Le recenti previsioni del Consorzio nazionale olivicoltori di una pessima annata olearia hanno riacceso i riflettori sui competitor dell’Italia sul mercato internazionale degli oli di oliva e in particolare su quello dell’olio extravergine di oliva. E sul come muoversi per aggredire meglio i mercati più lontani. In tempi di dazi doganali minacciati, la risposta viene dalla recentissima "Scheda di settore olio d’oliva" dell’Ismea, pubblicata il 26 giugno scorso: per restare sui mercati internazionali e mantenere quote di mercato occorre fare sempre più qualità e venderla nei mercati evoluti, oltre che tentare di incrementare la produzione nazionale di olio, razionalizzando gli impianti e meccanizzando le fasi della produzione primaria. E le importazioni che fanno paura, dalla Tunisia in primis, escono dal rapporto Ismea sull’olio di oliva ridotte a fantasmi. Perché l’unico vero grande paese olivicolo oleario che può farci paura, almeno per ora, resta la Spagna, con un altro outsider all’orizzonte che avanza da lontano: la Turchia.
 

Bilancia commerciale olearia dell'Italia 2017

Secondo la scheda di settore olio di Ismea, complessivamente, nel 2017, l’Italia ha importato 531mila tonnellate di olio e sanse  (-6,9% sul 2016), esportandone 329mila (-17,2% sul 2016), confermandosi primo paese nel mondo come importatore davanti agli Usa e secondo esportatore dopo la Spagna. Il saldo della bilancia commerciale in volumi in negativo per 201mila tonnellate nel 2017, si è trasferito sui valori per 402 milioni di euro, pari alla differenza tra i 1953 milioni delle importazioni e i 1552 milioni delle esportazioni olearie.
 

Le esportazioni italiane di olio

In un contesto competitivo forte, dove i prezzi di mercato più elevati dell’olio sono quelli italiani, il prodotto italiano continua ad avere come primo mercato di sbocco per l’export quello degli Usa, che nel 2017 hanno assorbito ben oltre 100mila tonnellate di olio (-14,4% in volumi sul 2016) per un valore di 511 milioni di euro in leggera crescita sul 2016: +0,1%. Segno che il mercato a stelle e strisce sta assorbendo meno olio, ma sempre più di qualità e a prezzo elevato, che controbilancia la significativa riduzione dei volumi. Stessa evoluzione si osserva nel terzo mercato dell’export per l’olio italiano, quello del Giappone. Nel paese del Sol levante, infatti, a fronte di una riduzione del 15% delle importazioni a volumi nel 2017 fa da contraltare una flessione dei valori marginale: -0,3%, rimasta praticamente costante a 101 milioni di euro. Non così in Germania, secondo mercato di sbocco dell'export di olio italiano, dove volumi e valori diminuiscono di pari passo.
 

I paesi dai quali importa olio l'Italia

Su quali importazioni debbano poi fare paura all’Italia, in un contesto dove si tende a dare per dato acquisito che si riesporti quanto acquistato a basso prezzo sui mercati internazionali, i numeri parlano chiaro: nel 2017 la Spagna ha incrementato sul  2016 le esportazioni di olio verso l’Italia del 13% a volumi e del 30,4% in valore, attestandosi, rispettivamente, a 394mila tonnellate e 1449 milioni di euro. Segno evidente che sono aumentati prezzo e qualità delle importazioni dalla Spagna. Crollano invece Grecia (-47% in volumi e – 35,1% in valore) e Tunisia (-31,2% in volumi e -21,2% in valore).
 

Il contingente supplementare senza dazio della Tunisia non sbarca in Italia

Il paese nordafricano, pur mantenendo il posto d’onore tra i maggiori esportatori di olio verso l’Italia, si attesta a fine 2017 a poco più di 33mila tonnellate. Il che significa che nello scorso anno, il contingente temporaneo supplementare senza dazio di olio di oliva da 35mila tonnellate verso l’Ue, sancito dal Regolamento di esecuzione (Ue) 2016/605 della Commissione adottato il 19 aprile 2016, non ha di fatto sortito alcun effetto nei confronti dell'Italia e globalmente non è stato sfruttato se non in maniera irrilevante.

All’orizzonte però c’è un altro paese extra Ue che alza il tiro, dopo averlo fatto con la pasta, la Turchia ora esporta sempre più olio: 1.767 tonnellate nel 2017, per 6 milioni di euro di valore, ma con un incremento in volumi pari al 1118,5% in un anno.