Il clima sta cambiando, il gusto dei consumatori pure. La popolazione mondiale è in aumento e agli agricoltori è richiesto di produrre più cibo e in maniera più sostenibile. Una sfida a cui aziende, startup e centri di ricerca provano a dare un risposta. Del futuro dell'agricoltura si è discusso durante il World Agri-Tech Innovation Summit, evento internazionale (di cui AgroNotizie è partner) che ha richiamato a Londra aziende, ricercatori e startupper da tutto il globo.

Durante il summit abbiamo incontrato Rajan Gajaria e Mathias Muller, rispettivamente Eeecutive vice-president business platforms e responsabile Open innovation, technology acquisition & licensing di Corteva per capire quali sono le strategie di innovazione del Gruppo che lo scorso 3 giugno si è quotato alla Borsa di New York.

"Corteva ha ereditato i business agro di Dow e DuPont, questo significa agrofarmaci, sementi e strumenti digitali nonché una ambiziosa pipeline di nuovi prodotti che lanceremo nei prossimi anni sul mercato", ci spiega Gajaria. "L'integrazione di due realtà così complesse come Dow e DuPont non è stata facile, ma possiamo dire di aver avuto successo e oggi tutti lavorano uniti per sviluppare prodotti innovativi".
 
Il Gruppo Corteva

Innovazione è la parola d'ordine dell'agricoltura moderna. Anche se molte aziende agricole lavorano ancora con tecnologie obsolete, molte altre hanno abbracciato il cambiamento. Un cambiamento che non si può sapere da dove arriverà. Se nella ricerca di nuovi agrofarmaci servono grandi laboratori di ricerca e investimenti milionari, nel campo delle soluzioni biologiche (dai biostimolanti agli agrofarmaci biologici) o dei software per il digital farming menti geniali o piccoli team di ricerca possono avere idee rivoluzionarie.

E così Corteva ha deciso di abbracciare con forza il concetto di Open innovation. "Ogni giorno incontriamo startup, ricercatori, piccole e grandi aziende per capire se ci sono degli spazi di collaborazione per fare innovazione", ci spiega Muller. "Non si può mai sapere da dove una idea innovativa può arrivare".

Corteva ha il know-how, i capitali e la struttura per sviluppare un prodotto e portarlo sul mercato. Ma come tutte le grandi aziende manca di quella dinamicità che le startup o i piccoli team di ricerca hanno. Collaborare porta benefici per tutti. "Abbiamo dei contratti standard di sei mesi che regolano la collaborazione. Se poi da entrambe le parti c'è la volontà di proseguire studiamo di volta in volta la forma migliore per cooperare".

Il concetto di Open innovation è stato ormai abbracciato da molte aziende in settori diversi. Ed è interessante scoprire qual è l'origine di questo approccio in Corteva. "Due anni fa ci siamo trovati davanti il dilemma se tenere per noi la tecnologia Crispr-Cas o se invece renderla disponibile anche all'esterno. Abbiamo optato per la seconda opzione e oggi abbiamo un sito in cui chiunque sia interessato a collaborare con noi può contattarci", spiega Muller.
 

Le potenzialità del miglioramento genetico

Su AgroNotizie ne abbiamo scritto varie volte, le New breeding techniques (come cisgenesi e genome editing, di cui fa parte Crispr-Cas) hanno la potenzialità di migliorare le sementi che oggi abbiamo a disposizione per renderle maggiormente tolleranti ai cambiamenti climatici, resistenti ai patogeni ed efficienti nell'assorbire i nutrienti.

"Corteva è fortunata ad aver ereditato il know-how e il portafoglio sementi di Pioneer che da sempre è impegnata nello sviluppo di sementi innovative", racconta Gajaria. "Oggi gli agricoltori devono fare i conti con un clima meno prevedibile, con la scarsità di acqua e l'arrivo di nuove malattie e insetti. Come azienda sementiera abbiamo le tecnologie per sviluppare prodotti che siano competitivi anche in questi nuovi scenari".
 
