentre altri hanno esteso la loro impronta a tutto il territorio nazionale". Di questo sono esempi lo 'Strinto porcino', insieme al suo discendente 'Sangiovese', il 'Mantonico bianco' e 'Aglianico', principali capostipiti dei vitigni meridionali; 'Visparola', 'Garganega' e 'Bombino bianco', che hanno lasciato la loro maggiore impronta genetica nell'Italia centrale; 'Termarina (Sciaccarello)', 'Orsolina' e 'Uva Tosca', capostipiti di numerose varietà locali diffuse nell'Italia Nord Occidentale e del Centro.

In particolare la ricostruzione dei pedigree ha evidenziato la centralità nell'origine del germoplasma italiano della 'Visparola', un vitigno per il quale si può ipotizzare una migrazione dal Sud verso il Nord Italia lungo il versante orientale, così come del 'Sangiovese', migrato verosimilmente dal Sud al Centro Italia lungo il versante occidentale.