Se la frutticoltura italiana rimane un'eccellenza, in molti areali le produzioni sono in contrazione, con aziende agricole che chiudono perché non più competitive all'interno di un mercato che sta evolvendo velocemente.
E proprio di evoluzione del settore e di come cambierà nei prossimi anni il comparto si è discusso durante "Il frutteto elettrico. La frutticoltura deve cambiare, il frutteto elettrico è il nuovo paradigma?", un convegno organizzato lo scorso 22 marzo a Lugo (Ra) da Fresh, una fondazione che nasce come incubatore di idee per il settore ortofrutticolo, aperto a tutti gli stakeholder di filiera, e lanciato da Unitec con il sostegno di Università degli Studi di Milano e Università di Bologna.
Se si guarda al futuro della frutticoltura i driver del cambiamento sono presto detti: diffusione dell'agrivoltaico, sospinto anche dagli incentivi pubblici, diffusione di sensoristica avanzata e di software per la gestione degli impianti, automazione delle attività colturali e introduzione di robot di campo.
Fotovoltaico e agricoltura, una convivenza possibile?
L'agrivoltaico è un approccio alla produzione sostenibile di energia elettrica che si basa sulla convivenza tra attività agricole e pannelli fotovoltaici. In frutteto questo approccio si estrinseca nell'installazione di moduli sospesi a diversi metri d'altezza, in grado di inclinarsi e ruotare per intercettare al meglio la luce solare. Sotto i pannelli, le piante dovrebbero giovarsi della parziale copertura offerta dai pannelli e avere produzioni in linea con quelle degli impianti scoperti.
Sulla carta dunque si dovrebbe creare una sinergia tra coltura e fotovoltaico, che dovrebbe portare a produzioni stabili, se non addirittura migliorative. D'altronde, come ricordato da Alfonso Scardera del Crea per poter accedere ai fondi previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) per l'agrivoltaico occorre dimostrare che le attività agricole non risentono della presenza dei pannelli solari.
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Concetto tutt'altro che scontato, se si guarda alle esperienze di campo fino ad oggi analizzate. Alessio Scalisi, ricercatore italiano che lavora presso Agriculture Victoria, in Australia, ha portato il caso di un pereto sperimentale sotto pannelli fotovoltaici fissi, inclinati con diversi angoli. I dati parlano di una contrazione delle produzioni dal 36 al 42%, con una diminuzione della pezzatura (dal 6 al 7%) e uno scadimento della qualità, sia a livello di grado zuccherino che di pigmentazione della buccia.
I punti salienti
(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)
Di contro, i pannelli fotovoltaici hanno consentito un risparmio consistente di acqua, riducendo la necessità di traspirazione, e sono in grado di difendere le piante in caso di grandine. Senza contare che la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili abbassa l'impronta carbonica del frutteto. Valutati i pro e i contro, dai dati provenienti dall'Australia sembra che la convivenza tra pannelli e frutteto sia molto difficile.
Luca Corelli Grappadelli, professore presso l'Università di Bologna, ha approfondito il tema, sottolineando come una convivenza sia possibile, ma occorre sviluppare un knowhow specifico per ogni specie (se non per ogni varietà), in quanto la luce influisce sulla biologia delle piante in maniera variabile e dunque, per minimizzare gli impatti, serve modulare la posizione dei pannelli sulla base delle necessità della pianta, che variano nel coso del tempo e della specie.
Confronto tra criticità e vantaggi
(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)
Ad esempio, alcune piante, come il kiwi e la pera, hanno bisogno di un forte irraggiamento solare nella prima fase di formazione dei frutti, in quanto la traspirazione attiva robusti flussi vascolari utili a trasportare acqua e nutrienti verso i frutti. Queste specie, dunque, risentono di un ombreggiamento nella prima fase dell'allegagione, mentre è ininfluente nella fase di maturazione. Altre piante, come il melo, invece sono quasi del tutto indifferenti ai livelli di traspirazione, in quando la circolazione xilematica e floematica è indipendente.
Sempre secondo i dati illustrati da Luca Corelli Grappadelli, metà della luce che colpisce le piante è sufficiente a saturare la fotosintesi. Non solo, si calcola anche che il 10% di tutti i carboidrati sintetizzati sia utilizzato dai vegetali per riparare i fotodanni, quelli causati cioè dalla luce solare. Risulta dunque evidente che una riduzione dell'irraggiamento, nei momenti giusti, potrebbe essere positiva.
Insomma, se si vuole ottenere una convivenza tra pannelli e piante occorre approfondire l'interazione tra genetica e biologia delle piante e luce solare e valutare i migliori compromessi per ottenere produzione di energia e di frutta. Su questo fronte è stato presentato, all'interno dell'evento, un nuovo concept di impianto fotovoltaico, sviluppato dalla ditta Ocg, che intende minimizzare l'impatto della presenza dei pannelli nei frutteti.