Open innovation

Resta semmai il nodo regolatorio e quello di accettazione sociale. Oggi l'Unione europea (a differenza che negli Usa) equipara gli organismi ottenuti con le Nbt ad organismi Ogm transgenici. Elemento che frena l'innovazione. La nuova Commissione Ue dovrà mettere mano al dossier, ma rimane il nodo del consumatore che difficilmente può comprendere la sicurezza e la portata innovativa resa possibile dalle Nbt.

"Credo che la strategia giusta sia quella di spiegare al consumatore che si tratta di prodotti completamente nuovi, sicuri e che possono apportare enormi benefici sia in termini di sostenibilità dell'agricoltura sia in termini di migliore nutrizione per i consumatori. Le potenzialità offerte sono enormi e sarebbe un peccato sprecare quest'opportunità".
 

Sviluppo ma anche dialogo e innovazione

Il ruolo dei giganti dell'agrochimica e dell'agromeccanica non è semplice. Hanno tanta innovazione che deve essere comunicata sia al consumatore finale (vedi il caso delle Nbt) sia all'agricoltore, come nel caso dei prodotti di origine biologica e delle piattaforme di digital agriculture.

Non esiste una definizione condivisa di prodotto di origine biologica. In generale si considerano tutti i prodotti ottenuti non con la chimica di sintesi, ma sfruttando microrganismi o piante. Si tratta di prodotti solitamente più sostenibili, in quanto non lasciano residui, ma con una efficacia meno certa e più complessi da utilizzare.

"Corteva ha un approccio aperto all'innovazione, anche nel campo del biologico, che si basa su tre pilastri. Il mantenimento del rapporto di fiducia con il consumatore, la tecnologia non come fine ma come mezzo per offrire agli agricoltori prodotti sempre più efficaci e sostenibili e infine un approccio di Open innovation", ci spiga Gajaria. "I prodotti di origine biologica non possono essere la soluzione a tutti problemi degli agricoltori. Ma arricchiscono il mix di strumenti a disposizione delle aziende agricole".

Corteva ha già alcuni prodotti sul mercato e altri arriveranno. È necessario però che l'agricoltore impari ad usarli e passi da un approccio curativo ad uno preventivo tipico dei prodotti di origine biologica. Tenendo conto che l'efficacia varia molto a seconda del contesto ambientale, ad esempio meteorologico, nel momento dell'applicazione.

"Credo che ci sia la percezione tra i consumatori che le soluzioni biologiche siano migliori. È questa una posizione che come azienda dobbiamo tenere in considerazione in virtù di quel primo pilastro che mette al centro la fiducia del consumatore", sottolinea Gajaria. "Alcuni prodotti biologici sono effettivamente migliori rispetto a quelli chimici ma questa non è affatto una regola, dipende di caso in caso. Come detto noi siamo agnostici relativamente alla tecnologia. Crediamo che di volta in volta si debba scegliere il prodotto che offre il miglior rapporto tra costi e benefici, sia dal punto di vista economico che ambientale".
 

Granular, il digital farming secondo Corteva

Negli Stati Uniti i farmer hanno a disposizione uno strumento interessante per migliorare le performance delle aziende: Granular. Si tratta di una piattaforma per l'agricoltura digitale che ricomprende dei tool di precision farming, Erp (Enterprise resource planning) e di valutazione del valore dei terreni (Acre Value). Una soluzione che potrebbe fare comodo ai tanti agricoltori italiani ed europei.

"L'agricoltura europea ed italiana è molto differente rispetto a quella americana. Lanceremo Granular in Europa quando sarà pronto per dare una mano concreta agli agricoltori. Il digitale potrà sicuramente rendere il lavoro in azienda più facile e profittevole, ma perché non diventi una ulteriore complicazione c'è bisogno che sia estremamente efficace", sottolinea Gajaria.

Quello del digital farming è un business per ora piccolo ma in crescita vertiginosa in cui moltissime aziende si stanno lanciando. Non solo perché assicura ricavi diretti relativamente alle sottoscrizioni, ma perché permette di generare vendite anche nei settori di business tradizionali delle aziende, come agrofarmaci e sementi.

World Agri-Tech London 2019

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