Quando voglio parlare di olio di oliva italiano la mano scende al telefonino e chiamo il vecchio amico (e riconosciuto "guru" del settore) Luigi Caricato. Sono effettivamente molto interessato agli effetti che un paio di annate con prezzi elevati hanno avuto sul consumatore.

Per Luigi, nonostante il rilevante calo dei consumi (-11%), non tutto il male viene per nuocere: forse il consumatore ha iniziato a capire qual è il livello di prezzo giusto per un (buon) olio extravergine. A corroborare la considerazione di Caricato è l'aumento dell'apprezzamento dei nostri consumatori per gli olii extravergini nazionali; i dati Nielsen parlano di un +4% e oramai tutti supermercati dedicano scaffali alla produzione di Evo made in Italy.

 

Passando alla palla di cristallo, e quindi alla produzione per l'anno corrente, Caricato prevede una normalizzazione a livello sia mondiale sia italiano. Un fattore importante sono le scorte: queste oggi sono risicatissime dopo due annate di bassa produzione; con la prossima stagione si cercherà quindi di rimpinguarle e questo potrà forse avere un effetto di sostegno sul mercato. Il dato ci quadra: il consumo mondiale pare ormai attestato da anni attorno ai 3 milioni di tonnellate. Annate con produzioni di 2,4-2,5 milioni di tonnellate fanno mettere mano alle scorte, quelle in cui si producono oltre i 3 milioni di tonnellate le fanno rimpinguare.

 

E veniamo alla produzione, Luigi è da sempre un grande sostenitore del sistema delle Denominazioni di Origine (Dop e Igp) e mi ribadisce il concetto che il sistema italiano non può fare a meno di un sistema di denominazione performante a livello commerciale. Qui però la strada da fare è ancora veramente tanta. A cominciare, per esempio, dalla diffusione degli olii del territorio nella ristorazione locale. E i nuovi impianti? "L'Italia ha e deve avere una olivicoltura sfaccettata e i produttori devono essere in grado di guadagnare" sottolinea Luigi. Vi è quindi posto anche per gli impianti ad alta intensità, che però oggi vengono fatti prevalentemente con varietà spagnole mentre "…potrebbe essere interessante avere a disposizione più varietà nazionali", aggiunge Caricato.

 

Una considerazione molto interessante. Nonostante il miglioramento genetico nazionale abbia recentemente ottenuto alcuni successi (ricordiamo, una per tutte, la varietà Lecciana ottenuta dall'Università di Bari, oggi molto apprezzata in Spagna) pare anche a noi che una maggiore dedizione nella ricerca italiana dovrebbe esser dedicata alle varietà per l'alta intensità.

Ecco un'altra cosa in cui mi trovo da sempre d'accordo con Luigi: non siamo mai, pregiudizialmente e ideologicamente, allergici all'innovazione.