Focus sui flussi vascolari
(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)
Più sensori in campo e nei frutteti
Partendo dal presupposto che non si può gestire ciò che non si può misurare, all'interno dei frutteti fotovoltaici è necessario avere dei sensori in grado di monitorare i parametri ambientali e lo stato fisiologico delle piante. Solo in questo modo è possibile minimizzare l'impatto dell'ombreggiamento. Luigi Manfrini (Università di Bologna), ha quindi illustrato quali sono oggi i sensori disponibili.
Su questo fronte l'offerta è assai ricca. Si va dalle semplici capannine meteo ai sensori di umidità del suolo, passando dai dendometri per misurare l'accrescimento di frutti e tronco, fino ad arrivare a device che monitorano gli scambi gassosi tra foglie e ambiente e il flusso della linfa nel tronco. Anche in questo caso è essenziale conoscere la risposta della pianta alle diverse condizioni ambientali nei diversi stadi fenologici per realizzare un vero impianto agrivoltaico produttivo.
Sensori fruit-based
(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)
Sempre più automazione (elettrica) in campo
Lo sviluppo di impianti agrivoltaici in frutticoltura offre una interessante opportunità per l'elettrificazione di tutte le attrezzature e le attività colturali. In linea di principio, infatti, gli agricoltori potrebbero prodursi da soli l'elettricità necessaria a ricaricare trattori elettrici, ma ipoteticamente anche robot autonomi. Una possibilità sondata da Claudio Rossi e Lorenzo Marconi, docenti presso l'Università di Bologna.
La produzione di elettricità per l'autoconsumo sarebbe abilitata dai pannelli fotovoltaici, in campo e sui tetti dei complessi aziendali, e da batterie ad alta capacità in grado di rendere l'azienda autonoma anche durante le ore di scarso o nullo irraggiamento solare. 20 m2 di pannelli sarebbero infatti in grado di fornire l'energia necessaria a gestire 1 ettaro di frutteto. E l'elettricità potrebbe ricaricare sì i trattori elettrici (già oggi in commercio per le piccole potenze), ma soprattutto robot autonomi.
HammerHead è ad esempio il nome del robot portattrezzi sviluppato da Field Robotics (spin off dell'Università di Bologna) che potrebbe essere impiegato per effettuare le lavorazioni di campo, dallo sfalcio del cotico erboso fino all'irrorazione e all'agevolazione delle attività di raccolta, dove si stanno anche sviluppando sistemi competentemente autonomi.
Il rover, dotato di una batteria da 24 kWh intercambiabile, monta una pto elettrica e un sollevatore da 650 chilogrammi. Ha un payload di 1 tonnellata ed è completamente autonomo nel movimento in campo.
HammerHead
(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)
Se fino ad oggi ci si basava su trattori con motore endotermico, il cui uso è intensivo e poco frequente, con i robot si cambia paradigma, si passa infatti a soluzioni autonome, indipendenti quindi dalla supervisione umana, che possono lavorare in campo in continuo (previa ricarica) e a bassa potenza. E durante le operazioni di campo, ad impatto carbonico zero, questi robot sono anche in grado di raccogliere dati, abilitando una vera gestione 4.0 del frutteto.
Basse velocità, uso di sensori e di attuatori di precisione e a rateo variabile permetterebbero infatti di gestire il frutteto in un'ottica di precision farming, fornendo alle piante quello di cui hanno bisogno quando ne hanno bisogno, senza il vincolo dell'operatore sul mezzo. Ma per facilitare la gestione robotica del frutteto, anche la sua struttura deve essere ripensata, così come l'organizzazione aziendale. Si tratta quindi di un cambio di paradigma che richiede uno sforzo non da poco.
Frutteto elettrico, una scelta economicamente sostenibile?
Le esperienze di campo e lo sviluppo tecnologico sono ancora troppo limitati per poter affermare che l'agrivoltaico in frutticoltura sia economicamente sostenibile. Aldo Bertazzoli, docente presso l'Università di Bologna, ha però voluto mettere alcuni punti fermi.
Un prototipo di pannello fotovoltaico ad inseguimento solare sviluppato dalla Ocg ed esposto durante l'evento organizzato da Fresh
(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)
Primo, il settore è in molti areali in una fase di crisi e si deve ripensare. Secondo, l'Italia ha bisogno di energia da fonti rinnovabili e i fondi del Pnrr, anche se concessi con molti vincoli, possono rendere la svolta agrivoltaica appetibile. Terzo, a causa di una serie di fattori, primo fra tutti la carenza di manodopera, la frutticoltura ha bisogno di abbracciare un modello industriale e di approcciarsi al mercato con uno spirito imprenditoriale nuovo.
Serve quindi una razionalizzazione degli input produttivi, dall'energia ai mezzi tecnici, e dei processi aziendali (compresa la struttura delle imprese agricole). E proprio questo rimane uno dei punti in sospeso: il fotovoltaico come si può inserire all'interno di un tessuto produttivo iperframmentato, incapace di fare investimenti consistenti e gestito da agricoltori in eta avanzata?